Top News, Film in uscita, Recensioni
0
Alessio Zuccari
Non riattaccare: recensione del thriller in linea con Barbara Ronchi
Tags: Barbara Ronchi, claudio santamaria, Manfredi Lucibello, Non riattaccare
Nel film di Manfredi Lucibello l’attrice è protagonista di una performance in solitaria all’interno dell’abitacolo di un’auto, mentre fuori il mondo è in lockdown.
La stagione del cinema pandemico, neologismo da rivedere e coniato per raccogliere sotto un cappello film pensati, realizzati o ambientati sotto il periodo della pandemia, ci ha accompagnato per un paio di anni. Ci sono stati i discutibili instant movie, Songbird; chi ha fatto di necessità virtù, tra arthouse un po’ glamour, Malcolm & Marie, e il popolare, Locked Down; chi ha provato a ragionarci sopra, Kimi. E questa stagione di riflessione a caldo, con l’entrata nel 2023, è andata via via scemando con la definitiva ripresa della normalità. Eppure qualcosa ogni tanto ancora emerge da quel particolarissimo sottobosco, come Non riattaccare di Manfredi Lucibello, thriller tutto in linea telefonica che di quei mesi tremendi che hanno paralizzato il mondo intero prende il setting e incrocia poi lo psicologico e l’esorcistico.
È il 28 marzo 2020, siamo a Roma, sono i giorni della reclusione forzata in casa e l’Irene di Barbara Ronchi riceve una chiamata nel cuore della notte. Dall’altra parte dello smartphone c’è Pietro (Claudio Santamaria, in una prestazione quasi esclusivamente vocale), ex della donna. È turbato e in confusione, allora Irene capisce che c’è qualcosa che non va e decide abbastanza controvoglia di mettersi alla guida per raggiungerlo nell’abitazione di Santa Marinella. Lungo il tragitto forza l’uomo a rimanere al telefono con lei perché teme possa compiere un atto estremo. Ma questo viaggio per le strade e autostrade deserte si impantana nei ricordi di un doloroso passato di coppia e in una traversata travagliata dagli imprevisti.
Se si vuole cercare il centro di Non riattaccare, che Lucibello scrive assieme a Jacopo Del Giudice appunto proprio durante la pandemia, lo si può trovare da qualche parte tra il senso di colpa del The Guilty di Gustav Möller e l’attraversamento interiore di un piccolo cult come il Locke di Steven Knight, con Tom Hardy. Entrambi sono film tra il thriller e l’enigmatico, entrambi con un protagonista e un auricolare. In particolare con Locke è impossibile non tracciare un filo rosso, essendo l’impianto della messa in scena del lavoro di Lucibello sostanzialmente identico: quasi interamente all’interno dell’abitacolo dell’automobile, quasi interamente sul primo piano di Ronchi.
E se il film riesce a tenersi abbastanza a galla è soprattutto grazie alla performance dell’attrice – uno dei patrimoni artistici del nostro cinema –, capace senza timori di sorreggere le sfumature di tensione tra toni progressivamente più grevi. In una carriera già ricca di ottimi traguardi, Ronchi nello specifico pare proseguire quell’esplorazione in risalto della sua dote di assorbimento emotivo negli occhi e nelle espressioni del volto, che nel Rapito di Marco Bellocchio era architrave della sua intepretazione.
Sembra invece poi tappa obbligata per la sceneggiatura passare da alcuni ostacoli narrativi facilmente intuibili. Le possibilità per lavorare di creatività in un contesto così essenziale sono dopotutto quelle che sono, e a un certo punto tradiscono forse un inevitabile scandire programmatico (la batteria del telefono, la benzina). Al posto degli slanci allucinatori e in solitaria di Locke, il film di Lucibello abbraccia invece, in un paio di momenti di stallo della corsa di Irene, le distanze e le diffidenze di quei mesi della pandemia con alcuni sparuti incontri in carne ed ossa. Nulla di particolarmente originale, c’è da dirlo, e giusto il tempo per rientrare poi nelle traiettorie dell’indagine sentimentale e del puzzle emotivo.
Su di questo Non riattaccare lavora fino in fondo, svelando un velo dopo l’altro e tenendo sempre da conto i giri dell’orologio, che, com’è giusto che sia, ne assestano la durata su meno di un’ora e mezza. Peccato per un finale che scioglie i nodi con coerenza ma anche con un pelo di ridondanza, tuttavia senza smontare la torre di intrecci umani che ha saputo costruire sin lì.
Non riattaccare è nei cinema dall’11 luglio con I Wonder Pictures.