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Cristiana Puntoriero
È colpa mia?: recensione del film su Prime Video
Tags: film, prime video, Recensione
Primo adattamento della trilogia di romanzi “Culpables” scritta dalla spagnola Mercedes Ron, È colpa mia? è semplicemente uno dei film più mal pensati (e problematici) dell’intero filone young-adult. Su Prime Video dall’8 giugno.
La trama ufficiale di È colpa mia?
Noah deve lasciare la sua città, il suo fidanzato e i suoi amici per trasferirsi nella villa di William Leister, il nuovo marito ricco di sua madre. Diciassettenne, fiera e indipendente, Noah fa resistenza a vivere in una reggia circondata dal lusso. Lì incontra Nick, il suo nuovo fratellastro, e lo scontro fra le loro personalità forti è evidente da subito. Noah scopre presto che sotto la maschera del figlio modello Nick nasconde una vita di risse, scommesse e corse in auto clandestine, tutto ciò da cui lei si è sempre tenuta alla larga. Nonostante la distanza abissale tra loro, entrambi iniziano a provare un’irresistibile attrazione che presto si tramuta in vera e propria passione. Né la loro rivalità né l’opposizione di tutti quelli intorno a loro li fermerà dall’innamorarsi follemente e segretamente. Ma il presente turbolento di Nick e il burrascoso passato di Noah metteranno a dura prova le loro vite e il loro amore proibito.
Che sia colpa della piattaforma Wattpad che l’ha pubblicato, dell’autrice del libro da cui è tratto Mercedes Ron o di Prime Video che ha scelto di distribuirlo, non si può non riconoscere come l’ultimo titolo young-adult a tema bad boy, amore contrastato e ormoni in subbuglio È colpa mia? sia uno dei più terrificanti dell’intero filone.
Diretto e scritto da Domingo González al suo primo lungometraggio, il film concretizza il sogno adolescenziale che molte di noi a sedici anni abbiamo avuto almeno una volta nella testa: diventare ricche all’improvviso, innamorarci del bello e impossibile di turno, (possibilmente spregiudicato, ribelle e “da salvare”), dare sfogo alla libido nella calda estate fra incontri notturni in spiaggia e baci appassionati in piscina, gironzolare fra party adrenalinici a limite del legale e sentire quel brivido del pericolo per considerarci finalmente grandi, quando in realtà grandi ancora non lo siamo.
Ecco, È colpa mia? condensa come può (spoiler: male) praticamente tutti questi elementi, uniti in chiave Orgoglio e Pregiudizio versione Gen Z con qualche appiglio tematico di spessore come la violenza di genere e il trauma dei genitori sui figli, seguendo i pattern più ordinari dell’amore fra un lui solo apparentemente rivoltoso ma dal cuore di panna, e una lei costretta dalla madre a cambiare casa e vita che si infatuerà ovviamente del primo, nonostante le infinite possibilità di opzioni migliori che le si presentano davanti.
Un po’ Babi e Step di Tre Metri Sopra il Cielo, un po’ Marco ed Eva de I Cesaroni, i fratellastri Noah (Nicole Wallace) e Nick (Gabriel Guevara) e la loro passione indecente e caliente sfogata dell’ottica rischiosa del forse incesto, diventano nel film di Gonzales gli ennesimi protagonisti di una love story teen ad alto tasso erotico che ricordano per la maggior parte delle loro caratteristiche tutti gli altri protagonisti di film del medesimo genere narrativo, non presentando alcunché di nuovo se non nel peggioramento evidente dello stesso, con una sottotrama thriller con conseguente padre rapitore e finale (agghiacciante) à la Fast & Furious per decretare la bruttura di un’operazione di cattivo gusto, partita male e finita peggio.
Gli adolescenti, secondo gli adulti
Primo di una trilogia (seguiranno con poca fantasia Culpa mia e Culpa nuestra), l’opera tende ad usare le tante forme di sopraffazione e violenza per incorniciare la giovane Noah nel destino scritto del maschile= aggressività, e dunque “insita” degli uomini anche come forma verbale, non rendendosi affatto conto di come sta manovrando l’argomento della mascolinità aspra, offensiva e manipolatoria, riflessa non solo fra i giovani come sfogo alla propria interiorità, ma esibita in quanto caratteristica performativa del genere che diventa dunque “attrattivo” e fascinoso.
Se è lecito e legale lasciarsi cullare da fantasie e illusioni adolescenziali in cui intrecciare un flirt estivo col ragazzo delle corse clandestine solletica la nostra fervida immaginazione da sedicenni, altra cosa è sublimare quelle stesse fantasie su narrazioni scritte, dirette, gestite da adulti che hanno il compito quantomeno di rendere comprensibili, reali, chiarificatori al punto di veicolare messaggi che risultino formativi (azzarderemo: didattici) e non solo piegati ai diktat delle sceneggiature algoritmiche scritte per come potrebbero piacere. Allora forse si, quella è colpa loro. Degli adulti.