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Alessio Zuccari
Il magico mondo di Harold: recensione del film con Zachary Levi
Tags: Carlos Saldanha, il magico mondo di harold, zachary levi
Acquistato, scritto, spostato più in là, rimandato, rovesciato da cima a fondo. Il magico mondo di Harold ha traslocato per decenni da scrivania a scrivania. Dell’adattamento cinematografico dell’omonimo libro illustrato per bambini di Crockett Johnson sembrava destinato a non uscirne fuori nulla. Ma ecco che dopo ripensamenti su ripensamenti, tra cui la decisione di traslare definitivamente da un’opera in animazione a un film a tecnica mista tra live action e cartoon, il veterano Carlos Saldanha (L’era glaciale 2 e 3, qui al suo debutto al lungo non animato) viene scelto in regia su un copione di David Guion e Michael Handelman.
La storia segue allora Harold (Zachary Levi), protagonista del suo mondo viola in due dimensioni dove tutto è possibile, che a un certo punto decide di aprire una porta sul mondo reale. Suo padre, che lui chiama “vecchio” (il narratore Alfred Molina), ha infatti smesso di parlare a lui e ai suoi due compagni d’avventura, Alce (Lil Rel Howery) e Porcospino (Tanya Reynolds, da Sex Education). Allora Harold si intestardisce di doverlo andare a cercare, seguito a ruota dai suoi amici. Ma i tre non hanno la più pallida idea di cosa sia lì ad aspettarli. Finiscono così per capitombolare in una realtà che ha le sue regole fisiche («Vicino, lontano, vicino, lontano. Tre dimensioni!» in una battuta carina del film) e relazionali, che scopriranno anche grazie all’aiuto del piccolo Mel (Benjamin Bottani) e della sua reticente madre Terri (Zooey Deschanel).
Settato ad altezza di fanciullo nei toni e nella traccia semplice (a tratti semplicistica) della sceneggiatura, Il magico mondo di Harold racconta insomma della possibilità mai sopita di vedere il candore di un’immaginazione spuria delle brutture del mondo – e dell’inesorabile avanzare dell’età adulta – far capolino nel momento in cui meno lo si attende. Harold è infatti portatore di un pastello viola con il quale può disegnare e realizzare qualsiasi cosa si desideri. Oggetto che diviene subito interesse di Gary (Jemaine Clement), librario infatuato di Terri e bloccato in una morbosa fantasia puberale da maschietto bavoso prossimo a sfociare nell’incel.
Il film di Saldanha punta tutto sullo spirito da vignetta e sulle gag di corpo, alle quali si presta soprattutto un Levi molto di faccette e di servizio, in un fare gigionesco debitore del gonfiore muscolare derivante da Shazam!. Anche contestualizzato al preciso target di riferimento de Il magico mondo di Harold, pensato in morale ultra positiva e omaggiante l’opera di Johnson, il film insegue comunque un’ironia e una creatività piuttosto basici. È un indirizzo estremamente funzionale ad arrivare in tempi brevi lì dove si vuole arrivare (siamo sull’ora e mezza scarsa), ma c’è anche la sensazione che ci si risparmi abbastanza sulla possibilità di creatività alla quale l’incredibile pastello viola di Harold potrebbe aprire.
Ad esempio, l’interazione tra mondo animato e mondo in live action è estremamente limitata e settorializzata. Ed ancora, ha senso che lo sia per l’approccio che il film sceglie di avere, ma è un’occasione sulla quale si poteva puntare maggiormente nei momenti in cui il protagonista crea le sue cose. Perché questi oggetti non sono in stile animato? Magari si sarebbe pure evitato l’utilizzo di un’effettistica visiva molto grossolana e posticcia. Il magico mondo di Harold è dunque un’opera dritta con le sue note di simpatia, dove lo spunto didattico-familiare è confezionato con il chiaro intento di non osare mai davvero per non rischiare di rompere le uova nel paniere di nessuno.
Il magico mondo di Harold è al cinema dal 12 settembre con Eagle Pictures.