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RoFF19 | Modì - Tre giorni sulle ali della follia, recensione del film di Johnny Depp
Alessio Zuccari

RoFF19 | Modì - Tre giorni sulle ali della follia, recensione del film di Johnny Depp

Tags: festa del cinema di roma, johnny depp, Modì - Tre giorni sulle ali della follia, riccardo scamarcio, RoFF19
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RoFF19 | Modì - Tre giorni sulle ali della follia, recensione del film di Johnny Depp

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Riccardo Scamarcio è protagonista del secondo film da regista di Depp, presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma 2024.

Viene lecito chiedersi quanto Johnny Depp specchi di se stesso, del suo vissuto e della sua percezione in Modì – Tre giorni sulle ali della follia. Anche se questo film, presentato in anteprima italiana nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma 2024, gira come idea da più di quarant’anni. Fortemente voluto da Al Pacino, che lo ha proposto nel corso dei decenni persino a Francis Ford Coppola, poi Martin Scorsese. Con la volontà in seguito di dirigerlo di lui, con Depp protagonista. E quindi ancora, infine, con la decisione di affidare il progetto a Depp stesso, che torna dietro la macchina da presa dopo quasi trent’anni da Il coraggioso, del 1997. 

Nel mezzo, per il regista, tanto successo e gli ultimi turbolenti anni di carriera, frenata e macchiata da una vita privata fatta di scandali e difficoltà. Due citazioni in particolare dalla sceneggiatura del film, adattata per mano di Jerzy e Mary Kromolowski dalla pièce Modigliani di Dennis McIntyre, creano l’idea del doppio: “Non uccidere l’artista!” e “Non è rimasto niente da giudicare”. Uomini e arte: accoppiata spesso da brividi.

Non si comanda all’artista

Modì – Tre giorni sulle ali della follia

Come in fondo lo è stata la vita di Antonio Modigliani, pittore e scultore italiano morto a soli trentacinque anni di meningite turbercolare e che Modì – Tre giorni sulle ali della follia coglie in settantadue ore di fuoco e frenesie. Non un biopic classico, insomma. Ma uno scorcio allucinato per le strade di una Parigi sotto assedio dell’artiglieria tedesca durante il periodo della Prima guerra mondiale, che il Modì interpretato da Riccardo Scamarcio percorre carambolando da una parte all’altra, finendo in risse, ubriacandosi, drogandosi, incontrando amici, nemici, amanti. 

Un po’ screwball comedy, un po’ dramma bohème. Ma pure un po’ Paura e delirio a Las Vegas, un po’ Jack Sparrow. Soprattutto nelle movenze di Scamarcio, imprevedibili, giullaresche, così come nelle musiche di Sacha Puttnam e Steve McLaughlin che le sottolineano. Un andamento del protagonista, e del film con lui, che svela la ricerca costante di una sintesi tra il basso, anzi il bassissimo, e l’alto, l’aulico – “art, fart”. Tra lo sporco, il puzzo, il grottesco e tutto quello che gli sta poi accanto. Che sarebbe una pennellata, o un colpo di scalpello, destinati a rimanere nella storia dell’arte.

La ricerca quindi di una traccia che discuta l’assenza di un filtro intermedio, di un’educazione che metta in norma il genio. Che lo regolarizzi, gli conferisca camice e brevetto. Insomma, quella solita faccenda lì: all’artista non si comanda mai per davvero. Una riflessione che Modì – Tre giorni sulle ali della follia insegue proprio con tutte le sue forze e che non aggiunge poi molto alla trattazione stereotipata del genio creativo.

Un film schizofrenico e inafferrabile

Modì – Tre giorni sulle ali della follia, recensione film Johnny Depp
Photo Credits: Be Water Film

Quantomeno la direzione che il regista infonde a questa storia non-storia azzecca l’intuizione dell’inafferrabilità del tono. Un momento prima inacidito dai fumi dell’alcol che Modigliani consuma con i suoi due sodali, i pittori Utrillo (Bruno Gouery) e Soutine (Rian McParland), o dall’amore e dalle stilettate che si tira con tutti gli altri comprimari – la musa Beatrice Hastings (Antonia Desplat), la locandiera (Luisa Ranieri), il mercante (Stephen Graham), il collezionista (lo stesso Al Pacino). Un momento dopo colto nei presagi di morte – Modì ai tempi era già malato – o nel silenzio di una contemplazione.

Una schizofrenia tuttavia sparata talmente in alto da farla scivolare fuori dalla presa di Depp, da farla schizzare in un turbinio inclassificabile dove interpretazione dei ruoli e delle scene partono ben oltre la tangente. Persino oltre l’anarchia interna che il regista pare voglia infondere in questo o quel determinato momento.

Una scompostezza che è, se vogliamo, il fascino di un’opera di grandi imperfezioni e caratterizzata a un racconto che di Modigliani in fondo dice poco. Che non ne commenta per davvero pensiero artistico o reale pensiero di vita. Che si fa allora, piuttosto, sineddoche degli artisti, soprattutto di quelli scapestrati, reietti, vagabondi e che non vogliono, o non riescono, a rendere conto di niente e a nessuno. Chiamiamolo allora sfogo.

Modì – Tre giorni sulle ali della follia sarà al cinema con Be Water Film.

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