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Alessio Zuccari
Doctor Odyssey: il medical drama in crociera di Ryan Muprhy
Tags: Doctor Odyssey, Don Johnson, Joshua Jackson, ryan murphy
C’è una simpatica raccolta di saggi di David Foster Wallace uscita nel 1997, dal titolo Una cosa divertente che non farò mai più. Il celebre scrittore statunitense, scomparso troppo prematuramente nel 2008, descriveva in una serie di articoli commissionatigli dalla rivista Harper’s Bazaar la sua esperienza di una settimana a bordo di una crociera di extra-lusso. Con lo spiccato tono umoristico tipico dell’autore, Wallace faceva una disamina a trecentosessanta gradi di quello che era il vissuto a bordo di un’enorme città galleggiante dove ogni desiderio, vizio, pignoleria del passeggero-abitante era un imperativo da soddisfare a ogni costo.
Una missione, questa, che rimarca da subito e mettendola bene in chiaro anche il capitano Robert Massey (Don Johnson) di Doctor Odyssey: “Niente sensi di colpa in crociera”. Lo sta dicendo al qualificatissimo dottore appena arrivato a vestire i panni del primo medico di bordo, il fascinoso Max Bankman (Joshua Jackman). Che nonostante i numerosi anni passati tra le fila dei Peace Corps non ha mai visto sintomi come quelli dovuti all’intossicazione da iodio per consumo troppo repentino di gamberetti. Ed è tentato di giudicare – e se non tentato, almeno fortemente stupito – come possa esistere una macchina oliata e collaudata per alimentare di continuo il sogno perfino autodistruttivo del passeggero-abitante.
Che è più o meno la stessa cosa che colpisce di continuo Wallace, che a differenza del ganzo Bankman è però perennemente preso in contropiede dall’essere fuori luogo, dall’insensatezza della montagna di rituali, di codici di comportamento e abbigliamento, di gesti passivo-aggressivi di abbindolamento e tentazione nel momento in cui a quel sogno, per qualche ragione, si oppone resistenza. Bankman no, sarà pur stupito, ma sa perfettamente come andare in buca, tra camicia hawaiana e completo nero, sin dal primo episodio della nuova serie creata da Ryan Murphy (di recente uscito anche con Grotesquerie), Jon Robin Baitz e Joe Baken.
Perché in fondo Doctor Odyssey svela la propria formula sin dagli istanti iniziali: in tempi di forti crisi e incertezze collettive, qui si deve cercare di spazzar via le ombre nere della vita di tutti i giorni. Allora lo show, in streaming su Disney+ in otto episodi a rilascio settimanale, fonde assieme il medical drama, con quel misto tipico e avvincente di curiosità, repulsione e puzzle, alla piacioneria da soap che coinvolge Bankman e il suo team, gli infermieri Avery (Philippa Soo) e Tristan (Sean Tale). Bellezza e intelligenza, fisici aitanti e cervelli rampanti. Un po’ di spalle lussate qui, un po’ di danze ammiccanti a ritmo di Despacito lì.
Doctor Odyssey non si nasconde insomma dietro a un dito. Sa di dover essere il simpatico e muscoloso di turno, magari persino un po’ spaccone, e allora interpreta il ruolo con abnegazione. Cercando di assolvere pure al compito di esorcismo dei traumi del nostro recente passato, incrociando ad esempio le memorie del Covid (curiosa intuizione: il dr. Bankman è il paziente zero degli Stati Uniti). Allora dobbiamo immaginarci questa fortezza del peccato in assoluzione come un vascello in cui Murphy & co. ci tengono nel palmo di una mano per cullarci, intrigarci e riportarci poi nella spensieratezza un istante prima che le cose si facciano davvero sgradevoli. Allora per qualche giro di puntata, perché no? Ma premere play è una cosa divertente che poi, in fondo, forse non faremo mai più.
Doctor Odyssey è in streaming su Disney+.