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Joker: Folie à Deux: recensione del film di Todd Phillips
Alessio Zuccari

Venezia81 | Joker: Folie à Deux: recensione del film di Todd Phillips

Tags: Joaquin Phoenix, joker: folie à deux, lady gaga, todd phillips, Venezia81
Joker: Folie à Deux: recensione del film di Todd Phillips
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Alessio Zuccari
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Sembrava un sequel impossibile, ma con la giusta formula del musical. Peccato che il film con protagonisti Joaquin Phoenix e Lady Gaga non sia affatto un musical.

C’era un solo modo perché Joker: Folie à Deux potesse funzionare. Ed era il modo che ci è stato comunicato sin dal principio, cioè quello di tagliare con toni e modalità del primo film di Todd Phillips e inseguire altro. Per la precisione, il musical. Allora lascia sbigottiti come Joker: Folie à Deux del musical non riesca ad avere nemmeno la parvenza. Un azzardo promozionale presentare un’opera del genere nuovamente a Venezia, nuovamente in Concorso. Sarebbe potuta essere un’ideale apertura di festival (toccata quest’anno al gradevole Beetlejuice Beetlejuice), ma collocato nella competizione, dopo aver ottenuto con sorpresa il premio maggiore nel 2019, è una scelta che lascia a dir poco perplessità su perplessità.

Phillips, ancora in sceneggiatura assieme a Scott Silver, scrive un copione con qualche inserto musicato, qualche rarissimo momento con teatro e danza. Ma non vale davvero se tutto questo lo si relega in una incomprensibile via alternativa: da una parte c’è il dramma dell’Arthur Fleck di Joaquin Phoenix (proprio su quei toni con cui si voleva tagliare!), dall’altra i suoi balletti e le sue sinfonie. È una dichiarazione d’intenti chiara: a fare di questo sequel un musical vero e proprio non ci si crede davvero nemmeno per un istante.

Joker: Folie à Deux poteva essere rivoluzionario

Joker: Folie à Deux: recensione del film di Todd Phillips
Photo Credits: Warner Bros.

Non bastano di certo qualche cover e qualche moscissimo brano inserito qui e lì a far finta che Joker: Folie à Deux sia l’atto rivoluzionario in cui molti speravano, il numero due tanto coraggioso da volgere le spalle al pubblico di riferimento dei cinecomic e virare in uno dei generi cinematografici a quel pubblico più avverso. È davvero tutto sbagliato. È sbagliato il primo incontro con l’Harleen Quinzel di Lady Gaga, che arriva troppo presto. Così come c’è troppo presto l’interazione che quest’altra paziente di Arkham, l’istituto psichiatrico dov’è in cura Arthur, ha con l’oggetto del suo desiderio malato.

È sbagliata la gestione dei tempi con cui Phillips ci vuole far credere che questa infatuazione abbia messo radici nella psiche del protagonista, che su consiglio della sua avvocata (Catherine Keener) affronterà da lì a poco un processo per decretare se Arthur e Joker siano due personalità dentro la stessa mente. E si badi: è sbagliato anche il poco spazio d’interpretazione che si lascia perché si possa credere che questo rapporto sia solo un’impennata immaginifica dell’uomo, cosa che svilisce ancor di più la mancanza di sottigliezza nell’interazione tra lui e Harley. Il personaggio di Quinn in particolare è di un grossolano imperdonabile, senza peraltro un singolo momento d’esaltazione per l’abilità canora della sua interprete – unica intuizione di valore, che sia lei a muovere le fila.

Un sequel e un’operazione commerciale completamente sbagliati

Joker: Folie à Deux: recensione del film di Todd Phillips
Photo Credits: Warner Bros.

Incomprensibile come Joker: Folie à Deux non si abbandoni in tutto e per tutto nella tangente musicale, con una Hildur Guðnadóttir (premio Oscar alla Miglior soundtrack per il primo film) anzi quasi nascosta. Qui l’io spezzato e irreparabile di Fleck – del cui personaggio il film non aggiunge nulla se non un didascalismo – troverebbe perfetto slancio di colori, forme e deliri, con sfondo la crudezza di un Arkham che sarebbe ideale palcoscenico dell’insano tra dolori e abusi. In una delle prime immagini lo si suggerisce. La brutalità emerge in un paio di sequenze, con Arthur maltrattato e seviziato dai secondini e suoi aguzzini (tra cui Brendan Gleeson), poi quando Joker sale in cattedra. Se il clown è in scena è una presenza tonante che rende chiaro, lapalissiano come stia davvero tutto lì dentro il senso di Joker: Folie à Deux. E questa chiarezza lascia sviliti – noi, loro, il film e tutta la baracca che gli sta dietro – nel momento in cui è poi ripetutamente calciata nell’angolo, stipata sotto le tonnellate di un racconto d’amore e possesione inesistente e di una svolta infine quasi da courtroom drama.

Persino questa seconda porzione, pensata in tribunale, sarebbe il perfetto scenario da rovesciare e ricollocare cinematograficamente, per sfogare il Joker, Arthur o entrambi con il loro tormento confinante al delirio. Chi è da condannare, il Joker o Arthur? Chi è che la gente segue? Invece concede la misura di un’idea completamente errata del film il modo in cui all’interno di quest’aula ci sia in sostanza solo racconto (si vorrebbe) drammatico e verboso, privo, al di là di un singolo momento, del conflitto bipolare da urlare nel musical. Nonostante la scena sia un palcoscenico bell’e pronto!

Non si gioca insomma mai con il contesto, con l’attivazione dell’interiorità – che rimane interiore – nella proiezione sul mondo esteriore, tenuto sempre attentamente a distanza dalla possibilità del far deflagrare l’una nell’altra le due anime che rendono Joker: Folie à Deux ben più schizofrenico del suo protagonista. Sarebbe potuto essere un film spartiacque, come lo fu il primo nell’attuale era del cinema supereroistico. È soltanto una delle peggiori operazioni commerciali degli ultimi anni.

Joker: Folie à Deux sarà al cinema dal 2 ottobre con Warner Bros.

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