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Alessio Zuccari
Il gladiatore 2: recensione del film di Ridley Scott con Paul Mescal
Tags: Connie Nielsen, denzel washington, Il gladiatore 2, Joseph Quinn, paul mescal, pedro pascal, ridley scott
Cosa potersi aspettare dal sequel tardivo di un film iconico e che ha aperto il millennio cinematografico come Il gladiatore? Sembrava l’annuncio bislacco, in linea con l’interminabile riciclo d’idee in cui annaspa l’Hollywood delle saghe e delle proprietà intellettuali, accolto da un Ridley Scott che, a dispetto della sua classe 1937, di starsene fermo proprio non ne ha intenzione. Per lui, e per chi gli affida ancora progetti colossali e ultramilionari, l’età è davvero solo un numero. Certo, negli ultimi dieci anni ci sono scappati i passi falsi. Tutti i soldi del mondo, l’a dir poco bizzarro House of Gucci. Ma anche ottimi film come The Martian e The Last Duel.
Con Il gladiatore 2 non bisogna allora peccar per mancanza d’ambizione. Occorre solo capire dove convogliarla. Sarebbe a dire nel pensare, oggi, cosa possa essere un film epico d’ambientazione storica come questo. E cioè un’opera pensata a misura di star system, in cui far trovare con un gioco di prestigio produttivo le due maggiori esplosioni divistiche degli ultimi anni, Paul Mescal e Pedro Pascal, affiancati da un intramontabile veterano come Denzel Washington. Poi, certo, c’è da creare una connessione di volti e narrativa con quel genitore di 24 anni fa, attraverso il ritorno di Connie Nielsen, carezze alle spighe di grano e una storia che de Il gladiatore si fa prole.
In senso letterale. Perché il protagonista de Il gladiatore 2, il Lucio Vero (Mescal) di cui nonostante la sinossi dichiarata si scoprirà il nome solo a film inoltrato, è figlio del defunto Massimo Decimo Meridio di Russel Crowe e di Lucilla. Una verità nella pellicola originale solo accarezzata, che ora riemerge in seno alla coincidenza. Lucio Vero viene infatti preso prigioniero dall’esercito romano guidato dall’eccellente generale Marco Acacio (Pascal) quando questi attacca e sconfigge la capitale della Numidia per ordine dell’insaziabile sete di potere degli imperatori gemelli Geta (Joseph Quinn) e Caracalla (Fred Hechinger).
Qui Lucio Vero è cresciuto per oltre quindici anni senza contatti con la madre naturale, qui si è innamorato e qui, durante la battaglia che apre il film, ha perso la propria compagna. Nel momento in cui è arruolato nella scuderia di gladiatori del ricco mercante Macrino (Washington), coltiva allora il proprio desiderio di vendetta ambendo alla testa di Marco Acacio, che inoltre è marito di Lucilla.
La prima sostanziale, ma forse unica, differenza d’indirizzo de Il gladiatore 2 rispetto al predecessore sta proprio in questa costruzione della dinamica vendicativa. Massimo incrociava (e cambiava: per cortesia, non cerchiamo l’aderenza storica da queste parti) il corso degli eventi di Roma per placare un tormento individuale e poi abbandonarsi alla morte. La sceneggiatura del nuovo film, dopo Napoleon a firma ancora di David Scarpa, rende invece il percorso di Lucio Vero centrale per risollevare le sorti di un impero ammalato – lui è il ‘principe di Roma’ – e ne fa in sostanza da eroe riluttante a eroe designato per una sovversione e un riscatto sociale. In linea, insomma, sul come ragionare oggi una figura eroica: non sanguinaria, ma pacificatrice.
E se non è un ruolo simile il chiaro tentativo di consacrazione hollywoodiana di Paul Mescal, nient’altro potrebbe esserlo. Anche se del terzetto protagonista è quello che esce fuori in maniera più controllata, più dritta, più pensata al puro servizio narrativo del proprio personaggio. Pascal, dei tre con il minore minutaggio, ha invece il carisma sommesso del condottiero saggio e navigato, contrappunto cinematografico all’immagine da star piacente e premurosa. È però Washington il vertice alto del triangolo. Il più sbizzarrito e in forma del pacchetto d’interpreti, lasciato a briglia sciolta nell’impennare con carattere, estro e veleno la scalata politica del suo Macrino – personaggio realmente esistito, originario dell’Algeria, elevatosi imperatore per una manciata di mesi dopo i turbolenti regni di Geta e Caracalla.
Anche se a dire il vero appare leggermente affrettata, se non addirittura un poco confusa, l’accelerazione improvvisa che il racconto ha nel terzo atto. Qui Il gladiatore 2 segna un considerevole movimento in avanti nella sua storia di ambizioni personali che non si fa problemi a lavorare su colpi di scena e illustri rinunce in corso d’opera, dove è proprio Macrino ad avere più spazio di manovra e le maggiori svolte. La sensazione è che in questa sezione si sia lavorato in maniera considerevole durante la fase di montaggio, falciando sequenze sulle quasi due ore e mezza complessive. Non sarebbe una novità per Scott: del precedente Napoleon uscì poi una versione estesa su AppleTV con quasi un’ora aggiuntiva di girato, come pure sorte simile ebbe Le crociate del 2005, la cui director’s cut metteva a posto i pasticci della versione arrivata nelle sale.
Però Scott ci ricorda ancora, come se ce ne fosse realmente bisogno, cosa sia l’action e come lo si debba pensare a livello di ritmo e spettacolarità. Ottima la sequenza d’apertura con l’assalto della città in Numidia, ottimi gli scontri nel Colosseo dove si arriva a ricreare anche una battaglia navale. Con l’aiuto anche di un’effettistica visiva nel complesso centrata, nonostante alcune rese di creature (scimmie combattenti, rinoceronti) e scenari siano migliori di altri. Forse tutto ciò fa scalare l’impatto sulla presa emotiva del film, che si allenta un poco strada facendo e aprendosi a un’epica appunto meno intimista e individuale. Ne guadagna però l’affresco collettivo de Il gladiatore 2, che è ricco, vario e più complesso del previsto nello sviluppo delle sorti della Roma cinematografica più celebre.
Il gladiatore 2 sarà al cinema dal 14 novembre con Eagle Pictures.