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Il buco 2: recensione del film di Galder Gaztelu-Urrutia su Netflix
Alessio Zuccari

Il buco - Capitolo 2: recensione del film di Galder Gaztelu-Urrutia su Netflix

Tags: Galder Gaztelu-Urrutia, Hovik Keuchkerian, Il Buco capitolo 2, Milena Smit, netflix
Il buco 2: recensione del film di Galder Gaztelu-Urrutia su Netflix
Il buco – Capitolo 2: recensione del film di Galder Gaztelu-Urrutia su Netflix

Il buco - Capitolo 2: recensione del film di Galder Gaztelu-Urrutia su Netflix

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Alessio Zuccari
Tags: Galder Gaztelu-Urrutia, Hovik Keuchkerian, Il Buco capitolo 2, Milena Smit, netflix

Arriva il secondo capitolo del fenomeno che uscì in streaming nel 2020. Bissa lo spettacolo?

Quando uscì nel 2020, Il buco fu un successo. Arrivò direttamente in streaming su Netflix, nel marzo dell’anno dello scoppio della pandemica da Covid-19. Giunse nelle case degli abbonati in un momento di triste ma propizia contingenza, con i lockdown che iniziavano a recludere forzatamente le persone in casa. Allora la storia di un gruppo di prigionieri rinchiusi in una distopica torre senza uscita e divisa per un’infinità di piani, per di più limitati nei rapporti interpersonali e costretti a razionare il cibo, non poteva che riecheggiare in maniera decisiva.

Il film di Galder Gaztelu-Urrutia era insomma sulla bocca di tutti quanti e divenne in breve un piccolo fenomeno della piattaforma. E quando le cose diventano un piccolo fenomeno, gira che ti rigira ecco che te le ritrovi di nuovo tra le mani. Non poteva quindi mancare Il buco – Capitolo 2, secondo capitolo diretto sempre da Gaztelu-Urrutia e scritto assieme a David Desola, Pedro Rivero e Egoitz Moreno. Un sequel che si scoprirà essere allo stesso tempo una sorta di spin-off parallelo, tra alcuni volti che ritornano ed esiti che si congiungono.

Anche qui si può fare la rivoluzione

Il buco 2: recensione del film di Galder Gaztelu-Urrutia su Netflix
Photo Credits: Netflix

Reclusi sullo stesso piano stavolta sono Perempuan (Milena Smit) e Zamiatin (Hovik Keuchkerian). Lei cerca assoluzione e tempo per riflettere su un qualcosa di cui è causa e che la tormenta, lui forse non è chi afferma di essere perché non sa nemmeno benissimo lui chi sia davvero. Le dinamiche che governano la Fossa – così gli inquilini chiamano la torre in cui sono bloccati – sono sempre le stesse. Ci sono 333 livelli con due prigionieri ciascuno che non possono né scendere né salire. A inizio mese si risvegliano arbitrariamente in un piano diverso, al quale una volta al giorno si ferma una piattaforma carica con tutto il cibo scelto da ciascun carcerato prima di entrare nella Fossa.

Vien da sé che chi sta più in alto ha più possibilità di mangiare di chi sta in basso, al quale spesso non arriva nulla. Ma ne Il buco – Capitolo 2 è stata messa in atto una “rivoluzione solidale”, così come la chiamano i membri che vi hanno aderito e si autodefiniscono Lealisti. Ogni prigioniero deve mangiare solo il proprio cibo, così che tutti possano riceverlo anche ai piani inferiori. Chi sta sopra controlla chi sta sotto. E se qualcuno sgarra, come spesso fanno i così denominati Barbari, verrà pacificato.

Il film di Gaztelu-Urrutia punta quindi su aggiornare le proprie coordinate giocando sulla simbologia rivoluzionaria, tra prigionieri francesi, soprannomi poco equivocabili (Robespierre) e governo della paura («Il terrore è il messaggio»). In quella che è di fatto una sorta di seconda fase (dell’esperimento? Della punizione?) successiva all’anarchia, c’è il tentativo di instaurazione di un modello autogestito e autogovernato, con nuove guardie, nuovi ladri e nuovi leader.

Prison movie eri e prison movie sarai

Il buco 2: recensione del film di Galder Gaztelu-Urrutia su Netflix
Photo Credits: Netflix

E per raccontarlo Il buco – Capitolo 2 si rafforza di una mitologia, di una narrazione interna della Fossa. Nascono le prime istituzioni sociali che fondano la propria costituzione sulle storie, sulle leggende, sugli eroi e sui messia, le cui gesta sono tramandate dai vecchi ai nuovi. Questo è forse l’elemento più interessante e riuscito del film, controbilanciato però da una natura più intimista, già come in parte avveniva con il primo capitolo, che invece è la componente più fragile e di minore respiro.

Gli spessori psicologici, ai quali eppure si continua lungo tutto il film a dare spazio tra flashback e allucinazioni, non hanno mai vero mordente. Dei perché e dei per come di Perempuan e Zamiatin interessa poco e si fatica in realtà anche a connotarli al di là dei cliché del peccato e del senso di colpa. Interessa, perché appunto resta centrale il meccanismo alla base del film, come Perempuan e Zamiatin si inseriscano nei movimenti dello scacchiere.

Da riconoscere, forse, c’è però una generale minore spinta della novità. Forse c’è anche decisamente meno quella inconscia incidenza con il periodo storico di cui si diceva all’inizio, ma Il buco – Capitolo 2 è privo della forza singolare che caratterizzava l’originale. Il suo è uno shock più artefatto e orientato al puro divertissement di genere (un prison movie distopico fatto e finito), già derivativo e con uno sguardo più limitato di quanto tenti di far credere in riferimento ai ragionamenti politico-sociali («Più in alto sei, più responsabilità hai») o all’esplodere della somministrazione della brutalità. Ci può stare. Ma sta e basta.

Il buco – Capitolo 2 è in streaming su Netflix dal 4 ottobre.

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