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Venezia 78 - America Latina: amare o odiare i fratelli D'Innocenzo?
Tags: America Latina, Fratelli D’Innocenzo, Venezia78
Sinossi di America Latina:
Massimo (Elio Germano) ha un buon lavoro, una bella famiglia e una casa grande. L’uomo conduce con tranquillit? la sua vita fino al giorno in cui trover? qualcosa di inaspettato nella sua cantina…
I fratelli D?Innocenzo hanno deciso di farsi odiare. Alla loro terza pellicola America Latina, dopo l?esordio in periferia di La terra dell?abbastanza e il secondo lavoro Favolacce, vincitore a Berlino per la miglior sceneggiatura, i giovani cineasti hanno puntato i piedi imponendosi in un tipo di cinema che ? totalmente un unicum nel panorama nostrano, volenterosi pi? di poter improntare e perseguire in un loro specifico e personale stile piuttosto di dover soccombere al favore o alle generalit? di industria e pubblico italiani. Legge a cui i gemelli hanno dovuto probabilmente sottostare per poter debuttare con il loro film incentrato su una criminalit? di borgata circoscritta all?amicizia e al deterioramento dei suoi due protagonisti. Un esordio lodevole che era solo un seme di ci? che i D?Innocenzo sarebbero stati, fuoco che divampa facendo terra bruciata, ma sapendo ogni volta far nascere qualcosa di struggente dalle ceneri.
Nella volont? di osare, ma ancor pi? di perseguire un tipo di cinema molto specifico a cui i due registi aspirano e che riecheggia all?interno delle loro operazioni filmiche, Favolacce si muoveva come primo vero tentativo di sommossa posto per scuotere e preparare il terreno ai desideri artistici degli autori. Film destinato a destare quello sconcerto che ha scombussolato l?immaginario italico dalle fondamenta, le cui intenzioni vengono cos? reiterare e accentuate maggiormente proprio con il loro America Latina, punto insieme di chiusura e di inizio tra ci? che ci hanno dimostrato essere e quello che, in futuro, potranno ancora diventare.
Provocare, per?, non ? l?intento principale di Fabio e Damiano D?Innocenzo. Nemmeno sconvolgere o fermentare un?agitazione violenta e infruttuosa. Quello che le loro opere esprimono e che va sconvolgendo – forse infastidendo? – cos? tanti ? il loro non tirarsi indietro davanti al coraggio di saper ardire l? dove molti si porrebbero dei limiti. Guardare a Michael Haneke, al cinema greco di cui fa parte un rappresentante come Yorgos Lanthimos, non fa dei due fratelli italiani l?imitazione posticcia di un cinema che ? gi? stato visto, gi? ? stato fatto e che cercano solo di emulare.
I rimandi alle storie e alle atmosfere sono la maniera per i registi di poter esplorare un surreale che in Italia era rimasto ancora scoperto, in quanto nervo sensibile e poco compreso dalle cerchie produttive e, poi, di fruizione. Un?avanzare con la smaniosit? della giovinezza, ma insieme ad un estremo rispetto per un?arte in cui si sono voluti immettere e con cui cercano di poter parlare, mostrando con America Latina un estro visivo che raggiunge, al momento, un punto massimo nella loro carriera pur nell?opera delle loro tre meno impressionante.
Nell?esilit? di un racconto che invita lo spettatore ad affidarsi ad una pronunciata sospensione dell?incredulit?, dove sono i vuoti di memoria e le presunte allucinazioni del protagonista a suggerire uno stato di alterazione delle dinamiche e sensazioni, America Latina ? primariamente attenzione registica che sfrutta le superfici e i riflessi per echeggiare di insistente ambiguit?. ? il perimetro dello schermo cinematografico dentro cui i D?Innocenzo vogliono imprimere un gusto estetico comunicativo e pronunciato. Sottolineatura spesso dell?inquietudine del personaggio di Elio Germano, ma ancor pi? gesto di bravura che coglie interamente l?occhio armonico all?interno della crudezza del loro cinema, bello anche quando vuole ferire, vibrate nel suo essere brutale.
Specchi e riflessi offrono una doppiezza riscontrabile all?interno della pellicola che, pur confermandosi stilema usato e riutilizzato in continuazione per decretare l?ambivalenza, i fratelli piegano alla loro macchina facendone registro di America Latina, evidente eppure mai abusato. Come le luci, cos? false e distorte, e i colori utilizzati che pur in una stigmatizzazione pronunciata delle emozioni e dei sentimenti contribuiscono ad un?atmosfera espressionista da cui fuoriescono inconscio e mostri. Come il Nosferatu di Elio Germano che risale le scale dalla sua fatale cantina, gobbo e incurvato mentre avanza in controluce, vampiro agonizzante e esasperato dall?alcol, dalle gocce, dalla verit?, dall?irrealt?.
Cruciale per quella natura che riserva e mostra agli spettatori e al cinema italiano la via che i fratelli D?Innocenzo andranno a battere – e dovranno, adesso pi? che mai -, America Latina ? insieme la meno ispirata delle loro pellicole eppure colei che si fa essenziale per inquadrarli come artisti. Un film di una suggestione che verte verso l?inverosimile e che scuote un torpore tutto italiano, che sta cercando sempre pi? di spalancarsi, riservando cos? uno spazio anche per il cinema torbido, perturbante, grottesco e immaginifico dei D?Innocenzo.
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