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Sconfort Zone: recensione della serie Prime Video di Maccio Capatonda
Alessio Zuccari

Sconfort Zone: recensione della serie Prime Video di Maccio Capatonda

Tags: Maccio Capatonda, prime video, sconfort zone
Sconfort Zone: recensione della serie Prime Video di Maccio Capatonda
Sconfort Zone: recensione della serie Prime Video di Maccio Capatonda

Sconfort Zone: recensione della serie Prime Video di Maccio Capatonda

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Alessio Zuccari
Tags: Maccio Capatonda, prime video, sconfort zone

Marcello Macchina, in arte Maccio Capatonda, svela la sua crisi creativa con una serie dalla direzione differente rispetto ai toni soliti a cui il comico ci aveva abituato.

Maccio Capatonda s’è perso. Anzi, a essersi perso è Marcello Macchia. Sono la stessa persona, ma il primo è frutto dell’immaginazione del secondo. Però è il secondo ad essere rimasto aggrovigliato tra le tante iterazioni del primo. E allora Marcello non sa più come fare i conti con Maccio, che pesci pigliare, che cosa inventarsi di nuovo, cosa scrivere sulle prime pagine della stramaledettissima serie che gli è stata commissionata. Che quella serie sia proprio Sconfort Zone, nuovo show su Prime Video che spariglia le carte su come Macchia si vede, pensa e restituisce al pubblico?

Chissà, potrebbe, forse a un certo punto si scoprirà. Perché dentro i sei episodi che Macchia scrive (assieme ad Alessandro Bosi, Mary Stella Brugiati e Valerio Desirò), dirige (con Alessio Dogana) e interpreta c’è un po’ tutto e il contrario di tutto. L’artista e il menestrello, il comico per come lo abbiamo conosciuto e la sua negazione, in un mescolarsi che gioca e stuzzica la percezione che di Capatonda il pubblico ha sempre avuto e che qui lui vuole rovesciare, contenere, stracciare.

Sconfort Zone: di cosa parla la serie

Sconfort Zone: recensione della serie Prime Video di Maccio Capatonda
Photo Credits: Prime Video

Sconfort Zone conferma allora la tendenza di Prime Video nel continuare a investire in progetti metatestuali legati apertamente ai volti dei suoi talent. Lo ha fatto in precedenza con Sono Lillo, show che giocava con i personaggi di Lillo Petrollo soprattutto in scia al successo della prima edizione italiana di LOL – Chi ride è fuori. Adesso lo fa prendendo appunto Capatonda-Macchia, peraltro anch’egli già concorrente di LOL (la seconda stagione), e che aveva visto pure come autore e protagonista di un altro progetto fuori dal seminato come il film Il migliore dei mondi.

Ma può Macchia, e la sua maschera comica, riconoscersi davanti al suo pubblico come cinico, amaro e forse pure un po’ depresso? Sconfort Zone capitalizza, anche furbescamente, su questi punti interrogativi che si accumulano in testa, raccontando nel corso delle sue puntate (da circa mezz’ora l’una) la discesa in un baratro di follie e degrado. Il manager e socio (Luca Confortini, vero manager di Macchia) gli sta sul fiato sul collo, con la fidanzata (Francesca Inaudi) Marcello non prova un’emozione vera da un sacco di tempo, gli amici di sempre (Edoardo Ferrario, Valerio Lundini, Gianluca Fru, nei panni di loro stessi) lo consolano con frasi di circostanza.

Ed è qui, nella disperata ricerca di un ritorno all’ispirazione creativa, che avviene l’incontro con uno psicologo (Giorgio Montanini) che spinge allo stremo un Macchia che farebbe di tutto per tornare ad avere l’estro che aveva prima. Deve solo affidarsi completamente a lui e affrontare una serie di sfide ben poco ortodosse per sondare i propri limiti, spogliarsi del benessere della vita da artista benestante e ritrovare il suo vero sé tornando alle radici di una “scomodità” interiore ed emotiva.

Una serie tra umorismo grottesco e delirante ispirazione

Sconfort Zone: recensione della serie Prime Video di Maccio Capatonda
Photo Credits: Prime Video

In questo suo comprimere e mescolare reale e finzione, partendo da motivazioni di riflessione anche cupe e finendo per capitombolare in escalation assurdiste tra colpi di scena e rovesciamenti di fronte, la serie non rinuncia comunque mai a una comicità spiccata e ficcante. Merito molto anche di comprimari davvero di livello, su cui svetta in particolare Desirò, con la faccia e i tempi umoristici da perfetto caratterista comico, che oltre a partecipare al processo di scrittura di Sconfort Zone è anche spalla di Macchia (i due sono amici anche nella vita vera) nella sbilenca vena da buddy che attraversa lo show. 

Macchia inacidisce l’umorismo e lo riduce a una linea di fondo irta di spine, dove a uscirne fuori è un quotidiano tutto fuso e confuso tra grottesco ed estemporaneo, dove ad essere gag è la vita stessa e in cui il tentativo di districarne le ragioni è un’operazione complessa, se non parossistica. Che sia davvero il requiem che Macchia recita a Capatonda? Oppure è il definitivo riconoscimento dell’impossibilità di scindere i due lati della stessa moneta? Sarà interessante scoprirlo, ma per il momento da riconoscere c’è l’efficacia di una serie davvero azzeccata, con alcuni momenti già iconici e un protagonista ispirato dal suo stesso delirio.

Sconfort Zone è su Prime Video dal 20 marzo.

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