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MaXXXine: recensione del nuovo film della trilogia con Mia Goth
Alessio Zuccari

MaXXXine: recensione del nuovo film della trilogia con Mia Goth

Tags: MaXXXine, Mia Goth, Ti West
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Alessio Zuccari

MaXXXine: recensione del nuovo film della trilogia con Mia Goth

Tags: MaXXXine, Mia Goth, Ti West

Ti West arriva al cinema con il terzo, e decisamente più debole, appuntamento della sua saga incentrata sul personaggio di Maxine Minx.

Il sodalizio artistico tra il regista Ti West e l’attrice Mia Goth è tra i più gustosi degli ultimi anni. Insieme si sono inventati un microcosmo horror retrò, patinato nel vintage e nell’ammiccamento cinefilo. C’è poco da contestare: ha funzionato. X – A Sexy Horror Story è stato l’apripista che ha fatto il rovescio del cinema slasher, tra ironia di chi la sa lunga sul tema e personaggi niente male. Pearl (qui la nostra recensione), un prequel, era invece tagliato su misura della sua protagonista, una Goth che ha partecipato anche alla sceneggiatura e si mangiava il film con una performance folle e già iconica. Il compito di chiudere la trilogia cade allora in braccio a MaXXXine, sequel diretto di X – A Sexy Horror Story che sprofonda nel lato B della Hollywood del 1985.

Una Hollywood per cui morire

MaXXXine: recensione del nuovo film della trilogia con Mia Goth
Photo Credits: Lucky Red

Una città, Los Angeles, piena zeppa di studios sempre in fermento e in cerca del prossimo colpaccio al botteghino, di festini notturni nelle ville in collina e di serial killer a piede libero. Uno spazio per lo più degradato e degradante che Maxine Minx (Goth) impatta con la scorza della final girl fatta e finita. La sua fama la precede tra sguardi bavosi: è diventata una piccola star, ma dei film per adulti. Vuol dire che per campare deve comunque fare tre lavori mentre tenta di ottenere una parte in un film “vero”, in una delle tante produzioni tritacarne con set vero, troupe vera, storia vera, regista vero.

Tra le mani le capita la chance di lavorare con la rampante cineasta Elizabeth Bender (Elizabeth Debicki, altissima, fierissima, ma colpevolmente sottoutilizzata), alle prese con un sequel horror ma d’autore, La puritana II. Mentre accarezza da vicino la sua grande opportunità, Maxine finisce però anche al centro delle attenzioni morbose di un assassino in impermeabile nero che stringe il cerchio attorno a lei. L’intreccio, nella sua estrema semplicità, è in linea con quanto offerto in passato. Quello che stupisce, ma stavolta davvero in negativo, è come West, che scrive e dirige, non sembri mai in grado di mettere in funzione la consapevolezza cinematografica che tanto animava i due capitoli precedenti.

MaXXXine è un film inerte. È un materiale immobile. Non si intende solo dal punto di vista drammaturgico, un aspetto in cui eppure mostra ripetutamente il fianco. I torbidi interessi di cui Maxine finisce oggetto scansano infatti di lato l’aspetto orrorifico (rimane un po’ di splatter e gore) e scadono quasi in un thriller hard boiled di seconda mano e pasticciato. In apparenza parte in omaggio al genere, tra impomatati agenti del mondo dello spettacolo (Giancarlo Esposito), investigatori privati (Kevin Bacon) e detective (Michelle Monaghan e Bobby Cannavale). Salvo farsi poi una caccia del gatto e del topo in cui Maxine reagisce e sovverte i paradigmi, ma con una tale mosceria, con una fiacchezza e impalpabilità che pare impossibile essere questo il terzo appuntamento di una trilogia sprintosa e inventiva nella sua mai pavida efferatezza.

Una chiusura della trilogia che scivola sul palcoscenico

MaXXXine: recensione del nuovo film della trilogia con Mia Goth
Photo Credits: Lucky Red

Ecco, MaXXXine è materia fredda non solo per tutto ciò. Che a dire il vero è già una bella fetta di sbadiglio. Ma anche, e in una certa misura soprattutto, per la mancata attivazione dei discorsi che X – A Sexy Horror Story e in minore portato Pearl mescolavano nell’incontro tra cinefilia e intrattenimento. Sia chiaro, anche prima non è che ci fosse chissà quale volontà raffinata. Le riflessioni sul genere, sugli archetipi, sulle strutture erano a grana grossa, ben evidenti nel fare il paio con un desiderio di giocare assieme alla storia del cinema e alle sue infinite possibilità di riconfigurazione e rovesciamento. Comunque, in ogni caso, lo si faceva e si rendeva accattivante il lavoro sui formati d’epoca, sulla pasta della pellicola, sulle forme del racconto.

Questo in MaXXXine manca praticamente del tutto. È un film che resta incasellato nella fascinazione di West per il medium e l’immaginario, evocati con pigrizia in una rapsodia di elementi che finiscono presto a formare una cornice necrotica. Al suo interno tutto è schiacciato, compresso, imbastardito. In un primo momento pare che il film voglia instaurare un ponte tra la vita da film di Maxine e i film stessi, una mescolanza in vertigine tra finzione e reale, evocando l’idea di sopravvivenza che dipende da un ruolo, da una pellicola, dal cinema stesso.

Le fa addirittura attraversare gli spazi fisici di quel cinema, percorrere i set che la conducono a riferimenti popolari come il Bates Motel di Psycho. Ma è un ammiccamento, una strizzata d’occhio che svela poi, abbastanza in fretta, il vuoto d’idee di MaXXXine, sostenuto solo in facciata proprio come la casa di Norman Bates è all’interno sostenuta solo da un mucchio di impalcature. Un peccato, perché con questo terzo film Ti West scivola sul palcoscenico e non va a sugellare un percorso, bensì a svilirlo e vanificarlo lasciandolo vittima del meccanismo, del suo approccio in replica alle storie e agli sguardi.

MaXXXine sarà al cinema dal 21 agosto con Lucky Red.

Guarda il trailer italiano di MaXXXine:

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