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Alessio Zuccari
FolleMente: recensione della nuova commedia di Paolo Genovese
Anche Flow, come Il robot selvaggio di Chris Sanders, parte dall’idea oggi come mai imprescindibile di immaginare un mondo dove l’essere umano non è perpetuo, ma sopravvive solo nelle tracce del passato. Se il film d’animazione della DreamWorks ragiona e racconta attraverso un inevitabile linguaggio compromissorio per il tipo d’opera di largo consumo che è – l’uso delle parole, l’arco di formazione e le spiegazioni –, il lavoro del giovane regista lettone Gints Zilbalodis, classe 1994 in sceneggiatura con Matīss Kaža, è invece radicale.
Oltre all’uomo scompaiono anche la sua forma comunicativa e il suo modo di osservare, vivere e pensare (è un termine a questo punto ancora adeguato?) l’ambiente circostante. Allora ci si abbassa all’altezza di un gatto nero solitario, che vive senza simili se non quelli raffigurati in statue, tra cui una colossale, attorno a un’abitazione semidiroccata in cui l’animale è solito rifugiarsi. Da quanto non ci abita più nessuno? E chi ci abitava prima? Chi erano queste persone, che fine hanno fatto?
Lo si capisce subito, Flow è un film costruito su asimmetrie conoscitive, su domande che sono importanti solo per chi guarda – e quindi l’uomo – e non per chi a quelle domande è interno. E poi sui rapporti di scala. Da un punto di vista prettamente raffigurativo: il gatto è minuto e tutto ciò che lo circonda appare così immenso, insondabile, secolare. E da un punto di vista delle ragioni: pare non ce ne siano a governare gli eventi in cui il felino capitombola e di cui non può che esserne il più possibile accorto naufrago.
Naufrago lo si intende in senso letterale, perché ad un certo punto arriva una immensa inondazione a sommergere ogni cosa. Così il gatto salta sopra una barchetta abbandonata e si ritrova prima in compagnia di un capibara, poi onde navigando di un cane giocherellone, un lemure antiquario e un maestoso uccello bianco. In questa allegorica arca di Noè (ma senza un Noè, dettaglio cruciale; gli animali si salvano da soli) e nelle sfide che l’improbabile equipaggio affronta convergono così le istanze che appunto discuteva anche Il robot selvaggio.
In testa la possibilità di scegliersi, cioè una trasversalità di genere al di sopra dell’appartenenza di specie, in rima a un’idea collaborativa come chiave di accesso al pianeta del futuro – e in barba alle strette regole e differenze naturali; società significa superamento. Poi, certamente, l’ecologismo, nello spettro di una minaccia climatica improvvisa e inaffrontabile, che si intuisce possa essere stata la causa del mutamento degli equilibri di questo luogo dove però si intersecano pure ragioni arcane, forse addirittura magiche in quello che alla fine è un piccolo e latente racconto fantasy.
Perché il mondo di Flow non è il nostro mondo, ma una terra in cui si ergono vestigia di una civiltà monumentale che la regia di Zilbalodis indaga con movimenti e posizionamenti davvero molto limitrofi alla grammatica videoludica. In particolare a quella dei tempi e del respiro dei walking simulator, termine macrocappello che accoglie opere dove il viaggio e l’esplorazione sono il cuore dell’esperienza, un vascello di riflessione. A questa sensazione contribuisce di certo anche uno stile grafico volutamente poco dettagliato, pensato non per sottolineare le specificità, ma il complesso, l’organico. Insomma, l’uno in relazione agli altri e poi al tutto, per tornare a quella filosofia della grandezza e dell’imperscrutabile di cui si diceva prima.
In questo quadro trova dunque posto anche la profondità della concezione del sacrificio individuale, che alla base segna il contrappasso, o la visione di un equilibrio che occorre sempre compensare. Se da una parte si dà, da un’altra si toglie. Un’idea fortissima, calcata in particolar modo in un finale di grande movimento emotivo sulle note di un’ottima colonna musicale, sempre di Zilbalodis con Rihards Zalupe. In mezzo al disastro, la gioia di qualcuno confina inevitabilmente con la sofferenza di un altro. E anche ciò significa che un domani ci sarà sempre.
Flow sarà al cinema sarà al cinema dal 7 novembre con Teodora Film.