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Cristiana Puntoriero
Sex/Life - Stagione 2, recensione: non è questo il sesso (né la vita) che ci meritiamo
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Torna a marzo su Netflix con una seconda stagione la serie guilty pleasure Sex/ Life. Più triangoli, più nudità, più Harmony.
Sex/Life è la storia di un triangolo amoroso tra una donna, il suo passato e il marito, che getta un nuovo sguardo provocatorio sull’identità e sul desiderio femminile.
Recensione di Sex/Life 2:
C’era da aspettarselo. Causa il numero esagerato di visualizzazioni della prima parte di Sex/Life nel dicembre 2021, i vertici di Netflix ovviamente non si sono fatti sfuggire il succoso potenziale raddoppio di spettatori che una seconda stagione avrebbe quasi sicuramente portato e, senza particolari sorprese, eccola svettare nei primi posti in classifica dei titoli più visti. D’altronde ormai lo sappiamo: il sesso è uno (se non il maggior) ingrediente “d’acchiappo” e di pubblicizzazione di un film o una serie tv, come ha dimostrato il clamore e le discussioni attorno alla trilogia polacca 365 giorni, la rigenerazione infinita di Élite o pellicole ad medio-alto tasso erotico che imperversano ciclicamente fra le proposte della piattaforma streaming più usata al mondo.
Così, il melodramma soap-soft porno con Sarah Shahi e tratto dal romanzo “44 Chapters About 4 Men” dell’autrice B.B. Easton, prosegue nel suo maldestro tentativo di aggiornarci sulla disastrosa vita sentimentale della protagonista Billie, moglie e madre ancorata nel vortice esistenziale che la allontana dal tepore domestico per avvinghiarsi nelle calde e focose braccia dell’ex bello e dannato Brad, copiando anzi peggiorando il già disastroso approccio di scrittura e messinscena della prima stagione.
Facendo entrare nel racconto un attraente terzo incomodo di origini persiane, ampliando per quanto possibile la storyline dell’amica scrittrice Sasha e allontanando per poi avvicinare la coppia proibita Billie-Brad in un idilliaco finale che si spera sancisca la chiusura dell’intera produzione (non sarà così, gli uomini del romanzo sono quattro), queste sei puntate di Sex/Life 2 sfiorano indegnamente quella che è stata la tematica femminista già accennata due anni fa, e cioè quella che ci domanda se una donna, una volta sposata e mamma, debba arrendersi all’insoddisfazione sessuale, o piuttosto se il vero female empowerment del nostro secolo sia quello di poter sentirsi libere di non legarsi sentimentalmente ad alcun uomo e cavalcare felici le gioie del sesso occasionale, del piacere in solitaria, dell’indipendenza in tutti i sensi e dei sensi.
Posto che il concetto di felicità femminile non sia qualcosa di universalmente valido o applicabile a tutte, anzi forse sarebbe meglio lasciarlo alla libertà di pensarsi e porsi all’interno della società e della famiglia come meglio si crede, è piuttosto il pretestuoso modello di realizzazione cinematografica e autoriale che pone Sex/Life come una delle peggiori serie mai realizzate sulle donne e sul loro erotismo; sulla poca credibilità e estenuante banalità alla Harmony con la quale tenta si sbrogliare la sua idea di partenza; sul sentore di fake e di patinato eros con cui fa esplodere e implodere le tante scene di sesso da copertina da magazine di terza categoria.
Senza dunque perderci in giro o pretendere che quella creata da Stacy Rukeyser sia una serie che davvero, concretamente, dica o aggiunga qualcosa sui cambiamenti culturali e di costume delle donne del 2023, sarebbe forse meglio arrenderci alla constatazione che questo contorcersi di sinuosi corpi in luci viola al neon, amplessi più o meno audaci, primi piani di godimenti e pensieri peccaminosi che appaiono nella mente della protagonista inverosimilmente lontana emotivamente e fisicamente da due figli molto piccoli che vede sporadicamente un paio di volte al mese (ecco, su questo le riflessioni sul ruolo materno si fanno più profonde….) sono in verità da confinare nell’idea già espressa del guilty pleasure usa e getta del catalogo, dello shock-ino che lancia una freccia d’attacco al perbenismo borghese, senza mai avere davvero il coraggio di puntarci il dito contro.
Sex/Life non è una serie che libera le donne attraverso il sesso, ma usa quest’ultimo per creare l’hype su un’inconsistenza di argomenti, di prese di posizione e credibilità che non mette a nudo niente, se non ogni singolo attore del cast, il quale, d’emblée, si ritrova senza vestiti a dover simulare un piacere vacuo e di posa, aggiunto in sceneggiatura (come direbbe qualcuno) “così, de botto…senza senso“.