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Alessio Zuccari
Win or Lose: abbiamo visto i primi quattro episodi della serie Pixar
Tags: disney, pixar, Win or Lose
Se c’è da rappresentare visivamente il mondo interiore, l’animazione è senza ombra di dubbio lo strumento privilegiato per farlo. E nel campo dell’animazione la Pixar ha pochi rivali. Il pensiero corre allora ovviamente lì, dalle parti dei due Inside Out, opere che sono state in grado (più la prima che la seconda, per ovvie ragioni) di razionalizzare cinematograficamente l’irrazionale dell’inconscio, delle emozioni e di tutte quelle complesse dinamiche che regolamentano il comportamento dell’individuo. Win or Lose, la prima serie della Pixar pensata per lo streaming su Disney+, allora non può che ricondursi a quelle sensazioni e a quell’approccio alla trattazione della personalità.
La creano, scrivono e dirigono Carrie Hobson e Michael Yates, la strutturano in otto episodi (di cui a noi è stata data opportunità di vederne solo la metà) che verranno rilasciati sulla piattaforma due per volta, e la fanno ruotare attorno alle stesse vicende viste e vissute però dai differenti personaggi coinvolti. Win or Lose copre infatti più o meno l’arco di una settimana in cui la squadra di softball femminile delle medie delle Pickles si prepara per un’importante partita.
Durante questi sette giorni succede un po’ di tutto a tutti. Alunne che soffrono da morire l’ansia da prestazione provano a venir a patti con le loro paure e a conquistare il favore paterno, altre devono caricarsi sopra la schiena un ruolo in famiglia più maturo rispetto a quello a cui chiama la propria età. Ma nella serie c’è anche l’immedesimazione nelle vesti degli adulti, con un insegnante alle prese con una cocente delusione (o meglio sarebbe dire autosabotaggio) d’amore, oppure una madre giovane e single che si barcamena, non sempre benissimo, come riesce.
La trovata vincente alla base di Win or Lose sta nell’assegnare a ogni episodio una peculiarità di resa stilistica ed estro visivo, in accordo a quelle che sono le personalità e le proiezioni delle interiorità individuali. Che possono materializzarsi allora sotto forma di un mostriciattolo condensato a partire dal sudore (idea geniale) che curva le spalle con il suo peso di vivere, ma anche una corazza che richiama le passioni per le storie fantasy di uno dei personaggi e pensata come uno schermo frapposto tra il me e gli altri.
C’è davvero molta creatività ed inventiva nel modo in cui la serie sintetizza in circa venti minuti i timori, i dilemmi, le ambizioni e le debolezze dei personaggi che racconta, suddivisi con una oramai consueta, ma in un contesto simile non forzata, attenzione alla rappresentazione delle minoranze – una polemica si sollevò quando uscì la notizia che venne tagliata la parte di una personaggia transgender, in quanto quello dell’identità di genere giudicato tema ancora ‘sensibile’ per un progetto a fruizione familiare.
Spunti gustosissimi come quella di un bambino oracolo che beve bevande gassate, ricorrente in tutti gli episodi che in alcuni casi mantengono anche una sorta di trama orizzontale, si alternano allora a storie che considerano temi d’impatto sociale. Ruolo centrale della narrazione ad esempio sta infatti nell’utilizzo fatto degli smartphone e dei loro reami virtuali, approcciati come orizzonte d’espressione individuale alternativa, con le sue molte possibilità di comunicazione, ma anche come strumento che distorce il reale e contamina l’immagine di sé.
Sorprende davvero al positivo l’agilità di racconto di Win or Lose, cui grande pregio sta sicuramente nel non suddividere il vissuto dei grandi da quello di questi adolescenti e anzi farne intersecare in maniera indistricabile le scelte, rendendo impattante (senza finire mai nella paternalistica filippica, e qui sta l’intelligenza) l’azione degli uni sugli altri. Un gradito primo assaggio.
Win or Lose è in streaming su Disney+ a partire dal 19 febbraio.