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Il materiale emotivo: recensione del film di e con Sergio Castellitto
Tags: Il materiale emotivo, Matilda De Angelis, Sergio Castellitto
Sinossi di Il materiale emotivo:
Vincenzo (Sergio Castellitto) ? un libraio con un negozio nel cuore di Parigi e una figlia affetta da mutismo, nonch? costretta sulla sedie a rotelle. La sua vita avr? una scossa quando incontrer? una giovane attrice.
Ettore Scola ha diretto Sergio Castellitto due volte. ?Era il mio maestro? lo ricorda Castellitto, che dopo tanti anni davanti alla macchina da presa ? arrivato nel 2021 alla sua centesima pellicola da interprete e all?uscita del suo settimo lavoro da regista – e, ha suo dire, anche l?ultimo. La famiglia (1987) e Concorrenza sleale (2001) erano le opere che vedevano il cineasta romano dirigere uno degli attori italiani che, nel corso degli anni, ? diventato tra i pi? conosciuti e rinomati a livello mondiale. E che nell?approcciarsi ancora una volta all?arduo lavoro della regia decide di farlo affrontando di petto quel mito nostrano di Scola, padrino irraggiungibile di cui ? troppo pesante il confronto.
? su una graphic novel che Ettore Scola scrisse e che disegn? pensando a G?rard Depardieu e Massimo Troisi che Sergio Castellitto va lavorando affidando la sceneggiatura alla sua fida collaboratrice ? e moglie nella vita reale ? Margaret Mazzantini, accettando la sfida di dirigere su di un soggetto pensato da quel faro insostituibile del cinema italiano solamente a patto di poter anche stravolgere il testo di partenza. ? cos? che Un drago a forma di nuvola diventa per Castellitto il film Il materiale emotivo, storia di un libraio italiano in una Parigi riprodotta nello Studio Cinque di Cinecitt?, dove la cinematografia nostrana continua a riverberare nel famoso camerino appartenuto a Federico Fellini e affidato per l?occasione al regista-attore.
Un teatro di posa che d? alla citt? francese del protagonista quel senso di ricostruzione e miniatura che pone Il materiale emotivo a met? tra opera cinematografica e pi?ce teatrale, sottolineata dal mestiere nella pellicola della co-protagonista B?r?nice Bejo e dall?unico luogo casa-negozio dove l?uomo vive insieme alla figlia Albertine interpretata da Matilda De Angelis. E, ancor pi?, dall?aprirsi e chiudersi delle tende di un sipario. Inizio e fine di un racconto che vive tutto circoscritto nelle pieghe di un tempo sospeso sopra un palcoscenico, dove le esistenze dei personaggi vibrano solo quando sono di fronte al pubblico lasciando nel mistero ci? che avviene nel dietro le quinte.
Un?opera che ha alla base il racconto di uno storico regista italiano, ma che nelle sue rinnovate fattezze sotto l?animosit? di Sergio Castellitto si fa ben pi? commedia francese che dramma all?italiana, snaturando una certa carnalit? nostrana e lasciando le relazioni e i gesti dei personaggi a una dimensione parigina appartenente a una terra altra. Soluzione che intellettualizza di molto l?operazione compiuta da Castellitto-Mazzantini ? nonostante nella versione originale di Scola il protagonista di nome Pierre era in verit? proprio un parigino ?, che sceglie cos? di appropriarsi completamente di un testo che non avrebbe potuto lasciare invariato, legandolo a nuove e personali corde e ad un gusto che si avvicina molto allo spirito del suo nuovo autore.
Il materiale emotivo ? perci? la letteratura che si mescola al teatro, il cinema che si intinge di realt? e viceversa. Ma ? una bolla chiusa totalmente su se stessa quella in cui prende vita il film. Un racconto e una messinscena che non solo contengono in s? stilemi di certo cinema francese, ma al contempo presentano delle intenzioni che non sono fatte per il grande pubblico e rilegano la pellicola ad un?esperienza di nicchia, borghese e generazionalmente avanzata. Una pellicola che comunica ad uno spettatore preciso, che in quella surrealt? artistica, seppur a tratti molto ingenua, riesce a trovare una poeticit? forse ormai alla buona.
Quella che sembra rendere sofisticata la pellicola di Castellitto, ma che la relega in verit? a un altro tempo, a un?altra visione del cinema probabilmente passata e che pu? comunicare poco con un pubblico ampio d?oggi. Un?opera sul filone de La belle ?poque di Nicolas Bedos che, invece, quella commistione tra cinema e teatralit?, verit? e ricostruzione sapeva ricostruirla teneramente, egregiamente. Titolo che, a differenza de Il materiale emotivo, era in grado di far sognare tutti con pi? largo respiro, opera molto pi? autentica nelle messinscene ricreate dal suo protagonista che nell?esplorazione delle relazioni umane dei personaggi del film di Castellitto.
Con una scrittura cinematografica ormai passata, con un personaggio come quello di B?r?nice Bejo ormai appartenente a un altro spazio-tempo per cui ora diventa assai difficile apprezzarne le stravaganze forzate e le mitomanie pronunciate, Il materiale emotivo sa parlare a un determinato spettatore che vuole rifugiarsi in un cinema vecchio stampo che ben poco ha da spartire con il movimento narrativo contemporaneo. Un?opera che vive di sogni e pagine di libri, di finzione e sentimenti, ma rimanendo l? chiuso nella libreria del suo protagonista, distante come il vuoto che si crea tra pubblico e palco su cui si sviluppa la scena. Un mondo che appartiene a Sergio Castellitto e a pochi altri. E se fosse stato di Scola, forse, sarebbe stato patrimonio di tutti.