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RoFF19 | The Return, la recensione del film di Uberto Pasolini
Alessio Zuccari

RoFF19 | The Return, la recensione del film di Uberto Pasolini

Tags: festa del cinema di roma, juliette binoche, ralph fiennes, RoFF19, The Return, Uberto Pasolini
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Alessio Zuccari
Tags: festa del cinema di roma, juliette binoche, ralph fiennes, RoFF19, The Return, Uberto Pasolini

Il regista italiano ripensa il mito del ritorno a casa di Ulisse in un’opera con protagonisti Ralph Fiennes e Juliette Binoche.

L’Itaca del The Return di Uberto Pasolini è un’isola abitata da donne e uomini bellissimi. Hanno corpi tesi, sodi, muscolari, fasciati dalle vesti che ne lasciano intuire le forme e i percorsi della carne e dei nervi. Così come sono curati e truccati anche i loro volti, nient’affatto sviliti dalla rozzezza di un’epoca lontana. Appare insomma chiaro sin da subito come il film scritto dallo stesso Pasolini assieme a John Collee e Edward Bond non punti affatto a una rivisitazione storica attendibile o filologica.

La scelta dell’opera, che mette in mostra pure una mescolanza d’etnie e culturale, di provenienze e tratti somatici accomunati dal parlare però lingua inglese, sembra quindi scartare dalla parte di un allestimento anticlimatico dell’ultimo e più noto tratto dell’Odissea di Omero, cioè la storia del travagliato ritorno di Odisseo (Ralph Fiennes) nella terra di cui è re. Un’impostazione pensata come cristallizzata nella posa, con il probabile intento di decostruire e disattendere l’accrescere del desiderio di rivalsa dei suoi personaggi, gettati in una burrascosa condizione di stallo tra invasi e invasori.

L’isola del mancato desiderio

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Photo Credits: 01 Distribution

A Itaca ci sono infatti i Proci, conquistatori esteri che al mancato ritorno di Odisseo dalla guerra Troia hanno approfittato per accasarsi sull’isola in attesa che la regina Penelope (Juliette Binoche) prenda in sposo uno di loro. Alcuni apertamente spavaldi e violenti, altri più subdoli come Antinoo (Marwan Kenzari). Lei pubblicamente promette che lo farà nel momento in cui sarà terminato il sudario a cui sta lavorando, che poi nella segretezza della notte disfa come voto di rifiuto dell’idea che il marito sia morto.

Così facendo alimenta una stasi a cui tutti sono vincolati, anche il figlio Telemaco (Christopher Plummer), nato privo di un padre che l’ha reso orfano di fatto ma non di nome. E The Return si apre in effetti con lo spiaggiamento di Ulisse sulle coste della sua isola, dove viene raccolto dal pastore Eumeo (Claudio Santamaria), che se ne prende cura e lo nasconde nell’attesa che recuperi le forze per reclamare di nuovo il trono.

È la terza volta che Fiennes e Binoche si ritrovano a lavorare assieme in un’opera cinematografica, la prima dopo quasi trent’anni da Cime tempestose del 1992 e Il paziente inglese del 1996. Il film di Pasolini fa la spola principalmente tra i loro due personaggi nell’assumere il punto di vista di chi è tornato, con un ruolo da riscoprire e compiere, e di chi invece è rimasto, compresso e prigioniero. Interessante intuizione di The Return è infatti soprattutto quella di architettare la sua struttura sopra il tema della repressione del desiderio, anche sessuale. Una condizione che getta nell’aberrazione e nella notte della ragione, un innaturale vortice di privazione, il cui sfogo è espresso solo in potenza da fisicità aitanti ma sterili. Anche se incasella questa ricerca tra l’estetico e lo psicologico, confinante a tratti con un’esposizione performativa quasi da videoclip o da spot commerciale, in una griglia che non sempre attiva ed elabora tutte le sue premesse teoriche.

Ripensare Penelope?

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Photo Credits: 01 Distribution

A questa condizione i Proci rispondono con la barbarie delle uccisioni e degli assassini (la piccola morte che diventa la grande morte, quella assoluta). Mentre Penelope, che Pasolini mostra tentata anch’ella da questo desiderio che internamente la travolge, resiste con una rettitudine regale. Ecco, ma è proprio nel lavoro su questi dettagli che si capisce che una mancanza dell’opera è comprendere quanto molto del suo racconto, oggi, passi proprio da Penelope.

Cioè dalla alla sua battaglia interiore, che il film osserva alla fine solo dall’esterno, solo in riflesso alla canonicità di sguardo del maschile di Telemaco e di Ulisse. Con il personaggio del primo che è probabilmente quello meno efficace nel restituire lo schiumare di un sentimento limbico da eterno fanciullo (altra proposta interessante, ma accennata), impossibilitato a farsi riconoscere uomo, e quindi come agente, perché negatagli la condizione d’orfano. E con quello del secondo a cui è affidato, comunque, un ruolo di primordine e di ricompensa a una resistenza combattuta soprattutto da altri, sarebbe a dire sua moglie.

Dunque sembra piuttosto parziale il non ridiscutere, il non ripensare i comportamenti e ragioni di Penelope, ermetica nel silenzio del suo amore incrollabile e anacronistico, pronta a riaccogliere nel suo talamo nuziale un Ulisse che ha impiegato più di un decennio per tornare nella sua terra. E che prima di farlo ne ha attraversate di avventure, anche in altri di talami. Non si invochi il reato di lesa maestà al racconto classico per eccellenza nell’evidenziare una possibilità simile: il cinema, e il raccontare stesso, servono proprio a questo, ad assorbire e attualizzare.

The Return sarà al cinema a gennaio 2025 con 01 Distribution.

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