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RoFF19 | Il treno dei bambini, recensione del film di Cristina Comencini
Alessio Zuccari

RoFF19 | Il treno dei bambini, recensione del film di Cristina Comencini

Tags: Barbara Ronchi, Cristina Comencini, Il treno dei bambini, netflix, serena rossi
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Alessio Zuccari
Tags: Barbara Ronchi, Cristina Comencini, Il treno dei bambini, netflix, serena rossi

Presentato nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma 2024 la pellicola storica con Serena Rossi e Barbara Ronchi.

Della maternità se ne ha sempre un gran da dire. Su a chi debba spettare, su chi debba esserne responsabile, su quando debba arrivare. E delle sue profonde implicazioni, soprattutto intime e psicologiche, se ne perde spesso il senso nel chiacchiericcio di chi vorrebbe imporre questo o quello. Ecco allora che il nuovo film di Cristina Comencini, Il treno dei bambini, rimette al centro la maternità rendendola un materiale cinematografico complesso a partire da una semplice azione: spaccandola in due.

L’opportunità la offre il romanzo omonimo di Viola Ardone, recente bestseller edito da Einaudi, che guarda al 1946 di una Napoli devastata dal passaggio del secondo conflitto mondiale. Una città poverissima che nella sceneggiatura scritta da Comencini con Furio Andreotti, Giulia Calenda e Camille Dugay, è popolata per lo più da mamme e bambini, vittime che restano viventi e alla cui memoria il film è dedicato. Ombre che si trascinano in cerca di un tozzo di pane e che attualizzano il tema dell’opera nel momento in cui la si pensa arrivare mentre le pagine dei giornali rilanciano le immagini delle terribili schermaglie armate che sfollano, dilaniano e affamano famiglie.

L’Italia che fu solidale

RoFF19 | Il treno dei bambini, recensione del film di Cristina Comencini
Photo Credits: Netflix

Si diceva, una doppia maternità. Da una parte una madre naturale, dall’altra una adottiva. La prima, l’Antonietta di Serena Rossi, vedova di una guerra che le ha lasciato in bocca solo macerie. La seconda, la Derna di Barbara Ronchi, impara l’amore familiare senza aspettarselo arrivare in casa. E nel mezzo sta il piccolo Amerigo di Gennaro Apicella, che nell’immediato secondo dopoguerra, insieme ad altri settantamila bambini, ha risalito l’Italia grazie al programma di solidarietà dei ‘Treni della felicità’ organizzato dal Partito Comunista.

In un periodo d’estrema fame, i fanciulli del sud del Paese vennero infatti accolti dalle famiglie del nord per essere rifocillati e per ritornare poi a casa dopo un anno. Nel porsi come racconto delicato e commovente di separazione e avvicinamento, quella che scatta Il treno dei bambini è in fondo l‘istantanea (con la morale da sano film nazionalpopolare) di un’Italia città aperta. Attraversata dalle sue storiche differenze e diffidenze (nord-sud, fascisti-comunisti, ricchi-poveri), eppure capace di immaginarsi protesa verso l’altro.

Un film di grandi interpretazioni

RoFF19 | Il treno dei bambini, recensione del film di Cristina Comencini
Photo Credits: Netflix

E il film riesce a farlo con efficacia perché innanzitutto una delle produzioni italiane di Netflix più curate, pensato per valorizzare la ricostruzione storica di ambienti, costumi, dialetti. Poi perché Comencini si affida moltissimo a un lavoro sull’empatia che parta dai corpi per come sono e per come stanno, dalla recitazione che la regista cerca nelle distanze, fisiche e quindi di prossemica, da accorciare. In questo è impressionante la magrezza del piccolo Apicella, bravissimo, che sembra in grado di tenersi tutto insieme solo con quel fascio di nervi squillanti di una fanciullezza che è promessa, per lui e per il Paese intero, della rinascita del domani.

Soprattutto incredibili sono Rossi e Ronchi. Con la prima che interiorizza l’accettazione del distacco dal figlio negli sguardi di una tristezza profonda e nel parlato tartagliato, negato. Con la seconda che pare invece non saper nemmeno dove mettere le mani durante un abbraccio e arriva a scoprirsi capace di stare vicina. Loro due sono l’architrave su cui poggia Il treno dei bambini, che nonostante abbia il punto di vista di Amerigo – tra amicizie, scaramucce, avventure e la passione per la musica – assume una chiara e sacrosanta prospettiva al femminile. Che è una visione del mondo da cui il film vuole ripartire, perché carica di una memoria storica e sociale spesso costretta come subalterna e quindi consapevole e testimone.

Il treno dei bambini è in streaming su Netflix dal 4 dicembre.

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