Recensioni, News, Streaming, Top News
0
Federica Marcucci
The Penguin: la recensione della serie con Colin Farrell
Tags: colin farrell, the penguin
Dopo averlo incontrato in The Batman, film in cui Matt Reeves ha reimmaginato l’universo de l’Uomo Pipistrello, il Pinguino torna con The Penguin una serie spin-off interamente dedicata a lui che promette di accompagnare il pubblico negli antri di una Gotham sempiternamente sudicia e corrotta. La serie in otto episodi debutta su Sky e in streaming su NOW il 20 settembre in contemporanea con gli Stati Uniti, successivamente l’appuntamento sarà settimanale ogni lunedì.
Creata da Lauren LeFranc (nel doppio ruolo di sceneggiatrice e showrunner) insieme a Matt Reeves, Dylan Clark Craig Zobel (che dirige i primi tre episodi) e Bill Carraro, The Penguin riporta in scena il personaggio interpretato da Colin Farrell: un gangster deciso a mettere le mani sui traffici loschi di Gotham. Ambientata poco dopo gli eventi di The Batman, The Penguin vede infatti Oswald Cobblepot detto Oz e chiamato con sprezzo “Pinguino” per la sua andatura claudicante, impegnato a scalare i vertici della malavita di Gotham a seguito della morte del boss della famiglia Falcone. Dovrà tuttavia fare i conti con la sospettosa figlia di Falcone, Sophie (Cristin Milioti), dimessa di recente da Arkham, oltre che con giochi di potere che coinvolgono altre famiglie di Gotham.
Creato da Bob Kane e Bill Finger, Pinguino fece la sua prima apparizione nel 1941 diventando nel tempo non solo uno dei villain più popolari dell’universo DC ma della moderna cultura pop: complici un aspetto riconoscibile e una psicologia che si distacca da altri cattivi del mondo di Batman. Rileggere un personaggio così codificato (merito anche dell’interpretazione di Danny DeVito in Batman il ritorno) non è quindi semplice, ma neanche impossibile.
Interpretato da un bravissimo Colin Farrell irriconoscibile quanto intenso e caricaturale, questo Pinguino parte da premesse interessanti ma che, nel corso della narrazione, fanno deragliare il personaggio in una rilettura molto distante dal punto di partenza. The Penguin pare infatti essere pensata e strutturata come una sorta di gangster movie che a tratti riporta alla mente – complice anche l’accento italoamericano forzatamente marcato dei protagonisti Quei bravi ragazzi e ovviamente I Soprano. Un effetto straniante che ci fa riflettere sul fatto che in teoria dovremmo trovarci a Gotham ma le strade sporche illuminate da luce calda sembrano quelle più realistiche di una New York di fine anni Ottanta; un dettaglio non da poco che – insieme ad altre scelte registiche, in ambito musicale, per dirne una, contribuisce a cambiare repentinamente il tono all’interno della narrazione stessa rendendo la percezione della storia molto opaca se non confusa.
Se, come abbiamo detto, l’idea di enfatizzare il carattere malavitoso del personaggio poteva risultare vincente – oltre che in linea con il materiale originale, dall’altra parte la scrittura non aiuta una serie che, purtroppo, si perde in se stessa tra personaggi poco sviluppati (e poco memorabili) e un intreccio che esplora molto poco dell’ambiente in cui si muove il criminale protagonista e rendendo il tutto molto piatto. Una mancanza a fronte di una narrazione piuttosto dilatata – del resto otto episodi da un’ora circa non sono poco, e che non rende giustizia a un personaggio iconico.
Nella loro semplicità i personaggi di questo genere sono estremamente complessi poiché si portano dietro un bagaglio di immaginario ormai molto pesante. Tuttavia nascendo come caricature sono perfette per essere riletti e guardati sotto lenti differenti, cosa che The Penguin non riesce a fare perché non dà al suo villain un conflitto grande abbastanza da poter compensare la mancanza di Batman.
Perché dove c’è un cattivo ci dovrebbe essere anche un eroe capace di combatterlo.