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RoFF19 | La casa degli sguardi, recensione del film d’esordio di Luca Zingaretti
Alessio Zuccari

RoFF19 | La casa degli sguardi, recensione del film d’esordio di Luca Zingaretti

Tags: festa del cinema di roma, Gianmarco Franchini, La casa degli sguardi, Luca Zingaretti, RoFF19
RoFF19 | La casa degli sguardi, recensione del film d’esordio di Luca Zingaretti
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Alessio Zuccari
Tags: festa del cinema di roma, Gianmarco Franchini, La casa degli sguardi, Luca Zingaretti, RoFF19

Il celebre attore italiano esordisce per la prima volta alla regia con un’opera delicata presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2024.

Per Luca Zingaretti è arrivato quel momento che spesso arriva per attori e attrici di lungo corso: l’esordio alla regia. Solo nel 2023 è toccato a Michele Riondino con Palazzina LAF, Margherita Buy con Volare, Micaela Ramazzotti con Felicità. Adesso il turno è allora dell’interprete che ha fatto la fortuna nel ruolo del commissario Montalbano, che si mette dietro la macchina da presa con La casa degli sguardi, presentato in anteprima nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma 2024

Un film di grande generosità ed empatia, scritto da Zingaretti assieme a Gloria Malatesta e Stefano Rulli, liberamente tratto dal romanzo omonimo di Daniele Mencarelli che esplora la storia del ventenne Marco (Gianmarco Franchini), ragazzo estremamente sensibile, aspirante poeta dannato sfasciato dall’abuso di alcol e dall’incapacità di sapersi identificare con un proprio posto nel mondo.

Un film di personaggi e rapporti

RoFF19 | La casa degli sguardi, recensione del film d’esordio di Luca Zingaretti
Photo Credits: Lucky Red

Il padre (lo stesso Zingaretti) con lui non sa più che fare. Quando lo riacchiappa per l’ennesima volta in ospedale, dopo un incidente in cui gli è andata bene e dove poteva andargli decisamente peggio, decide allora di trovargli un impiego. Così Marco inizia a lavorare come operatore delle pulizie per una cooperativa nell’ospedale Bambino Gesù di Roma. Un mestiere faticoso dove la fatica maggiore per il ragazzo non è pulire i bagni in condizioni pietose, quanto quella di costringersi a rientrare in una routine, in una griglia di vita che lo tenga lontano dal vortice autodistruttivo in cui si scaraventa da anni – presumibilmente dalla morte della madre. 

La sua nuova squadra di lavoro lo punzecchia e gli dà del raccomandato – qui La casa degli sguardi affianca un po’ anche l’idea di un cinema sociale, di altezza popolare grazie anche alla sua natura verace e romana –, ma lo accoglie come parte del gruppo nonostante Marco continui a mettercela davvero tutta per sfiancare la pazienza del capo (Federico Tocci). Questo qui è infatti un film soprattutto di ottimi personaggi (anche Chiara Celotto, Alessio Moneta, Riccardo Lai), che contornano in peculiarità e profonda umanità un racconto che si poggia interamente sui rapporti e sulla estenuante difficoltà che comporta il mantenerli. Un’amicizia, una conoscenza, persino una relazione familiare costa fatica. Soprattutto nelle situazioni di estrema spigolosità come quelle in cui costringe, e si costringe, Marco.

L’accorto lavoro sulle vicinanze

RoFF19 | La casa degli sguardi, recensione del film d’esordio di Luca Zingaretti
Photo Credits: Lucky Red

E nel lavorare con questi personaggi, La casa degli sguardi è un’opera capace di svestirsi di qualsiasi sovrastruttura e isterismo recitativo. Basti pensare a un momento come quello, bellissimo, di una delle prime chiacchierate a tavola tra Marco e suo padre, dove quest’ultimo mette sul banco la necessità per il figlio di cambiare rotta. Con un Zingaretti che si pensa, nel rapporto che lo lega al personaggio di Franchini (anche lui ottimo, con un volto fatto per stare nell’inquadratura), in un’interpretazione di un’onestà disarmante, a un metro dalla rassegnazione eppure con in bocca ancora, e sempre, una grande gentilezza paterna.

La pellicola dura forse un po’ troppo, cosa che fa indugiare la sceneggiatura in eccessivi giri a vuoto nel ribadire la condizione del protagonista e la sua cronica incapacità di uscirne fuori per davvero. Così come utilizza una regia piuttosto scolastica e orientata a una grande leggibilità, figlia probabilmente della tecnica RAI (dopotutto Zingaretti da lì proviene), che cede in qualche leziosità emotiva con la sottolineatura drammatica del pianoforte in colonna musicale. 

Sono però cose tutto sommato di relativo conto per un film accorto nei dettagli, nel lavoro sulla ricerca continua di vicinanze (fisiche, sentimentali), capace di schiudersi genuino di fronte alle piccole gioie e a commuoversi nei dolori. Un plauso poi per il finale, esito dolceamaro, dove non si chiude l’arco con la consolazione di una risoluzione netta e rassicurante a un qualcosa, ma muove verso l’accesso a una maggiore consapevolezza della propria condizione, a una constatazione della presenza del dolore da cui ripartire, in solidarietà, per affrontarlo anche nel domani.

La casa degli sguardi sarà al cinema con Lucky Red.

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