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La Stranezza Recensione
Martina Barone

La Stranezza, recensione del film con Toni Servillo, Ficarra e Picone

Tags: ficarra e picone, la stranezza, la stranezza recensione, Roberto Andò, toni servillo
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La Stranezza, recensione del film con Toni Servillo, Ficarra e Picone

Tags: ficarra e picone, la stranezza, la stranezza recensione, Roberto Andò, toni servillo

Roberto Andò dirige un trio inedito in La Stranezza: Toni Servillo, Ficarra e Picone portano in scena realtà, finzione, poetica e teatro in un film sul processo creativo e sulle ispirazioni di Luigi Pirandello.

Cosa fare quando si ha una stranezza che ci pervade. Pirandello ha tramutato quel suo sentimento, quelle sue fantasie sparse, confuse, ma già geniali in materiale da trasformare ponendolo in divenire e portandolo fino alla realizzazione dei suoi Sei personaggi in cerca di autore. La sensazione di una creazione artistica che nasce dall’interiorità di un poeta e che riversa immaginazione e inquietudini in un’opera che se prima venne disprezzata, diventò da lì a breve capolavoro mondiale.

Ma è stata quella stranezza prima, confusa e raminga, a portare lo scrittore ad addentrarsi nella propria psiche e nella sua analisi tramutata in arte. E che è materia da cui Roberto Andò decide di partire per mettere in scena incontri peculiari come quelli del suo film incentrato sull’autore.

Un dramma comico originale

Il primo scambio di La Stranezza è quello tra il suo Luigi Pirandello e due teatranti becchini in una Sicilia dell’entroterra che assorbe la sua linfa dal cuore natio, dalla lingua dialettale, dalle chiacchiere paesane di piccoli circoli umani in cui la vita vera diventa lo spettacolo da rappresentare sul palco tutti i giorni. Quella realtà fatta di amanti nascosti, “giuoco delle parti”, di corruzione comunale e pettegolezzi familiari che alimentano esistenza, arte e territorio e che si compenetrano vicendevolmente. Ad aggiungersi è poi l’interazione di un Toni Servillo che interpreta il ruolo di quel Luigi Pirandello in cerca di ispirazione – o meglio, nel disperato tentativo di trovare in mezzo a quest’ultima un ordine -, il quale si imbatte nella genuinità anche recitativa del duo Ficarra e Picone, inediti nella loro prima commedia che richiama totalmente la vita e tocca, proprio per questo, i toni del dramma.

Nell’insolenza di aver voluto contaminare insieme il cinema solitamente alto di Servillo con l’anima popolare della coppia comica, Roberto Andò compie quella stranezza definitiva che contribuisce all’esaltazione dell’opera, che ne incensa la fattezza che aspira ad essere aulica, riabbassando le intenzioni così da renderla, facendo buona cosa, fruibile per tutti. Una scommessa di cui il regista e sceneggiatore può dirsi trionfante visto che racchiude nella sua sola scelta di casting l’intenzione medesima contenuta all’interno della pellicola. Quella di mostrare come l’estro del suo Luigi Pirandello, presenza di quello che fu l’autore reale e perciò portatore di tutti i suoi significati, era perfettamente abbinabile e influenzabile come quello degli impresari funebri. E di come dalla semplicità mostrata da quei due paesani potesse scaturirsi la più alta forma di arte.

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Foto: Medusa Film

La Stranezza diventa perciò mescolanza di quanti più strati e sotto strati Andò è riuscito a far conciliare, alzando il sipario sul talento della coppia comica che diventa duo feticcio tanto per Pirandello, quanto per il regista. La mise-en-scène adotta il medesimo umore dei personaggi e delle ambientazioni finemente ricreate, alternando spauracchi ironici in un tessuto che si fa melodramma anche al cinema, diventando eco di opere che dopo essere state riprodotte su di un palcoscenico si estendono fino ai meandri del cinema, farcendolo di quell’aria surreale e a tratti mistica che il teatro può generare.

Ed è sul finale che la coincidenza tra realtà e finzione raggiunge i punti massimi di La Stranezza. In cui diventa così evidente la strada su Andò immette il pubblico, facendoli giungere fin su quel crinale che diventa invisibile, rendendo impossibile poter vedere la demarcazione tra i due universi. Dove non può più distinguersi il vero dall’immaginifico, ciò che c’è di materiale e ciò che possiamo anche solo pensare, vedendo come è sostenendosi reciprocamente che l’arte e la vita possono andare avanti, tanto se si è dei becchini appassionati di teatro o uno dei suoi più elevati esponenti. Un film che lascia proprio la giusta stranezza, quella che è bello quando ti prende in una sala, che sia teatrale o cinematografica, e non ti lascia nemmeno all’uscita. 

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