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Alessio Zuccari
Garfield: Una missione gustosa, recensione del film d'animazione
Tags: Garfield: Una missione gustosa, Mark Dindal, Maurizio Merluzzo
Garfield: Una missione gustosa conferma un teorema: ad ogni generazione, il suo Garfield. È dagli anni Settanta che lo spocchioso, ma irresistibile, gatto uscito dalla matita Jim Davis fa dentro e fuori dalla carta stampata. Ogni tanto è saltato anche dentro i quattro angoli dell’inquadratura, e gli adattamenti in animazione sono diversi. Ma come non ricordare il film del 2004, con il tentativo non esattamente riuscito di una mescola tra live action e CGI, dove a doppiare il felino per l’occasione c’era Bill Murray – che poi, a posteriori, si sarebbe dichiarato pentito. Ma non prima di aver lavorato anche al sequel del 2006. Allora adesso è il turno di ritentare il colpo un’opera che torna in tutto e per tutto all’animazione 3D e che è diretta dal veterano Mark Dindal, regista di film come Le follie dell’imperatore e Chicken Little.
E di colpo, a tutti gli effetti, si parla. Garfield (doppiato da Maurizio Merluzzo, in originale da Chris Pratt), a suo grande malincuore, viene infatti strappato dall’ozio e dalle infinite comodità della sua casa. Ciao smartphone, ciao Catflix, ciao poltrona accessoriata, ciao padrone (servo?) Jon (Flavio Aquilone, Nicholas Hoult in originale). Finisce, assieme al fidato cane Odie, nel sacco di Jinx (Gabriella Borri qui, Hannah Waddingham in originale), gatta che serba un non trascurabile rancore nei confronti di un altro felino: è Vic (Simone Mori, Samuel L. Jackson in originale), nientepopodimeno che proprio il padre di Garfield. Rapire il micio rosso è insomma solo una trovata per attirare Vic in una trappola e costringerlo a ripagare un vecchio debito. Per farlo, deve rubare un enorme quantitativo di latte da una fattoria super sorvegliata. Ma tentare la rapina da solo è impossibile, così deve portarsi dietro il figlio. Solo che i due non si vedono da moltissimi anni, per la precisione da quando Vic ha abbandonato Garfield in un angolo della strada.
Si capisce allora che la sceneggiatura scritta a sei mani da Paul A. Kaplan, Mark Torgove e David Reynolds parta da questo grande irrisolto con il paterno – e con il maschile – per far carambolare i suoi protagonisti in un heist movie a misura di bambino nativo digitale. Il canovaccio del film sembra seguire in realtà la struttura, e le implicazioni, di un altro film d’animazione recente come Galline in fuga – L’alba dei nugget. Ci sono degli animali antropomorfi che si preparano alla missione, c’è un legame figlio-genitore alla base, c’è un’azienda alimentare ultra-capitalizzata e resa spietata catena di montaggio da assaltare alla prima occasione utile.
Non ci vuole quindi molto a leggere in tutto questo una morale di fondo che si tiene al passo con le discussioni del presente, a partire da uno spunto etico-ecologista – e un’adorabile quanto esilarante storia d’amore tra un bufalo e una mucca – che fa il paio con la messa al banco di una paternità assente e distratta. Certo, Garfield: Una missione gustosa sfiora forse il cortocircuito quando si rimpinza di numerosi e sfacciati product placement o quando sfrutta, ma non commenta, le amenità del take-away compulsivo e degli ordini a casa.
C’è da riconoscere, però, che lo fa per caratterizzare la sbruffonaggine del suo protagonista (un po’ comodo, un po’ menefreghista), sopra il quale impianta poi un umorismo prevalentemente di corpo, slapstick, pensato per essere sempre comprensibile e accessibile anche per i più piccini. Lì sta il suo target di riferimento e lì cerca di dialogare con l’ironia talvolta caustica di un Garfield fuori dalla sua comfort zone, ma pronto, sotto tutto quel pelo, a mettersi in discussione.
Garfield: Una missione gustosa è al cinema dal 1° maggio con Sony Pictures.