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Alessio Zuccari
Cortina Express: recensione del film di Natale di Eros Puglielli
Tags: Christian De Sica, Cortina Express, Eros Puglielli, Isabella Ferrari, Lillo Petrolo
La commedia di Natale in Italia funziona sempre da grande catarsi per un pubblico che nel periodo in cui tutti devono essere e sentirsi più buoni, forse un pochino vuole lasciare aperta pure la valvola dello sfogo. Cortina Express però non è un vero e proprio cinepanettone, anche se a quell’immaginario la scena d’apertura del lavoro diretto da Eros Puglielli tenta di riallacciare subito la memoria: una discesa in scii su di una montagna innevata accompagnata da un brano musicale con grafiche in stile anni Ottanta.
Ma di quella squadra cinematografica – la Filmauro dei De Laurentis in produzione, Neri Parenti in regia e la coppia protagonista Christian De Sica – Massimo Boldi – resta solamente un tardo residuato, una parvenza, una percezione nostalgica. Dopotutto erano i tempi dello yuppismo, dei cafoni arricchiti troppo e troppo in fretta, che da Vacanze di Natale (1983) in poi i cinepanettoni un po’ parodiavano, un po’ solleticavano nel baccano luccicante del consumo a ogni costo.
Di quel corso filmico, che lungo i decenni ha perso pezzi, s’è sciupato e svilito – il profondo abisso con In vacanza su Marte nel 2020, ma l’ultimo sfiato del genere è forse databile al 2011, Vacanze di Natale a Cortina – rimane dunque un interprete, De Sica, una location, il ritorno per la quarta volta proprio nella Cortina delle stravaganze sociali e dei prezzi folli, un immancabile zompettare su una comicità degli equivoci e una bella dose di volgarità. Non passano infatti nemmeno 60 rintocchi sulla lancetta dei secondi perché vengano assestati in rapida successione un “cazzo-coglione-cazzo-cazzo-coglione”. Come ad assicurare: tranquilli, siamo a casa.
Allora Cortina Express attraverso questi due o tre fattori di attivazione della memoria prova a recuperare un percorso mentale con il quale discutere la sua pantomima di personaggi tristi, ingrigiti, incanutiti nell’animo. Una lunga sequela di sconfitti sul tempo (ne usciranno tutti un po’ consapevolmente acciaccati) sui quali svetta il Lucio De Roberti del già citato De Sica, ancora traffichino squattrinato e donnaiolo (lo discuteva di recente, al rovescio, Gigolò per caso, serie sempre diretta da Puglielli), sopra il quale l’interprete richiama il suo consolidato repertorio artistico, persino il trademark del “delicatissimo”.
Lucio deve evitare per questione di conti in banca che il nipote (Francesco Bruni) si sposi con la figlia di Patrizia (Isabella Ferrari), discografica che per altre questioni di altri conti in banca vuole invece far firmare delle carte sospette al poveraccio Dino Doni (Lillo Petrolo). Che a sua volta sta tentando di recuperare a tutti i costi, ma mentendole riguardo il proprio status sociale, il rapporto con la figlia, (Beatrice Modica) che invece è rapita totalmente dal repellente trapper Osso Sacro (Riccardo Maria Manera), personaggio che è forse il gancio più diretto alla grettezza di un’attualità che la sceneggiatura di Tommaso Renzoni vede assuefatta dalla pienezza – o dalla vuotezza – del portafoglio.
Gira tutto perennemente intorno al soldo, ai mezzucci per arrivarci e alle scortesie per arrivarci ancora più in fretta. Certo, forse al film importa troppo poco se una trama di spessore davvero misero si trova a ricorrere, con una certa superficialità, a gag-grimaldello di dubbia eticità come il riprendere in video un amplesso all’insaputa di una delle persone coinvolte per poterlo usare poi come ricatto con un’altra persona ancora. E troppo stupisce invece il notare come si punti ancora, nel 2024, all’ironia spicciola su ‘gnocche’ e ‘piselli’, con ovviamente spazio allo sghignazzare su personaggi transessuali o travestiti. Si dirà: fa parte del pacchetto.
Farà pur parte del pacchetto, ma è l’acciacco geriatrico di una formula che ha da offrire una pochezza che quando non arriva in sagacia di scrittura, la butta sempre nel calcio d’angolo dello slapstick, della commedia di corpo e di ambiente. Che sono i momenti in cui qualcosina Cortina Express riesce pure a tirarla fuori dal cilindro, complice soprattutto la bravura di posizionamento in scena di Lillo (al cui percorso di slancio comico negli ultimi anni mancava davvero solo questo) e la complicità che trova con il mafioso russo di Paolo Calabresi, in ‘sottotrama’ da noir – la trovata del ratnik, il gioco delle dita e del coltello, sono i cinque minuti migliori del film.
Un’opera che insomma prova a ripensarsi nella tradizione di un cinema che fu, traendosi però in parte via dallo spirito della nostra contemporaneità e cercando una chiave che concili nel mezzo. A suo modo saprà divertire, perché tornerà a far sentire, in santo e meschino sussulto di pancia, parte di un mondo che è sempre paese.
Cortina Express è al cinema con Medusa Film dal 23 dicembre.