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Alessio Zuccari
42TFF | Riff Raff, recensione del film di Dito Montiel
Tags: 42TFF, bill murray, Dito Montiel, ed harris, Jennifer Coolidge, Riff Raff
Riff Raff ha da subito un tono sciroccatissimo. A partire dal volto tondo e bonario del protagonista DJ (Miles J. Harvey), che poi si scopre strada facendo non essere un reale protagonista, piuttosto un ariete con il quale farci entrare sottosopra in un film corale dipanato poco alla volta nella sua vera natura di resa dei conti tra criminali. È una pellicola che fa ridere di pancia questa diretta da Dito Montiel, presentata Fuori Concorso al Torino Film Festival 2024 e piena di personaggi che dicono cose assurde, fanno cose assurde, in un tripudio di volgarità e indelicatezze francamente spassose.
Perché al fianco di DJ c’è il padre adottivo Vincent (Ed Harris), ex sicario che ha alle spalle un ricco curriculum che però da quasi vent’anni tiene nascosto con tutte le sue forze al figlio e alla moglie Sandy (Gabrielle Union). Solo che sotto le festività natalizie gli piombano in casa l’altro figlio, lo scapestrato Rocco (Lewis Pullman), la sua ragazza incinta Marina (Emanuela Postacchini) e quel disastro alcolizzato dell’ex moglie Ruth (Jennifer Coolidge). Rocco ha fatto un macello e adesso ha alle calcagna Leftie (Bill Murray) e Lonnie (Pete Davidson), che vogliono fargli la pelle.
John Pollono scrive in pratica un film di ricongiungimento familiare sotto le luci del Natale e del Capodanno, pensato però al rovescio nello stiramento più totale del buonsenso e dei buoni sentimenti. La sensazione è che sia sempre tutto in procinto di esplodere, schiacciato in una pentola a pressione di menzogne e incomprensioni destinate a collidere, dove di mezzo ci sono però anche pistole, fucili, strampalati e oltraggiosi codici criminali.
Riff Raff è un’altalena di toni, un mix di punti di vista che transitano dall’ingenuità al cinismo, che arrivano a concretizzarsi in una sorta di home invasion da parte del passato di Vincent, prima metaforico e poi progressivamente sempre più letterale. Il film si dondola avanti e indietro tra questi personaggi che non sono mai realmente simpatici fino in fondo, che hanno sempre degli spigoli con cui pungono lo spettatore e con cui si pungono e pungolano soprattutto tra di loro.
Montiel tiene il passo strampalato della sceneggiatura di Pollono, disvelata con un tocco gustoso anche nelle ipocrisie di uno scontro di vita che si fa scontro di classe e culturale, per sommi capi e per sommi stereotipi (afroamericani borghesi da una parte, italoamericani mafiosi dall’altra), funzionali a un intreccio che si riserva pure di mettere alla berlina lo squallido maschio impollinatore del Novecento. Che è violentissimo, profondamente ignorante e stupido, così come Riff Raff lo mostra. Anche se non arriva a condannarlo davvero fino in fondo (avrebbe magari dovuto), lasciandogli uno spiraglio di possibilità di redenzione tramite il riconoscimento e la benedizione al futuro (seppur non dovrebbe spettare a lui). Che forse nel domani sarà migliore, e forse farò volare meno proiettili per l’aria.