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Megalopolis: recensione del film impossibile di Francis Ford Coppola
Alessio Zuccari

Megalopolis: recensione del film impossibile di Francis Ford Coppola

Tags: adam driver, Francis Ford Coppola, Megalopolis, Nathalie Emmanuel, RoFF19
Megalopolis: recensione del film impossibile di Francis Ford Coppola
Megalopolis: recensione del film impossibile di Francis Ford Coppola

Megalopolis: recensione del film impossibile di Francis Ford Coppola

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Alessio Zuccari
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Presentato in anteprima a Cannes e poi come preapertura della Festa del Cinema di Roma e Alice nella città, l’ultima opera del regista statunitense è ancora una volta bigger than life.

Quando i sogni durano troppo, si fanno travagliati. E capita che diventino incubi. Accade a Cesar Catilina, il geniale architetto interpretato da Adam Driver in Megalopolis, creatore del Megalon, materiale futuristico con il quale vuole rivoluzionare il suo mondo. Accade a Francis Ford Coppola, che questo film lo insegue da cinquant’anni e ne ha fatto ossessione di vita in una vita già costellata da ossessioni. Il regista è riuscito a completarlo e presentarlo al Festival di Cannes solo da ottantacinquenne, dopo averci investito di tasca propria, con la sua American Zoetrope, cifre superiori ai 120 milioni di dollari nelle a lungo decantate e turbolente vicende produttive.

C’è da essere chiari sin da subito, queste difficoltà si vedono tutte. Megalopolis è un cantiere aperto e mai chiuso, come la città immaginata da Catilina. Il momento prima sembra che ogni tassello stia per convergere al posto giusto, quello dopo si rovescia il tavolo e l’impalcatura è smentita. Cosa che nella resa del film si traduce nella costante sensazione di essere di fronte prima a sequenze scenografate, coreografate ed elaborate con effettistica visiva, con quelle immediatamente successive invece girate quasi corsare per le strade di una New York che nel mondo alternativo dell’opera si chiama New Rome, prive quasi di lavoro estetico, comparse, costumi. Risaputo è come il team artistico e degli effetti visivi siano state tra le più significative defezioni durante la lavorazione. E ancora, in concerto a questa precarietà, ci sono errori di continuità narrativa, incertezze di montaggio, balzi logici.

Una precarietà cinematografica in promessa di grandezza

Megalopolis: recensione del film impossibile di Francis Ford Coppola
Photo Credits: Eagle Pictures

Non facciamo finta che tutto ciò non importi: in un film, tutto ciò, importa eccome. Anche se quel film porta il nome di Francis Ford Coppola. Eppure questa dimensione di perenne incompiutezza della forma si sviluppa quasi in accordo alla sostanza del mondo derelitto e corrotto da potere ed edonismi che Coppola immagina. Una città che è sineddoche di una società tutta (come già la scelse Charlie Kaufman a imitazione impossibile della vita nel suo Synecdoche, New York), governata da famiglie patrizie sul modello dell’antica Roma repubblicana.

Anche Catilina è un nobile, a capo del dipartimento urbanistico chiamato Autorità di Progetto, e brama una metropoli plastica e fluida, che sia al passo con la complessità del reale che attende nel futuro e quindi basata a partire del suo Megalon, che gli è valso il Premio Nobel. A contrastarlo c’è però il sindaco conservatore Franklyn Cicerone (Giancarlo Esposito), che accusa il Megalon di essere instabile e appoggia gli interessi di palazzinari che credono in monoliti di acciaio e cemento. Ma sua figlia Julia (Nathalie Emmanuel) resta incantata da Catilina e inizia con lui una relazione, mentre tutto attorno danzano le allegorie dei poteri economici (il banchiere Crasso III di Jon Voight), dell’informazione (la Wow Platinum di Aubrey Plaza), della propaganda (l’ingestibile Clodio di Shia LaBeouf).

