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Martina Barone
Babylon: recensione dello straordinario film di Damien Chazelle
Tags: babylon, damien chazelle, margot robbie
Babylon è una storia di ambizioni smisurate e di eccessi oltraggiosi, che ripercorre l’ascesa e la caduta di molteplici personaggi in un’epoca di sfrenata decadenza e depravazione nella sfavillante Hollywood.
Nel cast: Brad Pitt, Margot Robbie, Diego Calva, Jovan Adepo, Li Jun Li, Jean Smart.
Partiamo dalla scena iniziale. C’è un elefante, ci sono degli escrementi, e questa inquadratura del deretano dell’animale viene posizionata al punto da sporcare la telecamera, così come i personaggi. Passiamo alla festa in casa. In un’orgiastica villa in cui tutto è permesso. Una giovanissima attrice si diverte col suo nuovo “amico” del mondo dello spettacolo facendogli la pipì addosso e sniffando insieme. L’overdose non mancherà ad arrivare.
È poi il momento della statua, quella distrutta da Margot Robbie che arriva di fretta e di furia in quel girone infernale di eccessi e lussuria, fatta saltare in aria al suo passaggio con una macchina che la futura attrice non manca di ammaccare: “Stai tranquillo, non è la mia”. C’è eroina, cocaina, etere, oppio, qualsiasi tipologia di droga possibile. E c’è una band di musicisti che riempiono l’ambiente già stracolmo di jazz, fin quando non diventerà troppo ingombrante con l’arrivo del suddetto elefante. E questa è solo la prima ora di film.
La Babylon di Damien Chazelle non è solamente il crocevia di tutte le stranezze e stravaganze che solo un universo eccentrico e depravato come quello dello show business potrebbe incanalare, ma è il suo concetto metaforico alle spalle, nonché il racchiudervi una parabola di grandezza e disfatta come solo il cinema sa raccontare. È l’ascesa, è la rovina. È la salita, la discesa, il sogno e tutto ciò che c’è nel mezzo.
È la storia di un giovane che da galoppino diventa assistente, da assistente diventa dirigente di studio e da dirigente di studio capisce che Hollywood è solo una parentesi, per molti, prima di diventare immortali. È un’industria che ti prende, ti accudisce, ti coccola, per poi fagocitarti e strozzarti, fin quando non decidi di scappare. Ma è inutile andare lontano, perché il cinema è un’arte abitata da fantasmi, e i fantasmi sono sempre abituati a tornare.
Dimostrandosi un cinefilo e un autore, un appassionato, ma anche un maestro in grado di saper padroneggiare una realtà come quella della finzione, Damien Chazelle si fa voce della storiografia contemporanea e ci racconta la trasformazione di un mestiere andando indietro nel tempo e spingendosi anche un pelino nel futuro – che è poi il tempo che stiamo vivendo. Come sceneggiatore decostruisce il passato per raccontarcelo nella maniera più moderna possibile.
È il vero faro del presente, il quale mostra l’unico modo per poter riportare ancora quella classicità con cui il cinema ha raccontato se stesso, dovendolo adattare ai nuovi tempi e concretizzando la sola maniera per tratteggiare una Storia del Cinema che sia in linea con le poetiche e lo sguardo post del post-moderno. È rendere dei fatti reali anche se sono solamente stralci di fantasia. È riuscire a creare uno scarto tra il simulacro e l’assicurargli un porto sicuro riconducibile alla verità di quello che è successo. Ma non c’è nulla di vero nel Babylon di Chazelle, eppure il suo finale dice proprio il contrario.
Se ogni tempo deve avere il suo narratore per rinfrescarci la memoria su cosa è stata e fin dove può spingersi la settima arte, con l’autore americano ci troviamo di fronte alla rivisitazione del panorama hollywoodiano e del suo sviluppo. Il desiderio di fare qualcosa, di fare di più, andando dal muto al sonoro, dall’apice all’addio.
Dal comprendere quanto si è stati in alto e quando, invece, si è diventati obsoleti. Perché il cinema è in divenire, soggetto alle richieste dei produttori, del tempo, del pubblico. “Non si diventa una stella. Lo si è o no. Io lo sono”. È la frase che pronuncia la Nellie Leroy di Margot Robbie, ma è ciò che descrive perfettamente l’arte cinematografica. Quella cosa che “è più grande di te”. E allora ci sparisci dentro, tutto svanisce e vai in nero.
Di cattivo gusto e magia, come decreta la giornalista di gossip Elinor St. John, Babylon è l’edonismo di una Hollywood che non c’è più – o forse non c’è mai stata – e di come la brama e la giovinezza di Damien Chazelle potevano raccontarla. Un cinema pieno di ragazze selvagge e di canzoni sotto la pioggia. La sua versione/visione di Singin’ in the Rain. La sua visione di cinema.