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#RomaFF16 - Passing: recensione del film di Rebecca Hall
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#RomaFF16 - Passing: recensione del film di Rebecca Hall

Tags: Passing, Rebecca Hall, RomaFF16
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Sinossi ufficiale di Passing😕

A New York, alla fine degli anni Venti, mentre si afferma il movimento culturale afroamericano denominato Rinascimento di Harlem, due donne di colore, Irene Redfield e Clare Kendry, riescono a farsi passare per bianche. Un pomeriggio d?estate, le due, che sono state amiche d?infanzia, si incontrano per caso, e Irene, pur con una certa riluttanza, fa entrare in casa sua Clare, la quale ben presto si attira le simpatie del marito, di tutta la famiglia e infine dell?intera cerchia sociale di Irene. A mano a mano che le vite delle due donne si intrecciano sempre pi? strettamente, Irene si rende conto che Clare sta portando lo scompiglio nel suo mondo, tra ossessioni, rimozioni e bugie.

Recensione di Passing:

Rebecca Hall debutta dietro la macchina da presa con Passing e lo fa in bianco e nero. Una scelta sofisticata, a stabilire fin dall?esordio uno stile registico che ricerca finemente il gusto e la bellezza. Quella che contraddistingue le sue protagoniste, Tessa Thompson e Ruth Negga, e che le pone in un limbo in cui il colore – all?apparenza – diventa superfluo, livellando le differenze invece centrali nelle esistenze dei personaggi. Quelle che le vogliono diverse l?una dall?altra e che creano un?ulteriore distanza tra la societ? in cui sono inserite e la maniera in cui vengono percepite. Irene (Thompson) ? nella lega dei neri d?America e in lotta con qualsiasi discriminazione esplicita o celata. Claire che nella Harlem di Irene c?? nata e cresciuta, lascia presto il quartiere per fingersi di razza bianca cos? da permettersi un marito ricco, una condizione agiata, un?altra vita.

Se l?ambiguit? della narrazione ? nell?impossibilit? di poter definire la gradazione della pelle delle due protagoniste, Hall sottrae allo spettatore la facilit? di poter giudicare secondo la propria ricezione, generando una Pangea in cui tutti vengono inclusi e nessuno rimane distinto a causa della razza. Quella che non vuole azzerare la risoluta Irene, mentre viene subdolamente rinnegata dall?amica di infanzia. Un annullamento di quella distinzione essenziale nei ruoli sociali del film che Rebecca Hall decide di sciogliere con l?uso della dicotomia bianco/nero per focalizzare la propria attenzione sui motivi di quell?inganno e sulla fermezza di Irene che prova a rigettarli. Il polemizzarli con una coscienza che concentra il suo occhio sullo scrutare le intenzioni delle protagoniste, sull?effettuare quel salto che loro stesse fanno non pi? solamente per confermare o smentire l?opportunit? di passare per bianche, ma inquadrare cosa significa essere donne afroamericane.

Tra riflessione e estetica

Perch? quando ? la superficie del colore a mancare sono allora i personaggi che vanno risaltando. Quando ? la vera natura che viene celata, allora ? la finzione che finisce per fare capolino, tramutandosi talvolta in pellicola cinematografica. Un racconto che Rebecca Hall adatta dal romanzo del 1929 scritto da Nella Larsen, la cui ambientazione d?epoca non ? pi? solamente tempo e spazio, non ? pi? periodo storico, bens? diventa esso stesso un prodotto del passato. Un film che non ritorna indietro, ma quel finire degli anni Venti lo rappresenta al punto tale da trasformarsi in un pezzo di antiquariato, in un?opera che arriva da un altro tempo e che rende la pellicola un lavoro come realizzato e arrivato a noi attraverso i decenni.

Riflessione e stile, osservazione e immagini che giungono al punto di fusione tanto da sovrapporsi e incastrarsi consapevoli di dover presto lasciare il palco al genere e alla deriva che ? destinato a prendere. Discorsi sulla bellezza, sulla concezione del s?, su come vogliamo interfacciarci con l?esterno e con gli altri che cedono il passo alla costruzione non pi? solamente della morale del film, ma dell?intrigo dei suoi eventi che vanno come spostando tono e significato all?opera. Un affaire che diventa pi? importante del confronto tra le due donne, un gesto avventato che porta la pellicola al di fuori dalla sua intimit? e che rende meno etereo e pi? concreto il contenuto di Passing.

Passing: protagoniste e storia d’altri tempi

Due esistenze che diventano volti – e pelle – tramite Ruth Negga e Tessa Thompson, che proprio come l?intero film non sembrano vestire costumi di scena pronti a venir riposti nell?armadio dopo le riprese, ma ne sono le padrone, le proprietarie, le dame che ci abitano dentro. Figure evanescenti nella fotografia soffusa di Eduard Grau, sfumata ai bordi e mai cos? definita, a riverberare la volontaria incertezza della propria persona e a non permettere anche agli altri di poterla distinguere con accuratezza. Un dramma in cui ? Thompson a lasciare senza fiato, nell?evidenza di un talento che ? l?unica sicurezza da non dover mai mettere in dubbio, anche lei come trasportata in un viaggio nel tempo che la vuole indivisibile dalla ricostruzione della messinscena, illuminata ogni volta dalla sua presenza.

La conflittualit? del tema di Passing ? il modo per l?opera di confrontarsi con un disagio che vuole arrivare all?essenza delle persone e alla maniera in cui sopravvivere diventa uno stratagemma svilente e ingannevole. Denaturalizzarsi solamente per poter continuare a vivere, alimentando le fragilit? di una donna come la Irene del film che, pur ferma nelle proprie convinzioni, si scopre gelosa della ?purezza? della pelle dell?amica, di quel candore che era da secoli canone di una grazia innata che per la comunit? afroamericana non era mai sembrata raggiungibile. Un film che vuole esprimersi con eleganza, quella che il tocco di Rebecca Hall ? in grado di tratteggiare. Un quadro che vuole eliminare le ?oscurit?? della pelle lasciando trapelare solamente quelle delle protagoniste (e delle comunit? che richiamano), assai pi? profonde di quello che le sembianze possono inizialmente mostrare, spiazzando tragicamente.

Vuoi saperne di pi? sul film di apertura di #RomaFF16 Gli occhi di Tammy Faye?
Leggete qui la recensione!

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