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Martina Barone

Glass Onion, recensione: bentornati nei magnifici gialli di Knives Out!

Tags: glass onion, Glass Onion - Knives Out, knives out
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Glass Onion, recensione: bentornati nei magnifici gialli di Knives Out!

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Il Benoit Blanc di Daniel Craig torna a investigare nel divertente whodunit di Rian Johnson, dal 23 novembre al cinema e dal 23 dicembre su Netflix.

La struttura della sequenza di Fibonacci permette all’ascoltatore di potersi trovare di fronte a due differenti composizioni, pur presentandosene solamente una. Il trucco sta nel saper sovrapporre le note così da accorgersi che, da una sola linea musicale, è possibile tracciarne un’altra che riproduca una sinfonia del tutto differente rispetto a quella iniziale, ammirandone la simmetria per nulla casuale e riportabile in natura, come per ciò che unisce le spirali delle conchiglie ai petali dei fiori fino alle galassie.

In sostanza la melodia di Fibonacci è uno scheletro che mostra le sue autentiche possibilità solamente quando due parallele vanno incrociandosi, facendo di quell’unione, che potrebbe funzionare anche da sola, un’esplosione di musica e creatività. Non è un caso che la teoria di questa sequenza venga ripresa al principio di Glass Onion – Knives Out, andando a smascherare immediatamente la struttura che andrà a instaurarsi all’interno del racconto scritto e diretto da Rian Johnson, ma che soltanto sul finale potremmo capire essere stato edificato in maniera tale da avere bisogno di far collimare la sua prima e seconda parte.

Glass Onion: il ritorno di Benoit Blanc

È anche vero che, col proseguimento della serie di film aperta da Johnson con Knives Out nel 2019 e il suo già confermato seguito, la pellicola sentiva di dover rispettare un certo standard che aveva impostato col suo whodunit di partenza, sotto cui il senso e il coinvolgimento dell’intrigo non poteva scendere. L’azzardo di riprendere l’investigatore Benoit Blanc e di inserirlo in un’altra scatola da dover decifrare per far fuoruscire il suo potenziale e, con lui, quello dei suoi stravaganti assistiti/sospettati/clienti viene rilanciato aumentando la posta e esasperando la narrazione meravigliosamente. 

Un volerla tratteggiare come il più sopraffino gioco degli scacchi in cui far rimanere ogni pedone incastrato. Vittima e colpevole, innocente e assassino a seconda delle diverse angolazioni che anche stavolta Glass Onion ha saputo donare, proseguendo sulla scia dell’indagine della pellicola che ha dato il via alla carriera cinematografica di Benoit Blanc e di cui sentiamo ora la necessità di continuare a indagare.

Torna la formula di Rian Johnson

Glass Onion
Credits: Netflix

Alzando perciò la posta e facendo percepire tutti i miliardi che sono stati dati a Rian Johnson e al suo compare Craig e che l’opera investe in una sontuosa ricostruzione di un’isola privata arredata con quadri secolari e raffinatezze borghesi, il secondo giallo della saga di Knives Out non perde la testa dietro la brillantezza delle location, bensì le esalta con l’intrigo del suo gioco. 

Una formula che rimane più o meno invariata rispetto a quella che abbiamo conosciuto con la trama del primo film, ma suggerisce comunque un passaggio ad un altro stadio. Come fosse stato sbloccato un livello e si fosse saltati a quello successivo. Dove l’obiettivo non è tanto dimostrarsi superiori, pur tentando di oltrepassare un ulteriore gradino, ma di essere all’altezza del nome che si porta, cercando di elevarlo ancora di più con un nuovo caso.  

Glass Onion è lo show di Daniel Craig

Glass Onion
Credits: Netflix

Così, come anche per Knives Out, Glass Onion diventano i pezzi lasciati in giro dal proprio autore e messi insieme dal protagonista di Daniel Craig, mentre la storia che viene filata genera dei movimenti, delle accuse e delle insensatezze a cui solamente Benoit Blanc potrà dare tregua. Una tecnica sopraffina che se nel detective è quella di saper scovare ogni volta l’omicida, in Johnson è l’imbastire un racconto che sia stuzzicante, ma in cui si ha piacere di rimanere sconvolti. In cui è ovvio che si provi a decifrare da soli le prove che vengono lasciate per sbaglio da chi è colpevole, ma per cui si prova anche un’estrema e liberatoria gioia nel scoprirlo lasciandosi totalmente condurre e sospingere dalla pellicola. 

Sedersi e lasciar fare a un protagonista che vede Daniel Craig sempre più a proprio agio nelle assurdità del ruolo, composto da tanti registri quante possono essere le ragioni umane che conducono una persona a compiere atti folli. Un personaggio divertente e all’apparenza scombussolato soltanto per confondersi con lo sfondo esagerato e glamour di un contesto aristocratico, più esuberante di quello del magnate Harlan Thrombey di Knives Out, questa volta al servizio della mente folle e ingegnosa del proprietario di quell’isolotto nel cuore della Grecia, ossia il Miles Bron interpretato da Edward Norton

Un thriller dal doppio livello

Glass Onion
Credits: Netflix

Se Alfred Hitchcock diceva che il cinema era la vita con le parti noiose tagliate, Rian Johnson ribalta le parole del maestro per utilizzarle a propria volta nel suo giallo e vedere come ciò che viene inizialmente omesso in Glass Onion è solamente parte di un racconto che arriverà successivamente per riempire tutte le caselle mancanti. Due narrazioni, come la suddetta sequenza di Fibonacci, che trovano un senso al film solamente se incastrate in maniera tale da far combaciare i vari personaggi con le loro storyline.

Un quadro che viene presentato a metà nella sua prima parte, per essere riempito in una seconda che aggiunge dinamica e risalto ai personaggi e alle loro azioni nella pellicola. Un altro incantevole gioco mortale in cui perdersi col miglior investigatore del mondo (“secondo quanto scritto su Google”). Uno dei migliori prodotti gialli della contemporaneità – se non “il” migliore -, che non nasconde la propria scintilla, ma la trascrive dalla sua fedina penale fin sul grande schermo. 

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