Recensioni
A Classic Horror Story: il Midsommar italiano parla anglo-calabrese
My Red Carpet

A Classic Horror Story: il Midsommar italiano parla anglo-calabrese

Tags: a classic horror story, horror, matilda lutz, netflix
A Classic Horror Story: il Midsommar italiano parla anglo-calabrese
Recensioni
My Red Carpet

A Classic Horror Story: il Midsommar italiano parla anglo-calabrese

Tags: a classic horror story, horror, matilda lutz, netflix

Sinossi di A Classic Horror Story:

A seguito di un incidente stradale, cinque carpooler si ritrovano soli in un bosco senza uscita in un punto imprecisato della Calabria. Davanti a loro una casa in legno disabitata, ma che la notte si anima di affiliati a un culto innominabile legato ad una vecchia leggenda locale. Ma come sono finiti l?? ? davvero tutto cos? come sembra?

recensione di A classic horror story:

Un gruppo di carpooler condivide un viaggio in direzione Sud Italia. L?ultima a salire sul camper ? una giovane donna afflitta da forti nausee (Matilda Lutz); prima di lei un dottore taciturno (Peppino Mazzotta), una coppia di italo-americani (Will Merrick e Yuliia Sobol) e alla guida un ragazzo calabrese con la telecamera in mano (Francesco Russo), intento a girare brevi interviste ai suoi passeggeri per un fantomatico travel blog da lui curato. Nella notte per?, per evitare una carcassa di animale ferma in strada, l?autoveicolo sbanda e sbatte contro un albero. La mattina seguente i cinque si ritrovano senza linea telefonica in un bosco infinito e privo di qualsiasi via di uscita, ad attrarli solo una casa in legno disabitata e adornata da feticci antropomorfi fatti di teste di maiale e rami di albero intrecciati.

Inizia allora tutt?altra storia, o i presupposti prevedibili di un film dell?orrore, o meglio ancora l?unione, a colpi di citazioni e omaggi cinefili, dei tasselli di un mosaico narrativo che andr? a dare forma a qualcosa di completamente inaspettato. A Classic Horror Story infatti parte da quella casa in legno nel bel mezzo del nulla, per costruire pezzo dopo pezzo un horror che utilizza stilemi e clich? attinenti al genere pi? amato dal cinema per divertirsi a dar vita ad una pellicola meta-cinematografica sul mestiere stesso del regista e delle complesse realt? produttive del cinema in Italia.

Leggende meridionali e pranzi folk?

Per il primo lavoro assieme, i cineasti Roberto De Feo (Il Nido) e Paolo Strippoli (qui al suo primo lungometraggio) uniscono le loro singole abilit? con l’intento di ricostruire l?estetica e l?impianto visivo internazionale dei cult 70-80 quali La Casa di Sam Raimi, Non Aprite Quella Porta, Le Colline Hanno Gli Occhi e The Wicker Man, aggiungendo le torture sadiche e la macellazione corporale e splatter vista in Saw – L?enigmista per chiudere una scatola infinita di rimandi autoriali e, appunto, classici. Ma la loro ? un tipo di canonicit? per nulla fatua o fine a s? stessa, perch? nel racconto ecco che si aggrega la leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, tre fratelli nella Spagna del XV secolo, i quali, dopo aver vendicato la sorella da un protetto del Re che l?aveva violentata, si dice aver dato vita rispettivamente a Cosa Nostra, alla Ndrangheta e alla Camorra.

Elemento di originalit? tipico della Storia dello stivale quello del cosiddetto culto dei ?Tre Cavaleri d?anuri? (Tre cavalieri d?onore), che nel film Netflix altera e dissesta l?intento internazionale e torna a radicare il racconto nel folklore calabrese, inscenando a un certo punto del film, un inquietante e alienante pranzo a base di salsa di pomodoro, peperoncino e cipolle di Tropea, condiviso in una tavolata di contadini sudditi del culto in pieno stile Midommar di Ari Aster.

Non chiamatelo classico: A classic horror story ? meta-cinema e ironia al suo stato pi? autentico

Con i falsi presupposti di un tipico film dell?orrore a lento rilascio, quello di De Feo e Strippoli ? tutto fuorch? classico: continuando a deragliare e a svincolarsi dalle aspettative riposte sull?uso costante dei richiami al gi? visto, il film Netflix ? sberleffo dei suoi protagonisti stessi e dello spettatore; della finzione cinematografica e della tv del dolore; delle modalit? fruitive su piattaforma digitale e del manifesto settoriale del comparto produttivo del cinema horror in Italia. A Classic Horror Story diviene cos? storytelling orrorifico e cinefilia compiaciuta, ? Ren? Ferretti di Boris e riflessione ironica a denti stretti sullo stato del cinema contemporaneo; ? brutalit? fittizia e ferinit? mafiosa, scambio creativo tra cinema del passato a disposizione di visioni giovanili contemporanee.

Parlando anglo-calabrese e respirando aria internazionale e popolare al contempo, il film coprodotto e disponibile su Netflix ? uno spoiler dopo l?altro, e per questo carburante narrativo di una storia che sfrutta altri film e altri autori per costruirne uno a propria forma e misura, rappresentando cos? quello che ? il senso stesso del cinema: manipolare il passato e guardare al futuro, preferibilmente cercando di filmare (e fermare) il presente.

Leggi anche:

A QUIET PLACE II, RECENSIONE: ? BELLO E SPAVENTOSO TORNARE IN SILENZIO IN SALA

Articoli recenti

emily
Film
Cristiana Puntoriero
Emily: trailer, trama e cast del film su Emily Brontë con Emma Mackey
Renfield - Devoto da morire
Film in uscita
Jacopo Iovannitti
Renfield - Devoto da morire, la recensione del film con Nicolas Cage
Campioni
Film in uscita
Jacopo Iovannitti
Campioni, la recensione del film con Woody Harrelson
Spoiler Alert
Film
Diletta Chiarello
Spoiler Alert: recensione del film con Jim Parson
STAY CONNECTED