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Moon Knight, recensione finale: la serie Marvel è promossa o bocciata?
Tags: marvel, moon knight, oscar isaac
Il finale di Moon Knight ci confonde. Che la serie non fosse il miglior prodotto seriale della Marvel era chiaro da almeno met? delle puntate, ma una conclusione cos? confusionaria e claudicante non ce la saremmo mai aspettati. Forse buona parte della colpa ? che la sesta puntata della serie si conclude pi? con uno scontro ?tra titani? che concentrandosi sulle azioni e gli avvenimenti attraversati da Marc Spector/Steven Grant, i quali tendono finalmente a ricongiungersi mentre sullo sfondo dei egizi in formato gigante si scontrano ad altezza piramidi.
Tutto ? molto poco chiaro all?interno di Moon Knight e non ? solamente per il portato tra realt? percepita e realt? psichica che aveva pi? o meno stuzzicato in uno degli snodi essenziali del racconto fumettistico. La verit? ? che, in fondo, forse la serie fin dal suo principio aveva solamente dato l?illusione di sapere come gestire le diverse dimensioni della mente che contraddistinguono il personaggio sulla carta nato da un?idea di Doug Moench, sviluppato per? con qualche impedimento dal creatore Jeremy Slater nello sbrogliare i fili della sua narrazione per la serie su Disney Plus.
Certamente i territori della psiche, se mescolati poi ai tesori antichi e alle missioni suicide, si rivelano lande inestricabili su cui navigare pur guidati dalla presa salda e resistente di una dea come quell’ippopotamo rappresentante Taweret. Ma quello che sembra aver fatto Moon Knight con i suoi episodi ? stato dare la finta intuizione allo spettatore che il racconto sapesse esattamente come gestire tutti i differenti piani all?interno di un unico uomo, che proprio tra le pagine dei suoi fumetti ha investito tanto nel lato mercenario delle sue esplorazioni nel deserto quanto in quel disturbo associabile ai sintomi della personalit? multipla.
Una malattia che viene interpellata nella formazione e conoscenza del personaggio nato a met? degli ?70, che a quanto pare anche la serie ha voluto riportare, ma che nel momento della sua spiegazione mostra l?incapacit? di gestire diversi piani narrativi e, cos?, raggiungere una completezza alla fine del suo racconto. L?attimo di respiro concesso dalla quinta e penultima puntata, in cui Oscar Isaac conferma la sua predominanza non soltanto all?interno della serie, ma dimostrando di essere il miglior attore che il MCU abbia mai avuto, si appesantisce presto sotto un velo di sabbia accumulata nelle botte e negli scontri con Arthur Harrow. La lotta risulta ben presto vana come i salti da un manicomio fino ai meandri di una tomba, ponti da un reparto asettico alla polvere degli spazi aperti? i quali sembrano pezzi di un puzzle che non riesce a combaciare perch? ? colui che lo ha inventato a volerlo rendere troppo difficile. Pi? sensazionalistico che ben ragionato, mosso dal desiderio di voler strafare invece di sapere davvero come gestire il Pugno di Khonshu.
Nell?arco di sole sei puntate Moon Knight ha cambiato pi? direzioni di quanto sia concesso fare ad una storia e ha raccattato pi? insensatezze e inutilit? di quante dovrebbe procacciarne un cercatore d?oro. Ha attraversato diversi stili, dal mistero dell?insonnia iniziale che faceva auspicare in toni dark e introspettivi per finire poi a mostrarsi quasi bambinesco nel far comparire un ippopotamo urlante e parlante e due dei che si battono espandendo la loro grandezza, abbassando cos? in maniera direttamente proporzionale l?attendibilit? del prodotto.
La complessit? del Marc Spector conosciuto come avatar della divinit? egizia viene diluita per fare capolino ogni tanto e sparire nuovamente poi nell?arco di un frangente. I vuoti che sembrano prendere Marc/Steven alla fine dell?ultima puntata rispecchiano in fondo quelli di fronte a cui lo spettatore sente molto spesso di essersi trovato e che se affascinavano al principio non possono che mettere in dubbio alla fine la scrittura della serie. Forse non eravamo ancora pronti a conoscere Marc Spector. Forse nemmeno lui era pronto a presentarsi.
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