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Cristiana Puntoriero
Transatlantic: recensione della miniserie su Netflix
Tags: netflix, Recensione, serie tv
Transatlantic su Netflix ripercorre le gesta eroiche di alcuni ‘salvatori’ di rifugiati durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma diversamente dai suoi (veri) protagonisti finirà ben presto per essere dimenticata.
La trama di Transaltantic:
Marsiglia 1940-1941. Transatlantic è ispirata alla vera storia di Varian Fry, Mary Jayne Gold e dell’Emergency Rescue Committee. Un gruppo internazionale di giovani supereroi rischia la vita per aiutare oltre duemila profughi a fuggire dalla Francia occupata dai nazisti, inclusi molti artisti tra i più ricercati dal regime. Assieme ai loro famosi protetti occupano una villa ai margini della città, dove la minaccia di un pericolo mortale lascia il posto a collaborazioni inaspettate e amori intensi.
Dalla sua data di uscita su Netflix, 7 aprile 2023, la miniserie storica Transaltantic è rimasta nella top 10 delle serie più viste in Italia. Un successo, se così possiamo chiamarlo, che accontenta una fetta di pubblico rimasta fedele a quello stile (evergreen) da fiction Rai con Beppe Fiorello che ripercorre le gesta eroiche di alcuni personaggi “importanti” della Storia più o meno recente; volti e nomi sui libri di scuola che (ri)prendono forma sullo schermo attraverso una narrazione composta, sentimentale e tutto sommato confortante.
Perché non c’è niente di più rassicurante di vedere contrapporsi il bene e il male e sapere che a volte è il primo a vincere, e che, come nel caso nel periodo preso in considerazione dalla serie in 7 episodi creata dalla showrunner tedesca Anna Winger (Unorthodox, Deutschland 89), mentre i tedeschi invadevano l’Europa e mettevano in atto il genocidio antisemita più grande di sempre, c’era qualche anima dalla condotta morale impavida che nella segretezza delle proprie privilegiate identità provava a salvare in ogni modo rifugiati, artisti e intellettuali.
Ed è proprio su questi giovani eroi realmente esistiti, romanzati poi nel libro The Flight Portfolio di Julie Orringer da cui trae ispirazione, che Transaltantic racconta le vicissitudini di Varian Fry, Mary Jayne Gold e Albert Hirschman, membri principali dell’Emergency Rescue Committee (ERC), una banda internazionale di americani che nella Marsiglia degli anni ’40, subito dopo la caduta di Parigi, si prodigarono per aiutare quante più persone a salpare su una nave amica espatriando verso gli Stati Uniti, attraversando una via di fuga nel Pirenei che li posizionava in un pericoloso campo minato fatto di polizia locale, burocrazia, intelligence britannica, diplomatici americani e resistenza francese.
Fra i rifugiati di origine ebrea più celebre, la serie diretta da Stéphanie Chuat, Véronique Reymond eMia Meyer cita, incarnandoli in veri e propri personaggi, Andre Breton, Hannah Arendt, Marcel Duchamp, Max Ernst, Marc Chagall, Peggy Guggenheim e Walter Benjamin; tutti lì a colorire (secondo gli autori) con loro stravaganza artistoide una narrazione piuttosto statica e frenata in partenza, che cerca di dare un tono meno cupo e verosimile alla minaccia della guerra che si percepisce come intero sottofondo al resoconto in questione.
Nonostante le pur buone interpretazioni dei due attori maggiormente noti, Cory Michael Smith nelle vesti del giornalista Varian Fry e Gillian Jacobs in quelle dell’ereditiera di Chicago Mary Jayne Gold, Transaltantic risulta un adattamento freddo e abbottonato nell’espressione dei toni sentimentali e nello scavo interiore dei suoi personaggi, stilizzato al romanzo letterario di derivazione storica e incapace di smussare quel suo approccio testimoniale ma mai concretamente fedele che le impedisce di fare qualcosa in più.
L’idea dunque di creare un mélange di generi differenti come il war-movie e il period drama, il romance e il biopic con un po’ di spy story, e di ‘attualizzate’ tematiche quali la migrazione in mare, gli innamoramenti LGBT, le problematiche razziali di impronta colonialista, risulta in un quadro gradevole nell’estetica, soprattutto l’ottima resa luminoso-fotografica, ma non soddisfa nei riguardi della scrittura e nell’impianto complessivo della fluidità del racconto, poco attraente a tratti respingente, quantomeno carente di valevole appeal.
Sebbene l’iniziativa lodevole di onorare le gesta di persone valorose che hanno rischiato la vita per preservare quelle di altre, come d’altro canto ne è piena la cronologia temporale, Transatlantic impacchetta nella bellezza del paesaggio costiero di Marsiglia un’ operazione seriale ‘di posa’ poco rimarchevole, ancorata a un’idea di cinema compiacente alle poche aspettative di chi guarda.