Megalopolis restituisce allora la sensazione di essere sempre in procinto di avere un’idea potenzialmente grandiosa. Fosse solo un’immagine, fosse solo un’azione. Però poi ciò è negato nell’attimo successivo, dall’incertezza di un racconto che aspira così apertamente al geniale da dimenticare talvolta gli assiomi e la grammatica più fondamentali. Dentro ci sono tutti i tormenti di un Coppola anziano, in una mescolanza inscindibile tra la visione del proprio privato e la visione del mondo che si affaccia fuori dalla finestra – sua o dell’appartamento in cima al grattacielo dove abita Catilina?

C’è ancora una volta il tema della scomparsa di un amore che resta a infestare la vita – quella del figlio Gian-Carlo, affrontata in maniera esorcistica già nel precedente Twixt. Così come la consapevolezza dell’essere a «corto di tempo», che Coppola come il protagonista può tornare a fermare solo nell’artificio della tecnica (cinematografica), a manipolare e incastonare nell’eterno attraverso un materiale sensibile e capace di mutare con e nel tempo stesso (l’immagine in movimento). Nonostante anche, e oltre, la sua inaffidabilità – Clodio falsificherà delle immagini per andare contro Catilina.

Un compromesso aristocratico

Megalopolis: recensione del film impossibile di Francis Ford Coppola
Photo Credits: Eagle Pictures

È innegabile, trovarsi di fronte a un diario testamentale simile è tremendamente affascinante, nonché a suo modo commovente. Resta tuttavia viva l’ambiguità della visione con cui l’autore statunitense osserva tutto ciò, con cui filtra ieri, oggi e domani. Se vogliamo riconoscere a Coppola il peso specifico del suo pensiero, non ci si può esimere dal porlo in questione. Qualche grattacapo lo crea, oggi, la fiducia ostinata di Coppola nei confronti della tecnica ma solo se nelle mani di illuminati ermetici, reclusi nell’alta torre e distanti da quel mondo che affermano di voler plasmare per il bene dell’umanità.

Quella di Megalopolis è, in sostanza, la storia di una nuova aristocrazia (quella dei magnati dell’economia, delle industrie, dei tech-bro come Musk o Zuckerberg) che allo schiantarsi, letterale, dell’utopia comunista («Le utopie servono a farsi domande, non a dare soluzioni» dirà Catilina) attraversano il sogno capitalista e arrivano a una turbolenta sintesi del giorno dopo. Ma questi nuovi optimes non sono altro che ancora loro, autoeletti e riscopertisi tali a seguito di un esclusivo e non poco problematico compromesso tra patrizi. Il popolo è solo popolino, becero, condizionabile, che Coppola arriva a interpellare in virtù dell’aggregamento a gregge attorno alle fandonie del rampollo propagandista Clodio.

Al di là di tutto, solo una fiaba?

Megalopolis: recensione del film impossibile di Francis Ford Coppola
Photo Credis: Eagle Pictures

Ecco, nell’arrivare dove vuole arrivare il regista, faticando nell’intemperie di un’opera funestata dalla sua ambizione mai sorretta da un’adeguata impalcatura produttiva e le cui difficoltà si è detto, è difficile assecondare fino in fondo la bontà di slancio al futuro quando è immaginato così sfacciatamente elitario. È tutta qui la stima che Coppola, che ha vissuto la seconda metà del Novecento e buona parte della prima dei Duemila, e quindi le ideologie e la loro caduta, ha da riservare alla collettività ribollente che abita questo pianeta? Sarebbe tentati anche di dargli ragione, a guardare come le nazioni di mezzo mondo stiano scegliendo come loro guide tutto tranne che optimes.

Fascinazione di un discorso e di un esito a cui il film va incontro e che però non risolve davvero l’ipertrofia di quella che di Coppola è l’opera omnia, per intenzioni riflessive e percorso. Ma forse, in fondo, come recitano i titoli di testa, quella di Megalopolis non è altro che una fiaba. Alta, espansa, sghemba, vitale, fragile, gioiosa, intristita. Anche miope, parziale, manchevole. Non c’è da affidarle le chiavi del destino, solo il riconoscimento a una testimonianza che si dichiara ancora una volta, nonostante tutto.

Megalopolis sarà al cinema dal 16 ottobre con Eagle Pictures.

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