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Alessio Zuccari
FolleMente: recensione della nuova commedia di Paolo Genovese
Non è mai facile raccontare storie che sappiano trattare un tema delicato come quello del bullismo in modo intelligente, non predicatorio e, soprattutto, rispettoso. A maggior ragione quando la storia che si sceglie di raccontare è tratta da una vicenda reale come quella de Il ragazzo dai pantaloni rosa è necessario approcciare il tutto con una modalità che sappia toccare le corde giuste. Diretto da Margherita Ferri e ispirato alla reale vicenda di Andrea Spezzacatena, il film è interpretato da Claudia Pandolfi, Samuele Carrino, Sara Ciocca, Andrea Arru e Corrado Fortuna ed è un tributo e al contempo una denuncia ma, più di tutto, è una storia che desidera esaltare la vita e valori positivi che è necessario portare avanti.
Andrea (Samuele Carrino) è un ragazzo solare, brillante e intelligente. Ha un ottimo rapporto con la sua famiglia e stringe un forte legame con Sara (Sara Ciocca), tuttavia a scuola, a causa della sua bontà, è preso di mira dai bulli che, tra violenze verbali e psicologiche, lo accerchiano mettendolo all’angolo e facendolo sprofondare in una spirale da cui sembra impossibile uscire. Raccontato dalla voce dello stesso Andrea, che commenta le sue vicende dall’aldilà, il film riesce a essere delicato e puntuale nel modo in cui sceglie di trattare l’argomento del bullismo, alternando in modo coerente un tono spensierato – che ben si addice all’adolescenza, a un altro più opprimente che si presta di più a rendere le traumatiche esperienze vissute dal protagonista.
Nonostante tutto l’obiettivo de Il ragazzo dai pantaloni rosa è quello di esaltare la vita mettendo al centro la figura di un adolescente che, come tanti altri, ha creduto che non ci fosse via di scampo in un momento della vita in cui non si hanno ancora gli strumenti per superare ostacoli che sembrano insormontabili ma anche quello di attenzionare un problema sociale che riguarda da vicino tutti noi.
Possono un paio di pantaloni rossi, diventati rosa dopo un lavaggio sbagliato, cambiare per sempre la vita di un adolescente? A quanto pare sì perché in un’età in cui si dovrebbe ricordare ai ragazzi quanto sia fondamentale il rispetto e l’empatia, l’unicità viene ancora vista come qualcosa da prendere di mira, da schernire. Ecco quindi che il gesto del protagonista di indossare i pantaloni rosa del titolo è quasi rivoluzionario e sinonimo di maturità ma, agli occhi del branco, è totalmente spogliato di qualsiasi senso positivo perché è più facile appiccare sul prossimo l’ennesima etichetta – reale o presunta che sia, piuttosto che provare a comprendere e, magari, imparare a rispettare.
Ecco perché una storia come quella de Il ragazzo dai pantaloni rosa non è solo emotivamente toccante ma fa anche riflettere su quanto sia necessario riflettere ed educare le giovani generazioni a un’intelligenza emotiva capace di guardare oltre le apparenze. Noi vogliamo credere che un cambiamento possa esistere anche grazie a opere che scelgono di raccontare con coraggio storie come quella di Andrea.