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Alessio Zuccari
Abigail: recensione del film horror di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett
Tags: Abigail, Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, Melissa Barrera
Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett sono il duo che il mondo dell’horror commerciale si coccola. Al pubblico si sono fatti conoscere soprattutto con Finché morti non ci separi, il gustoso film del 2019 con protagonista Samara Weaving, che fino ad ora resta probabilmente anche il loro lavoro migliore. Poi arrivano le chiamate importanti con Scream V e Scream VI. Abigail, in scia a questi due progetti, sembra essere quasi il modo per rifiatare. Quasi per tornare a quelle atmosfere di Finché morte non ci separi, contaminate però da elementi della saga di Scream.
La sceneggiatura del film la scrivono Stephen Shields e Guy Busick (nello script anche dei due Scream) e infatti mescola una iniziale formula da whodunit per poi rilasciare la carica esplosiva tipica dello splatter. La premessa è questa: un gruppo di mercenari al soldo di un qualcuno che resta nell’ombra è ingaggiato per rapire la figlia di un ricco qualcun altro e chiedere il riscatto. C’è il leader spigoloso e non simpaticissimo (Dan Stevens), c’è la quota empatica del gruppo nonché vera protagonista (Melissa Barrera, anche lei da Scream), c’è la montagna di muscoli (un Kevin Durand enorme, al cinema anche con Proximus ne Il regno del pianeta delle scimmie), poi l’ex militare (Will Catlett), la ragazza tech (Kathryn Newton) e il ragazzo che guida (Angus Cloud, alla sua ultima apparizione su schermo e a cui il film è dedicato).
Il rapimento va liscio, forse pure troppo, e la squadra si rintana in una magione immersa nel bosco in attesa dell’arrivo dei milioni. Li accoglie Lambert (Giancarlo Esposito, in poco più di un cameo), il contatto con chi ha ingaggiato il team, che ricorda a tutti che questo è un lavoro di 24 ore. Dopodiché, ognuno per la sua strada. Qui Abigail fa quello che farebbe un giallo alla Agatha Christie. Passa in rassegna i suoi personaggi e ne carpisce qualche informazione utile a delinearne i caratteri, i passati e gli interessi in gioco. Perché, lungo tutto il corso del film, insinua il dubbio che ci siano dei doppiogiochisti pronti a pugnalare alle spalle.
E mentre lo fa si muove anche per gli angoli di questa ampia e sinistra villa, mappandone gli spazi e iniziando a descrivere i percorsi proprio come invece farebbe un horror costruito nella gestione degli interni e della cattività forzata. Perché a un certo punto si scopre qualcosa: che Abigail (Alisha Weir), la ragazzina rapita, non è esattamente una ragazzina innocente. È un vampiro. A questo punto l’opera di Bettinelli-Olpin e Gillet deflagra e dà fuoco a tutte le polveri disseminate fino a quel momento, cambiando sostanzialmente faccia e riconfigurandosi a tutti gli effetti nel ludico e nell’aperta ironia.
Ci vuole poco perché i due registi si sfreghino le mani e attingano a quel gusto del macabro e del gore che sanno molto bene come governare, con una spiccata propensione a menomare, far saltare in aria e imputridire i corpi ricoprendoli di sangue. Negli ultimi tre quarti d’ora la sceneggiatura viaggia a briglia sciolta, ironizzando sui luoghi comuni relativi ai vampiri, disattendendone alcuni e sfruttandone altri. Al contempo si lascia sfuggire l’occasione per dialogare meglio sulla ‘regola’ non scritta del non trasformare mai in vampiro un bambino, cosa che viene accantonata in uno sfondo da negligenza parentale e che pare più che altro utile a fare della piccola succhiasangue un personaggio instant cult.
A questo tripudio di caccia del gatto col topo Abigail arriva però con un pelo di ritardo. Il film dura un’ora e cinquanta, e impiega quasi un’intera ora per settare il mood, creare il suo paradigma di tensione e predisporre i personaggi in un determinato modo tra di loro e nei confronti dello spettatore. La sensazione allora è che non vengano coniugati alla perfezione i punti di raccordo tra queste due anime del racconto, del thriller e dell’horror, finendo così per ritrovarsi con dei rallentamenti nella gestione del ritmo iniziale e dell’organico di personaggi. Simpatico sì, ma insomma poi non molto di più.
Abigail è al cinema dal 16 maggio con Universal Pictures.