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Alessio Zuccari
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Nella sala stampa nel Palazzo del Cinema, Luca Guadagnino ha presentato Queer, il suo nuovo film in concorso all’81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Accanto a lui, un cast d’eccezione: Daniel Craig, Drew Starkey, Lesley Manville, Jason Schwartzman e il musicista Omar Apollo. Il film, adattamento dell’omonimo romanzo di William S. Burroughs, è stato accolto con una standing ovation di nove minuti, testimoniando l’apprezzamento del pubblico per questa intensa esplorazione dell’amore e dell’identità.
Un progetto nato da un legame personale
Guadagnino ha raccontato di aver letto Queer per la prima volta a 17 anni, in un’edizione italiana intitolata Diverso. Ha dichiarato di essere rimasto estremamente colpito dal romanzo e sottolineato come la storia, priva di giudizio e intrisa di romanticismo, lo abbia profondamente influenzato. Ha descritto il film come “un atto d’amore” e un’esplorazione delle relazioni umane, con l’obiettivo di spingere lo spettatore all’autoconsapevolezza.
Daniel Craig: una trasformazione radicale
Nel ruolo di William Lee, Daniel Craig offre una performance intensa e vulnerabile. L’attore ha espresso entusiasmo per il progetto, affermando che questo è il genere di opera in cui ora vuole recitare, lasciando intendere un cambio di rotta per la sua carriera.
Craig ha anche raccontato le scene intime con Drew Starkey, sottolineando l’importanza di renderle “emotive, realistiche e naturali”. Ha descritto il processo come “la cosa più noiosa del mondo, si lavora in modo molto tecnico e preciso”, evidenziando la professionalità e la collaborazione tra gli attori per creare un ambiente confortevole sul set.
Durante la conferenza stampa, una domanda sulla possibilità di un James Bond gay ha suscitato una reazione ironica da parte di Guadagnino, che ha risposto: “Ragazzi, facciamo gli adulti per un secondo. A nessuno importa quali siano i gusti sessuali di James Bond. L’importante è che porti a termine la missione”.
Un’opera corale di grande impatto
Queer non è un film sull’omosessualità e nemmeno un manifesto. È semplicemente un ritratto crudo di solitudine, girato con delicatezza quasi chirurgica. Guadagnino non giudica mai i suoi personaggi: li osserva, li accompagna, li lascia ferire e ferirsi. “Non volevo moralismi,” ha dichiarato in conferenza stampa. “Questa è una storia d’amore. Punto.”
A sostenere l’atmosfera sospesa del film ci sono la fotografia ipnotica di Sayombhu Mukdeeprom, i costumi disegnati da Jonathan Anderson e una colonna sonora originale firmata da Trent Reznor e Atticus Ross. Tutto è ovattato, febbrile, come in un sogno alcolico da cui non ci si vuole svegliare.
Alla Mostra del Cinema di Venezia Queer ha ricevuto una lunga ovazione. Non tanto per il nome del suo regista o del protagonista, ma per la sincerità che sprigiona. È un film piccolo nei gesti, ma enorme nella sua vulnerabilità. Guadagnino firma forse la sua opera più autentica e Daniel Craig – finalmente libero da smoking e martini – ci regala il suo personaggio più indifeso.