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Alessio Zuccari
RoFF19 | Hey Joe, recensione del film di Claudio Giovannesi
Tags: Claudio Giovannesi, Francesco Di Napoli, Giulia Ercolini, Hey Joe, james franco
L’elemento più interessante sopra il quale si regge Hey Joe è il suo muoversi in una zona di confine. Non è chiaro fin quanto in fondo Dean, il veterano statunitense protagonista del nuovo film di Claudio Giovannesi e interpretato da James Franco, faccia ciò che faccia per un moto di egoismo e quanto perché tenga invece realmente al farlo. Non è una domanda da poco. Anzi, è la domanda che regge l’intera possibilità di concedere o meno empatia a un uomo che sembra averne fatte di cotte e di crude e che pare stia attraversando una crisi di mezz’età.
È il 1971, vive a New Jersey e l’ex moglie viene a chiedergli quegli alimenti che lui non ha mai pagato. Nella cassetta della posta trova però pure una lettera, vecchia di più di dieci anni e arrivata tardiva a destinazione. Dice che Lucia (Giada Salvi) è morta, la giovanissima ragazza con cui Dean amoreggiava nel 1944 da soldato in una Napoli liberata dagli americani, e che suo figlio vorrebbe conoscerlo. Di tempo ora ne è passato, ma Dean, che in quest’America gli è rimasto piuttosto poco, prende un aereo e vola in Italia.
E a Napoli questo figlio Dean lo trova, si chiama Enzo (Francesco Di Napoli). Non prima però che la sceneggiatura di Giovannesi con Massimo Gaudioso e Maurizio Braucci lo faccia carambolare tra le braccia di Bambi (Giulia Ercolini), che prima lo raggira e gli ruba i soldi, ma poi lo aiuta pure a trovare Enzo. Dean infatti non è che sia proprio un furbone, del denaro gli interessa, ma se lo fa anche transitare di mano senza conferirgli un reale valore, una misura, un’accortezza in una città, poverissima, dove invece tutto è merce di scambio e di contrabbando.
Una Napoli di cacofonie e vocalizzazioni estreme, in risonanza contraria ai silenzi del personaggio di Franco, tutto insaccato nelle sue spalle larghe ma affaticate. Una Napoli d’epoca, derelitta dal passaggio del secondo conflitto mondiale che torna dopo Il treno dei bambini in occasione della Festa del Cinema di Roma 2024, dove Hey Joe è stato presentato nella sezione Grand Public. E che si conferma come la città italiana più indagata e cartografata dal cinema italiano dopo Roma.
Pure Enzo lavora per un contrabbandiere (Aniello Arena), che l’ha cresciuto nella malavita, ed è forse l’intuizione più riuscita del film quella di fargli capire subito chi sia Dean e il perché lo stia cercando. Senza dire una parola, senza necessità di farsi didascalico. Basta guardarli in faccia, si assomigliano – ottimo abbinamento di cast. Ed è normale ed è giusto che Enzo con questo suo padre di sangue abbia davvero poco a che spartire, che ora è tornato chissà per quale ragione e non avanza apertamente pretese, ma con la sua sola presenza modifica il corso delle vite di chi incontra.
In un primo momento Hey Joe pare infatti chiedersi se ci sia davvero spazio per una figura come quella di Dean, l’americano che torna in cerca di quei sentimenti dai quali si è sempre tenuto ben lontano – glielo dice apertamente a Enzo. È la personificazione distante e fallace (perché uno squattrinato) dell’American Dream, in cui fa credere a un certo punto lo stesso Enzo, ma persino Bambi, che in realtà si chiama Angela e che troppa della sua bontà gli concede. Si torna allora a quel che si diceva in apertura dell’articolo, perché la pellicola argomenta questo essere fuori luogo del protagonista con un azzeccato mix di ironie amare e peripezie da melodramma storico (in aiuto anche l’estetica granulosa della fotografia, di Daniele Ciprì).
Allora è inevitabile non discutere il finale (ma senza anticipazioni), che questa ambiguità la risolve, la rende netta e fa capire dove penda davvero il film. E si capisce pure come a questo Dean venga concessa una generosità ben maggior di quanto in fondi meriti un individuo che con la sua ingenua arroganza arriva a colonizzare, ancora e solo quando non gli è rimasta alternativa, quel Paese in cui fu accolto da salvatore e in cui piantò – letteralmente – il suo seme.
Un finale in cui Dean fa l’ennesima scelta discutibile della sua vita, che fino a quel momento sembra perlomeno scontare. E che virtualmente, nel fuoricampo del fuori film di quella che è l’esistenza dopo le storie – che è la più importante di qualsiasi racconto: perché quella che non vediamo, che ci è dato solo ipotizzare – allunga la sua decisione a influenzare con esiti potenzialmente disastrosi la vita delle persone che gli stanno attorno e gli hanno concesso fiducia. Un ultimo gesto moralmente inaccettabile, che Hey Joe commenta in complicità come una redenzione e invece dovrebbe solo, fermamente, condannare.
Hey Joe sarà al cinema dal 28 novembre con Vision Distribution.