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Azor, recensione del thriller politico di Andreas Fontana
Tags: azor, Berlinale
Un enigma avvolto in un mistero all’interno di una giunta, il thriller dalle tinte oscure e minacciose del regista svizzero Andreas Fontana Azor ci porta in Argentina verso il 1980, quando il paese era nella morsa di una campagna di terrore guidata dai militari. Ma i luoghi di Azor sono ambienti di lusso appartati, dove la paura della sparizione concernente i tanti desaparecidos si applicava ai beni pi? che alle persone e le voci di crimini indicibili non interrompono ancora le serate di cocktail, il tempo in piscina o le corse di cavalli.
L’attenzione personale dei gestori patrimoniali diventa una sicurezza essenziale, in uno scenario turbolento in cui potrebbero risultare le prossime vittime. Quando il banchiere svizzero di terza generazione Yvan (Fabrizio Rongione) e la sua raffinata moglie Ines (St?phanie Cl?au) viaggiano da Ginevra a Buenos Aires, ? per assicurare la continuit? degli affari dei clienti benestanti di una societ? di gestione patrimoniale, sempre pi? impauriti. Ma nel tour di Yvan tra tenute, retrobottega e saloni VIP aleggia anche una domanda a cui non ? facile trovare risposta: cosa ? successo a Keys, il socio di Yvan, che gestiva questi conti, e che ? scomparso?
L'”argomento Keys” ? piuttosto delicato e preoccupa Yvan, che inizia a pensare che si nascondesse qualcosa dietro ai suoi affari. Un cliente benestante ammette di avere avuto un legame stretto con Keys, ma la moglie lo riteneva uno “spregevole” manipolatore. Era brillante ma negligente? Nascondeva qualcosa o lo stava pianificando?
In un certo senso, l’architettura della sceneggiatura finemente realizzata da Fontana e dal co-sceneggiatore Mariano LLinas ? un classico puzzle noir, con una possibile vittima, un ambiente violento e tossico, indizi criptici e un protagonista hard-boiled astuto, che confronta voci differenti sulla scomparsa del collega. Azor predilige un ritmo narrativo ben calibrato, che si nutre della performance magneticamente vigile e diplomatica di Rongione, abilissimo nell’incanalare il crescendo tensivo attraverso un’esposizione scenica che procede a fuoco lento: questa ? la migliore linea d’azione per Yvan, che non discerne il bene e il male in termini nettamente morali, ma crea un’atmosfera di ambiguit? caratteriale totalmente coerente col tono del racconto.
La mancanza di chiarezza su alcuni punti teorici del mondo dell’alta finanza e sul background dei personaggi potrebbe sembrare fuorviante per lo spettatore; tuttavia, Azor preferisce trainare il brivido artisticamente portentoso che Fontana ottiene dalle interpretazioni e dal design perfetto, assieme alla fotografia di Gabriel Sandru, che si serve di inquadrature nitide e dalle geometrie lineari per per mettere in luce come certi ambienti del potere e del privilegio risultino eternamente stagnanti.
Azor ondeggia tra moderazione e allarmismo, tematiche approfondite dal tono dark-comedy che abita lo spazio narrativo. E’ lodevole come in sede di sceneggiatura si sia riusciti ad architettare un ritratto della giunta argentina che attinge a topoi storico-culturali, da Cort?s a Macbeth. L’orrore che bisogna prevenire, fulcro letterale di Azor, ? la premessa di un thriller di tutto rispetto, degno inizio di carriera per Fontana.