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Dragon Trainer, recensione del film live action
Alessio Zuccari

Dragon Trainer, recensione del film live action

Tags: dean deblois, dragon trainer, gerard butler
Dragon Trainer, recensione del film live action
Dragon Trainer, recensione del film live action

Dragon Trainer, recensione del film live action

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Alessio Zuccari
Tags: dean deblois, dragon trainer, gerard butler

Al cinema con Universal Pictures in anteprima dall’8 giugno e poi in tutte le sale dal 13 l’opera diretta da Dean DeBlois e basata sul film d’animazione del 2010.

C’è poco da fare: la messa in live action di opere in origine d’animazione agisce sempre come un atto di riduzione creativa. È fisiologico che questa traslazione si configuri come una limitazione di quella postura plastica che non è solo uno stile, bensì un linguaggio che quindi si esprime secondo certi termini e che su tali termini stabilisce anche una soglia di accettazione riguardo ciò che può accadere e come può accadere. Ed è per questo che i live action, anche i più composti, superano con difficoltà la soglia dell’essere bollati come mera e pallida replica.

Tuttavia con Dragon Trainer si ha praticamente da subito la sensazione di trovarsi davanti l’eccezione. Sarà perché in scrittura e regia c’è con pieno controllo creativo Dean DeBlois, il regista del Dragon Trainer del 2010 – creatore tra l’altro anche di Lilo & Stitch del 2002, la cui versione live action è curiosamente arrivata nelle sale in questo stesso periodo. Sarà perché l’intero comparto tecnico è stavolta all’altezza delle grandi aspettative, non ripiegato su fondali posticci ed effetti visivi traballanti. O sarà forse perché proprio quel Dragon Trainer del 2010 è uno dei più validi film d’animazione di questo secolo, testo contemporaneo fondamentale sul ruolo del maschile, del paterno, dell’amicizia.

Dragon Trainer, di cosa parla il film

Dragon Trainer, recensione del film live action
Photo Credits: Universal Pictures

Insomma, diciamolo a chiare parole: il live action di Dragon Trainer ha del meraviglioso. Anche a fronte della premessa di poco sopra. Perché il più grande limite della riproposizione di DeBlois è il fatto stesso di essere una riproposizione, adattata in sostanza uno a uno sul film originale, a sua volta tratto dal libro How to Train Your Dragon del 2003 di Cressida Cowell. La storia rimane quella del giovane e impacciato Hiccup (Mason Thames), figlio del capo vichingo Stoick l’Immenso (Gerard Butler, che riprende il ruolo), che sogna di combattere i draghi come fa da secoli la sua tribù. Solo che a un certo punto ne incontra uno e finisce per farci amicizia, la temibile Furia Buia che Hiccup ribattezza Sdentato.

Lo script di questa nuova pellicola percorre momento per momento gli snodi già noti di una storia ottimamente scandita tra prove, alleanze (quella con Astrid di Nico Parker, forse una cotta), insegnamenti (Skaracchio di Nick Frost). La durata però si allarga a due ore piene – l’originale era di una e mezza – tuttavia senza scadere nell’annacquamento. Anzi, l’espansione agisce in particolare in due modi: donando ancora più grandeur a una trasposizione che non solo visivamente regge, ma convince e affascina con l’ausilio della fotografia di Bill Pope (consigliato dal premio Oscar Roger Deakins, all’inizio la prima scelta); e poi concedendo più respiro a certi scambi intimisti tra i personaggi, dove a guadagnarne sono sentimento ed emozione.

Valore aggiunto di un live action, troppo spesso ignorato, dopotutto sta proprio nella recitazione. E Dragon Trainer può vantare un cast azzeccatissimo, dove Thames interpreta alla perfezione il ruolo tra lo svampito e il portatore di un’idea rinnovata di coraggio tramite la cooperazione, mentre a fargli da contraltare c’è un Butler in perfetta forma e del tutto a suo agio nel burbero e borbottante leader. In fondo Dragon Trainer resta una delle migliori tesi recenti sulla virilità a confronto con il suo anacronismo e le sue retoriche, schiantata addosso alla totale inadeguatezza nel fronteggiare le sfide del futuro.

Hiccup e il maschile decostruito

Dragon Trainer, recensione del film live action
Photo Credits: Universal Pictures

Sta allora qui il gancio che valida più che mai la riproposizione oggi di un’opera del genere, accordata alla perfezione allo spirito del tempo e in particolare di questi 15 anni. Hiccup ripensava in maniera lucida e dirompente il ruolo del maschile già nel 2010, segnando una rottura netta con quelle miopi retoriche culturali e sociali – il rifiuto, in sostanza, del “la guerra dei nostri genitori sarà la nostra”.

Rivederlo adesso qualifica dunque in maniera ancora più incisiva i profondi mutamenti conosciuti da un periodo durante il quale si è iniziato a ripensare con decisione il rapporto tra maschile e femminile, e di rimando del maschile nei confronti di se stesso e delle forze motrici che lo caratterizzano. Che ha conosciuto la messa in discussione di quel modello virile da parte di un movimento epocale come quello del MeToo e sta giungendo a una sintesi anche di immagine “decostruita” del maschile cinematografico: pensiamo a nuovi modelli di riferimento divistico come Paul Mescal, Pedro Pascal, Josh O’Connor.

Certo, le insidie di un’estremizzazione giovanile nel rapporto tra i sessi è presente, con la serie Adolescence che ha portato la questione in un dibattito pubblico in cui già risuonano i fatti di cronaca nera e il bullismo machista di governanti di mezzo mondo. Ciò non toglie che Dragon Trainer tra le tante insipide proposte sorelle sia quella più incisiva nel trasmettere una carica valoriale forte da sé e forte di un racconto epico nel rovesciare l’epica. Ha tutto il meglio dell’originale e riesce ad aggiornarlo con gli strumenti di questa nuova veste, non per ultimo uno Sdentato di cui è vincente il recupero dell’iconico design, qui reso credibile e coerente nell’interazione con Hiccup. Ecco, per chi vuole pensare le trasposizioni live action da qui in poi, il nuovo standard di riferimento sarà e dovrà essere Dragon Trainer. Un nuovo, vecchio grande film.

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