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Daliland
Jacopo Iovannitti

Daliland, recensione del film su Salvator Dalì

Tags: Daliland, Plaiton Pictures
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Jacopo Iovannitti

Daliland, recensione del film su Salvator Dalì

Tags: Daliland, Plaiton Pictures

Scopriamo insieme Daliland, il nuovo film di Mary Harron sull’eccentrico Salvator Dalì, al cinema dal 27 maggio grazie a Plaion Pictures.

Il trailer italiano di Daliland

Grazie a Plaion Pictures è in arrivo nei cinema italiani Daliland, il biopic diretto da Mary Harron e con il Premio Oscar® Ben Kingsley nei panni dell’eccentrico Salvador Dalí, affiancato da Barbara Sukowa, Ezra Miller e Christopher Briney. Il film sarà in sala dal 25 maggio dopo esser stato presentato al Toronto International Film Festival 2022 e fuori concorso al 40° Torino Film Festival.

La trama di Daliland

Questa la sinossi ufficiale: New York 1974, James lavora presso la galleria d’arte che ospiterà la prossima esibizione del genio Salvador Dalí. Quando l’artista in persona gli propone di diventare suo assistente, il ragazzo pensa di coronare il sogno della sua vita, ma presto scopre che non è tutto oro quel che luccica. Dietro allo stile di vita sgargiante, al glamour e ai party sontuosi, un grande vuoto consuma l’ormai anziano pittore, divorato dalla paura di invecchiare e dal dolore per il rapporto logoro con la dispotica moglie Gala, un tempo sua musa e ora circondata da giovani amanti e ossessionata dal denaro.

La recensione

Quando si parla di registe, difficilmente viene fatto il nome di Mary Harron. Eppure è sulla scena da quasi 30 anni. Ha debuttato con un film su un’artista, categoria che è tornata a trattare con questo Daliland. Si trattava di Ho sparato a Andy Warhol. E in barba al rischio che le opere seconde portano con sé il suo American Psycho è stato ed è ancora un film indimenticabile (quando si arriva a dirigere un secondo film vuol dire che l’esordio è stato ottimo e i riflettori sono puntati al massimo per capire se si è trattato di bravura o fortuna). Successivamente non sono mancati altri film dedicati a personalità come Bettie Page (La scandalosa vita di Bettie Page) o altri psicopatici (Charlie Says) anche il loro successo è stato decisamente minore.

Ora, con Daliland, torna a sfidare abitudini e convenzioni sociali attraverso gli ultimi anni, quelli meno trattati e noti, probabilmente, di un artista. Ma il ritratto di Dalì, come accaduto nell’opera di esordio della regista, viene delineato attraverso la storia di una persona assolutamente non nota, probabilmente mai esistita, come quella di James. Un giovane ragazzo, dal volto angelico, alto e desideroso di affermarsi, scoprire, conoscere che si oppone a una delle figure più iconiche del XX secolo, geniale e sregolata, in decadenza, scura, quasi diabolica.

Non c’è spazio per le grandi opere dell’artista, per i momenti pubblici più noti e acclamati. C’è però spazio per i momenti più intimi della vita di Dalì, per la sua disperata ricerca di attirare o creare “l’ispirazione” per dipingere e… per far soldi. Non c’è nulla di nobile se non la causa: l’amore smisurato e incondizionato per la sua Gala, e il voler all’altezza della vita che le piace vivere, lussuosa, costosa, lussuriosa.

In un’altalena che oscilla tra nozioni d’arte e pensieri personali dell’artista, il viaggio nella quotidianità del genio e dell’uomo mostra debolezze, perversioni, piaceri e dolori, luci e ombre. Ben Kingsley si conferma un grandioso attore, che ci fa riconoscere Dalì non tanto per i baffi quanto per la luce nei suoi occhi, aspetto che viene ricalcato perfettamente anche da Ezra Miller che interpreta l’uomo in una serie di flashback onirici dedicati alla gioventù dell’artista.

Alla dolcezza, al bisogno di attenzioni delle due versioni di Dalì, si contrappone il ruolo rigido, perentorio, intaccabile di Gala, interpretata da Barbara Sukowa. Tra lei, il maestro del Surrealismo e il giovane James si viene a creare una triangolazione di storie, sguardi, complicità, rapporti. Ed è tramite James che lo spettatore entrerà nelle dinamiche della coppia, della loro vita, nel loro stile, incuriosito di capire e provare. E tramite lui e la sua esperienza ne vorrà anche uscire, tra ossessione e ripetitività, nonostante i cambi di location.

In conclusione…

Piuttosto coinciso, in meno di due ore Daliland ci porta alla scoperta di una figura perturbante, in un modo che non lascia spazio alla fantasia, alimentandola e portandola verso ogni singola perversione di una delle coppie più affascinanti del mondo dell’arte, con una colonna sonora che enfatizza e accarezza ogni singolo momento.

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