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Venezia 78 | Spencer, tratto da una tragedia vera: la recensione

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Venezia 78 | Spencer, tratto da una tragedia vera: la recensione

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SINOSSI:?

Il matrimonio fra la Principessa Diana e il Principe Carlo ? in crisi da tempo. Malgrado le voci di presunti flirt e di un imminente divorzio, si cerca di preservare la pace in vista delle festivit? natalizie, tradizionalmente trascorse dai reali nella propriet? di Sandringham. ?Sono giorni in cui si mangia, si beve, si spara e si va a caccia. Diana conosce le regole del gioco. Ma quest?anno non sar? come gli altri.

SPENCER immagina ci? che potrebbe essere successo in quei pochi, fatidici giorni.

La chiamavano ?principessa del popolo?, e lo era davvero. Lo era per la gente semplice, soprattutto. La stessa gente che sciamava in pellegrinaggio, nella dolce serata di fine estate, verso Kensington Palace – la residenza di Diana -, bloccando il traffico di una Londra addolorata, coi marciapiedi ricolmi di mazzi di fiori, bigliettini d?amore per la principessa di cuori.

A 24 anni dalla scomparsa di Lady Diana, la famiglia reale britannica deve fare ancora i conti con quella gigantesca presenza, con il vivido ricordo di una delle personalit? pi? influenti del nostro secolo, uno “spauracchio”.?

La storia di una principessa triste, senza principe azzurro, che moriva in tunnel parigino. Se vogliamo dirla tutta, Diana ? morta sul campo, mentre combatteva col demone della celebrit?, destino di una vita vissuta a 180 all?ora, proprio come la Mercedes inseguita dai fotografi, versione pi? crudele e moderna della caccia alla volpe. Icona vivente di una generazione e l?impersonificazione di un popolo, Lady D aveva avuto ?una storia d?amore? con la Casa Reale Inglese, ma ne era uscita delusa, critica e ansiosa di cambiamenti. Si era concessa definitivamente allo spirito del tempo, borghese, commerciale e multietnico, in barba all?etichetta. E lo aveva fatto per amore, senza pensarci. Per amore dei suoi figli, per amore verso se stessa. Forse per questa genuina e sincera identificazione, l?Inghilterra l?ha amata, il mondo l?ha amata e l?ha amata anche il cinema.

Tutti noi conosciamo bene le favole. Ma quella che ci racconta Pablo Larra?n in Spencer non lo ? per niente. Ha pi? il sapore di una tragedia annunciata, di fragilit? e di mistero. Spencer non ? un biopic convenzionale, ? il racconto di quei giorni scolpiti nella storia della Royal Family inglese, giorni in cui una donna sceglie il suo futuro, dimenticando per un momento il personaggio e dedicandosi alla sua persona. ? questo ? il fulcro del film. L’analisi di un percorso interiore che, fra dubbi e determinazione, ha condotto Diana a scegliere la libert? per se stessa e per i suoi figli. Una principessa che decide di non diventare regina, ma che opta per la sua vita e quella dei suoi bambini.

Su Diana ? stato detto di tutto, nei giornali, nei libri, nelle riviste. Un?infinit? di storie, alcune vere, altre no. La grandezza del ritratto, lontano dai canoni del biopic, fatto da Larra?n sulla base di una fenomenale sceneggiatura di Steven Knight e accompagnato dai toni bassi e distorti delle notevoli musiche di Jonny Greenwood, sta nell’impossibilit? di scindere l’autenticit? del dolore dalla necessit? di aggrapparsi alla menzogna pur di ritrovare una dimensione familiare, domestica, nella disperata solitudine in cui precipita la protagonista, in un mondo in cui non possiede pi? niente.

Ah, la British Royal Family. Cos? fiabeschi, cos? austeri, cos? evocativi, cos? carichi di un mistero indecifrabile che porta puntualmente a chiedersi se esserne parte sia la pi? grande fortuna sperimentabile sulla Terra o una ? seppur agiatissima ? rinuncia a quasi ogni forma di libert? personale.

Gi?, perch? il protocollo di corte impone ai membri della famiglia reale una vastit? sconfinata di regole da osservare in ogni momento della vita quotidiana, restrizioni che, secondo il racconto di Larra?n, messo in scena grazie alle gesta di una splendida e tormentata Kristen Stewart, sono fonte di claustrofobia. Diana Spencer si ? distinta sin dal primo giorno per il suo carattere forte e la sua tendenza all?anticonformismo, inclinazione che l?ha portata pi? volte ad infrangere il protocollo e ad andare contro una rigida etichetta. Ed ? partendo proprio da questa necessit? che Spencer va sviluppando il cambiamento della protagonista.?

Siamo a Sandrigham House, nel Natale del 1991. In un panorama desolato e deserto, freddo e severo, la famiglia reale inglese si appresta a celebrare il periodo pi? “felice” dell’anno. Mentre la tavola ? sontuosamente imbandita, un ospite manca all’appello: Diana si ? persa, non solo con l’auto.

Questo ? l’inizio di Spencer, un incipit in cui capiamo che questa partita si giocher? uno contro tutti, dove quel “tutti” pesa come un macigno. Sullo schermo compare un super: questa ? una favola tratta da una tragedia vera. La non-favola si copre di tristezza e di ansia, in un vero e proprio incubo dai tratti gotici che si trasforma in agonia. Al regista basta il racconto di tre giorni specifici: esamina i reali e li condanna, critica non troppo velatamente la precisione e i ritmi di una vita che pare una farsa, paragona la fine di Diana al destino di Anna Bolena, indaga i sentimenti di una donna e ci regala il ritratto di una madre. Conoscendo il finale di questa storia, Spencer di Pablo Larra?n ? un film che lascia spazio solo alla riflessione e alla commozione. Una pellicola profonda, una parabola universale che traccia una linea sottile tra la realt? di un personaggio pubblico e il dramma umano di una grande donna.?

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