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Empire of Lights
Martina Barone

Empire of Light: recensione del film con Olivia Colman di Sam Mendes

Tags: Empire of Light, olivia colman, sam mendes
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Empire of Light: recensione del film con Olivia Colman di Sam Mendes

Tags: Empire of Light, olivia colman, sam mendes

Dal 2 marzo arriva in sala Empire of Light, un’opera che tenta di parlare di cinema e passato, senza però riuscirci

La trama ufficiale di Empire of Light

Empire of Light è una storia incentrata sul potere dei legami umani in tempi burrascosi. Ambientato nei primi anni Ottanta all’interno e nei dintorni di un vecchio cinema sbiadito in una cittadina costiera dell’Inghilterra, il film segue Hilary (Olivia Colman), una donna che gestisce il cinema e deve fare i conti con la sua salute mentale, e Stephen (Micheal Ward), un nuovo dipendente che sogna di fuggire da questa cittadina provinciale in cui deve affrontare avversità quotidiane. Sia Hilary che Stephen trovano un senso di appartenenza attraverso la loro dolce e improbabile relazione e sperimentano il potere curativo della musica, del cinema e della comunità.

Nel cast di Empire of Light: Olivia Colman, Colin Firth, Michael Ward

Recensione di Empire of Light

Seppure questo periodo sembra particolarmente fervente per ciò che riguarda il desiderio degli autori cinematografici di tornare indietro nel tempo e ripercorrere con la loro memoria il mistero, il fascino e la magia del cinema, non è detto che tutti sappiano inquadrarlo allo stesso modo. Ma soprattutto con lo stesso successo. Se la prova di Steven Spielberg con The Fabelmans è stata intima e famigliare, anche se comunque grandiosa e riportabile all’amore di chiunque per la settima arte, ci sono poi altri esempi come quello di creazione e distruzione di questa industria con i suoi riflettori e le sue ombre nello scapestrato Babylon di Damien Chazelle.

C’è stata poi un’altra parentesi fotografica, quella di Kenneth Branagh col suo Belfast, nello stesso anno della storia sull’adolescenza, romanzata e abbellita seppur sempre dolorosa, del Paolo Sorrentino di È stata la mano di Dio. A questa sfilza di titoli ammirevoli – meno quello di Branagh – va aggiungendosi l’Empire of Light di Sam Mendes. Per nulla all’altezza dei titoli proposti. Per niente in grado di raggiungere nemmeno il più opaco splendore.

Negli anni Ottanta di Empire of Light

Empire of Lights
Credits: Walt Disney Studios Motion Pictures

Empire of Light è ambientato negli anni Ottanta e vede Hilary, una donna affetta da depressione e presunta schizofrenia, guidare all’interno del cinema lo spettatore. Non solo quello “esterno”, nel quale il pubblico reale può andare a sedersi alla poltrona di una qualsiasi sala, ma nella hall ricostruita e ripresa da Mendes in cui la protagonista lavora assieme al resto dei comprimari.

Una responsabile di un cinema nella periferia inglese, che si intrattiene in pratiche sessuali fredde e distaccate col suo capo e che, tornata dopo un esaurimento nervoso al lavoro, si infatuerà di un giovane di origini afroamericane con cui comincerà ad avere una relazione. Segreta, silenziosa, fatta anche lì di sotterfugi e attimi rubati. Finché tutto non crollerà di nuovo. Sullo sfondo di un’Inghilterra schierata e razzista, che non mancherà di farsi sentire.

La fragilità della Hilary di Olivia Colman

Empire of Lights
Credits: Walt Disney Studios Motion Pictures

La carne al fuoco messa da Sam Mendes, alla scrittura anche della pellicola, è talmente tanta che Empire of Light ne risente con pesantezza, la stessa che affligge l’umore dell’opera, la quale scade più nel fastidio e nell’intolleranza, che nel sentimento e nella compassione. Che non trova un vero trascinamento per la storia di questa donna che non si riesce bene a indagare. Vedendo la struttura narrativa destreggiarsi col disagio psichico della donna, da riprendere giusto per il tempo di mostrare la capacità interpretativa di Olivia Colman, ma rendendola del tutto sterile se in riferimento al risultato del film.

Una protagonista fragile, una mente fragile, un cuore altrettanto fragile. Un personaggio che non riesce a reggere bene il carico che il suo autore vuole affidarle, rompendosi non solo emotivamente nel film, ma anche nella scrittura della sua personalità e, sopratutto, della sua evoluzione (o meglio ancora, caduta) nella trama della pellicola.

Il cinema (non) salvifico di Empire of Light

Empire of Lights
Credits: Walt Disney Studios Motion Pictures

Un’opera che vuole parlare di cinema, ma non riesce a parlare di cinema. Un film che vuole porre attenzione sulla faccenda del razzismo, che viene però continuamente accennato per poi scoppiare nella maniera meno adatta per la narrazione – compresa la sua collocazione temporale nella pellicola. E, in più, uno sguardo carezzevole verso quel personaggio impersonato dalla Colman che dovrebbe trovare riparo e conforto nel fascio di luce di un proiettore, ma il cui arrivo a questa dimensione pacifica e salvifica sembra aleatorio e raffazzonato.

Una conclusione fatta più perché questo era l’intento del regista e sceneggiatore, non perché è stato in grado di trascriverlo davvero. Un film che tenta il tutto e per tutto citando Oltre il giardino, ammiccando quasi a un riferimento tra l’opera e il protagonista di Peter Sellers col personaggio di Olivia Colman. Ma quella delicatezza della pellicola di Hal Ashby è ben lontana. Come il tentato omaggio al cinema che Sam Mendes voleva fare. 

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