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Maria di Pablo Larraín: cosa sappiamo del film in Concorso a Venezia81
Alessio Zuccari

Venezia81 | Maria: recensione del film di Pablo Larraín

Tags: Alba Rohrwacher, ANGELINA JOLIE, Maria, pierfrancesco favino
Maria di Pablo Larraín: cosa sappiamo del film in Concorso a Venezia81
Venezia81 | Maria: recensione del film di Pablo Larraín

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Alessio Zuccari
Tags: Alba Rohrwacher, ANGELINA JOLIE, Maria, pierfrancesco favino

Il regista cileno racconta con un nuovo ritratto al femminile la soprano Maria Callas. Nel ruolo della protagonista una grandiosa Angelina Jolie.

Undici film, cinque biografie, tre ritratti di donna. Pablo Larraín arriva al Festival di Venezia 2024 a distanza di solo un anno dal suo precedente lavoro, El Conde (che sì, noi abbiamo conteggiato tra le biografie: quella di un Augusto Pinochet vampiro), e in Concorso porta Maria. Che è anche la Callas, che è anche la Divina. Il regista cileno sceglie ancora di raccontare una figura iconica del Novecento, tripartita attraverso i dolori, gli spettri e il passato che volteggiano nella sceneggiatura scritta da Steven Knight, che aveva già collaborato con Larraín in occasione di Spencer.

Ed è impossibile non tracciare immediatamente un perimetro che contiene al suo interno Maria e proprio Spencer, accomunati dallo sguardo infestato attraverso cui i due film commentano le fratture nell’anima della grande cantante lirica e di Lady Diana. L’espediente utilizzato dal film è a metà tra quello della confidenza e quello dell’intervista che il regista aveva invece già sfruttato in Jackie, terzo polo ideale del trittico, ma declinato in un allucinatorio in cui Callas (Angelina Jolie) ripercorre i tratti salienti di una discussione-soliloquio con un giornalista che è proiezione dei farmaci di cui abusa (Kodi Smith-McPhee).

Ancora fantasmi nelle biografie di Larraín

Maria: recensione del film di Pablo Larraín
Photo Credits: 01 Distribution

È infatti il settembre del 1977, la cantante è nell’appartamento di Parigi e sono i suoi ultimi giorni di vita. Levita nella regalità di lussuose stanze, mausoleo alle vestigia del passato, nelle quali la fu Divina si fonde e si confonde sotto l’attenta custodia e il generoso affetto del maggiordomo (Pierfrancesco Favino) e della domestica (Alba Rorhwacher). Ma queste sono mura abitate anche dai fantasmi, che visitano Maria e la trascinano indietro, e a fondo, nel fiume di una vita che il regista ci mette davanti come se fosse frammentata in inserti che celebrano la grandezza di una volta.

Mentre Maria insegue la voce di Callas che a 53 anni non ha più, fanno capolino i momenti più alti e quelli più bassi, così come tormentati amori, il magnate greco-argentino Aristotele Onassis (Haluk Bilginer), e incroci all’ombra della Storia – nel faccia a faccia con John Fitzgerald Kennedy continua la destrutturazione del mito dopo Blonde di Andrew Dominik, tra apprezzamenti viscidi, passioni extraconiugali (anche quella vociferata proprio con Monroe) e la distanza dalla sua moglie Jackie, futura consorte di Onassis, che non compare mai, ma che aleggia a ribadire il filo rosso che attraversa la trilogia di ritratti al femminile del regista.

È evidente poi che Larraín attinga da se stesso, in parte si ripeta e che in una certa maniera riconfiguri lo stesso approccio onirico e febbrile di Spencer. Gli splendidi bagni di luce e le ombre di Edward Lachman, già direttore della fotografia candidata agli Oscar di El Conde, ne sono un chiaro esempio, utilizzati come un ponte sospeso tra il mondo dei vivi e il regno dei morti. Eppure non si può sminuire l’incredibile eleganza con cui il cineasta descrive e colloca nello spazio la sua protagonista, vestita in meravigliosi costumi capaci di commentare stati d’animo e statura, frutto del lavoro di un Massimo Cantini Parrini già proiettato con un piede (si spera; ma si reclama anche) in quella che sarà la futura stagione dei premi hollywoodiani.

Angelina Jolie: la Divina

Maria: recensione del film di Pablo Larraín
Photo Credits: 01 Distribution

Poi non c’è troppo da girarci intorno: se Maria trova fierezza nella dolenza, la trova con la grande performance di Angelina Jolie. L’attrice statunitense torna infatti in un ruolo da Primadonna Assoluta che ne riconferma finalmente la statura da diva, che le mancava in sostanza dal 2008, anno del Changeling di Clint Eastwood. Larraín la ama, la vede e le dona dei primi piani di immensa intensità, così come dei profili da fare invidia a tre quarti dello star system contemporaneo e soprattutto perfetti nel descrivere l’aura di una creatura fuori dal comune ma affogata nel declino.

Forse nel suo non essere apertamente orrorifico come Spencer o cupo come Jackie, e forse anche nell’arrivare come sintesi di entrambi, Maria non fa sanguinare di emozione. Avrebbe potuto cogliere alcune occasioni in più, come un mancato perfetto finale, stilettata in crescendo alla quale se ne accoda un ben più didascalico secondo. Questo qui è tuttavia un film formalmente impeccabile, opera rigorosa di un regista del quale si può magari continuare a preferire il percorso di carriera stabilito in patria, ma a cui non si può imputare di non conoscere a fondo l’arte e il mestiere.

Maria sarà al cinema distribuito da 01 Distribution.

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