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Harlem: recensione della serie comedy su Amazon Prime Video
Tags: amazon prime video, black comedy, harlem, Recensione, serie tv
C?? una parola del vocabolario anglosassone, in italiano imprecisamente tradotta con ?impenitente?, in grado di restituire l?attitudine intera della nuova serie Harlem prodotta e disponibile su Prime Video. “Unapologetic”, letteralmente senza scuse, o pi? facilmente che non ha bisogno di chiedere scusa, ? infatti l?aggettivo che meglio si conf? al modo di fare irriverente, emancipato e audace delle quattro amiche trentenni di Harlem, il quartiere newyorkese con la maggior densit? di abitanti afroamericani e crocevia della cultura black, ma negli ultimi decenni prona alla cosiddetta gentrification, che smantella i suoi storici locali per trasformarli nell?ennesima sede franchising affiliata a catene commerciali da Starbucks in poi.
Tra i murales e l?Apollo Theatre, i quartieri del jazz e il Boulevard dedicato a Martin Luther King, la creatrice Tracy Oliver assieme ad un nutrito gruppo di autori e produttori noti quali Amy Poehler e Pharrell Williams, ambienta un racconto tutto al femminile con al centro quattro amiche alle prese con i fatidici trent?anni e i conseguenti alti e bassi sentimentali e professionali che le rendono uniche e interessanti a modo loro.
Dalla prof. d?antropologia Camille (Meagan Good) all?aspirante stilista Quinn (Grace Byers); dalla creatrice della prima dating app per persone queer Tye (Jerrie Johnson), fino all?attrice e cantante Angie (Shoniqua Shandai), le ragazze di Harlem si destreggiano nel precariato lavorativo e nei fantasmi perpetui dell?ex fidanzato; gioiscono e pagano le conseguenze di incontri sessuali libertini e di amanti passeggeri; si confidano e si confrontano in una societ? che sta cambiando ? e con essa una citt? ‘imborghesita’ nella quale talvolta faticano a riconoscersi.
Tra sorellanza inseparabile e naturale competizione, la serie sposta il focus della commedia femminile e femminista portata in auge oltre vent?anni fa da Sex and The City all?interno della comunit? black, rendendo visibili donne afroamericane in pieno controllo della propria vita e del proprio corpo. Pronte a farsi da spalla in supporto dell?altra, e a condividere verit?, ambizioni e molte fragilit?, Camille, Quinn, Tye e Angie intendono farsi portavoce di un?effeminatezza che non ? solo riconducibile al colore della pelle, ma ? una vera e propria agency, di autodeterminazione identitaria e sessuale, lavorativa e ideologica.
L?intento dell?operazione ? infatti proprio quello di sovvertire i canoni della donna mansueta e conciliante, costretta al legame maschile per continuare ad esistere, realizzata o nella carriera o nel focolaio domestico, e renderla invece quanto pi? possibile libera di mostrare il proprio corpo curvy – tirando le fila dell?attuale discorso sulla body positive -, di azzardare un linguaggio sgarbato anche il pubblico; di rovesciare cio? la propria oggettivit? in soggettivit?, mostrandole non pi? come mira dello sguardo maschile ma, all?inverso, come predatrici di uomini affascinanti e in alcuni, fortunati, casi pi? giovani.
Imperfette e fiere di esserlo, diverse per carattere ma affiatate in un life-style di locali esclusivi e guardaroba invidiabile, oltre all?intenzione di un upgrade inclusivo e tematico, ad Harlem sembrano per? sfuggire alcune dinamiche socio-economiche tipiche del quartiere che intende rappresentare, mostrando le sue eroine in un agio poco congruente ad indagare affondo nell?instabilit? professionale che inevitabilmente si riversa in quella personale. Limitando infatti la narrazione ad una cura evidente nella messinscena e nell?attenzione all’anti-stereotipo per abbracciare la propria discordante identit?, la serie risulta estremamente romanzata e come sospesa in un contemporaneo abbellito da una valanga di pop che potrebbe invadere ?ed escludere l’identificazione di quella gran parte di millennials che essa stessa ha urgenza di raccontare.
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