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Martina Barone

Babylon: perché gli Oscar 2023 non hanno candidato il film di Damien Chazelle?

Tags: babylon, damien chazelle, margot robbie
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Martina Barone

Babylon: perché gli Oscar 2023 non hanno candidato il film di Damien Chazelle?

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Tra i titoli più controversi della stagione, Babylon non è stato nominato tra i Migliori Film agli Oscar, ma per quale motivo?

Babylon non ha ricevuto la candidatura a Miglior Film 2023. Anzi, non solo. Ha ricevuto addirittura solamente tre candidature. Miglior scenografia, miglior costumi e miglior colonna sonora. Che come minimo devono avere la decenza di fargli vincere. In realtà, nonostante il livore con cui ci accingiamo a scrivere queste parole, che l’Academy non volesse trovare spazio per la pellicola di Damien Chazelle era ben chiaro prima ancora che venissero anche solo accennate le nomination del premio americano.

Loro che hanno preferito ripiegare su un Niente di nuovo sul fronte Occidentale piuttosto che avere il coraggio di affrontare i propri traumi e scontrandocisi viso a viso. L’inserire nella lista dei fortunati un’operazione Netflix – la sua quota, vista la latitanza degli autori su cui la piattaforma aveva puntato – che esegue come uno stampino l’immaginario dei war movie statunitensi, elevandosi per il romanzo alla base che ha descritto in letteratura un pezzo di Novecento e facendo rispecchiare nella propria realizzazione i membri dell’Academy.

Tutti gli eccessi (spiegati) di Babylon

Gli stessi su cui Chazelle ha sputato sopra, si è liberato la vescica, ha riversato escrementi di animale. Non per il disprezzo provato nei loro confronti, ma al contrario proprio per l’amore così lacerante di un autore che, nel 2022, ha voluto approcciarsi dopo che mille di lui l’avevano già fatto alla Storia del Cinema, ri-raccontandola alla propria maniera.

Babylon è esattamente l’espressione eccessiva e esagerata di tutto ciò che andava male nell’industria cinematografica sul finire degli anni Venti, niente di sconvolgente visto che i vizi di Hollywood sono stati raccontati fin dai suoi albori e basta contestualizzare il Codice Hays per vedere come fu lei stessa a decidere di darsi un freno. A limitare i danni collaterali che le feste e il divismo avevano cominciato a causare, straboccando in maniera tale da fuoriuscire dallo schermo stesso e arrivare sulle prime pagine di tutti i giornali scandalistici.

Babylon e le evoluzioni di Hollywood

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Credits: Eagle Pictures

A una grande rigorosità, quella che effettivamente ha contraddistinto (seppur in superficie) la Hollywood classica, è stata infatti preceduta un’alba di gloria, di infantile ubriachezza, di fama che dava la testa a personaggi spesso considerati marginali dalla società stessa, che subito dopo averli però visti davanti alla macchina da presa hanno cominciato ad amare.

Quella che ha tenuto le redini di un bacino lavorativo, narrativo e artistico che ha dovuto aspettare il finire degli anni Sessanta e la ribellione della Hollywood moderna per poter tornare a respirare. Parlando di sesso e di droga, di peccati e di criminali, quelli che erano stati messi a dormire per lungo tempo e decisi come Bonnie e Clyde a fare scintille.

Babylon e la poetica dei suoi personaggi

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Credits: Eagle Pictures

È perciò una grande ipocrisia quella che ha dimostrato una platea di partecipanti alle candidature agli Oscar, che in questo momento critico per i diritti e la rappresentazione televisiva e cinematografica ha pensato di trovare in Babylon un antagonista, un nemico. Un film che ha voluto porre sotto la lente di ingrandimento le nefandezze di cui l’industria è stata a suo tempo capace e che Damien Chazelle riesce comunque a trasformare in materia dei sogni anche quando ne mostra il cuore sanguinante.

La poetica dei suoi quattro personaggi protagonisti è tutta nella devozione ad un’arte che, come dice lo zio Boris di Steven Spielberg in The Fablemans, ti prende e ti strappa il cuore. Manny Torres (Diego Calva) è l’ingenuità e la disillusione al momento della conoscenza. Jack Conrad (Brad Pitt) è il progresso che si vuole portare avanti, ma non è detto che si può continuare a farne parte. Sidney (Jovan Adepo) è la feticizzazione dello straniero e la sua sottrazione all’umiliazione. E Nelly Leroy (Margot Robbie) è la star per antonomasia. Non colei che ci prova e ci riesce, ma lei che è e che sempre sarà.

Il futuro di Babylon?

babylon
Credits: Eagle Pictures

Dovendo attenersi a degli standard che Hollywood si sta auto-imponendo, risultando talvolta altamente cieca tanto da subire l’effetto contrario rispetto a una vera apertura, ponendosi dunque in maniera ottusa e indisposta, per Babylon il suo ingresso nel tempio dei successi non passerà per la porta dell’Academy, ma avrà una platea di spettatori estasiati e soddisfatti pronti a elevarlo.

A farne da ricettacolo per quel connubio di studio, follia e passione per il cinema da cui è vero, i cinefili sono abituati a farsi abbindolare. Ma potessimo farlo più spesso, potessimo rimanere incantati di fronte a quello che ci offre il grande schermo.

Da Babylon a Blonde: tutta l’ipocrisia di Hollywood

babylon
Credits: Eagle Pictures

Perseguendo il destino di Blonde e confermando la sordità con cui gli Stati Uniti stanno rispondendo alle storie che cercano di dare uno scossone proprio dall’interno, gli Oscar si sottraggono a una potenziale vincita di Damien Chazelle, ma non potranno dimenticare di averlo già premiato al tempo conferendogli il titolo di regista più giovane ad aver ricevuto la statuetta.

Eppure, anche senza quella vittoria per La La Land, ad oggi, l’avremmo comunque ritenuto uno dei più grandi. Più grande di tutto questo, del bigottismo e del moralismo hollywoodiano. Più grande di coloro che il cinema cercano sempre un modo per non farselo piacere, mentre a noi piace ballare al ritmo di Voodo Mama. “Non gli piaccio perché li metto a disagio”, hai fatto centro Nelly Leroy. Hai fatto perfettamente centro.  

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