Top News, Festival, Recensioni
Nightbitch, la recensione del film scritto e diretto da Marielle Heller
Alessio Zuccari

42TFF | Nightbitch, recensione del film di Marielle Heller

Tags: 42TFF, Amy Adams, Marielle Heller, Nightbitch
Nightbitch, la recensione del film scritto e diretto da Marielle Heller
42TFF | Nightbitch, recensione del film di Marielle Heller

42TFF | Nightbitch, recensione del film di Marielle Heller

Top News Festival Recensioni
Alessio Zuccari
Tags: 42TFF, Amy Adams, Marielle Heller, Nightbitch

Amy Adams è protagonista di un’opera che discute il ruolo della maternità con un’ironia acre tra fantasy e body horror.

Se avete un problema con i film che sono tutti in grande metafora, allora potreste avere un problema anche con Nightbitch. Però è importante chiarirlo subito, quello scritto e diretto da Michelle Heller non è un brutto film. Presentato in anteprima italiana nel Fuori Concorso del Torino Film Festival 2024, basato sul romanzo omonimo di Rachel Yoder e con protagonista una bravissima Amy Adams (dai, manco a dirlo), al centro della storia c’è una madre casalinga che a un certo punto non ne può davvero proprio più.

Prepara colazione, pranzo, cena, porta il figlio piccolo al parco e poi a un gruppo di letture per bambini, gli fa il bagno, ci gioca insieme, lo mette a dormire a letto e poi se lo ritrova sveglio a saltarle affianco alle 4 di notte. Quindi ricomincia ancora, ancora e ancora. Tutto questo mentre il papà (Scott McNairy) è in continue trasferte di lavoro, torna per brevi periodi e sembra non sapere esattamente dove mettere le mani per aiutare con le faccende domestiche. Allora che succede? Questa madre inizia a scoprire di vivere uno strano sfogo che è fuga dalla realtà in cui è assorbita: la notte si trasforma in cane.

E fa esattamente le cose che fanno i cani! Corre libera, si incontra con altri randagi (sono donne nella sua stessa condizione?), va a procurarsi cibo e forse ci scappa pure di mettersi a far passare un brutto quarto d’ora a un gatto. O magari è tutto uno slancio mentale nella testa della protagonista? Nightbitch sembra suggerirlo in certi momenti, poi smentirlo in quelli immediatamente successivi, quindi rigira di nuovo tutto sottosopra. Qui stanno il buffo e la peculiarità di una pellicola sospesa tra il fantasy e il body horror (la mutazione del corpo di lei, più accennata che mostrata), tra la riflessione sociale e una superficie di acre ironia.

La gabbia di una maternità in disequilibrio

Nightbitch, recensione del film di Marielle Heller

Perché di fondo la discussione del lavoro di Heller sta nell’affrontare il tema della maternità come una gabbia mentale e fisica, dalla quale si può rimanere risucchiate nelle sue molteplici derive che mescolano le questioni del corpo (“il terrore di non sentirsi più magra”) alle questioni della testa (la depressione post parto) e a quelle della società (lo squilibrio di ruoli nel patto genitoriale). Un triangolo delle Bermuda in cui persino le iniziative più carine e spontanee paiono destinate a carambolare sempre in disastri, o nella percezione di esiti disastrosi.

Nightbitch affronta dunque la routine, la ripetitività, la circolarità della vita di questa donna traslandola sul piano di un empowerment che taglia fuori l’inadeguato costrutto della società contemporanea (non solo: in inserti ‘misterici’ ricorda la madre, legando l’esperienza di genere a quella diretta familiare) tornando a un’idea di primordiale, alla radice animale, alla dimensione pre-sociale. Non lo fa condannando in invettiva: ad esempio il personaggio del marito non è quello di un uomo cattivo, ma piuttosto di un uomo ineducato alla comprensione. Ma ragionando con un umorismo amareggiato le sensazioni di invisibilità, di una repressione passiva ma costante, che taglia l’ossigeno.

Però il peccato del film sta che la voce interiore della madre, che è anche la nostra narratrice, è tarata per essere un vettore di comprensione a grana grossa, grossissima. Come se stesse lì ad assicurarsi che tutti, ma proprio tutti, abbiano capito tutto, ma proprio tutto. Perché questa necessità di dialogare così tanto al di fuori delle immagini? Perché dire e sottolineare ripetutamente ciò che mostri, spiegare il senso del meccanismo narrativo? Chiaro, la risposta sta nel target di riferimento di un’opera simile, pensata per essere il più trasversale possibile – in Italia arriverà direttamente in streaming su Disney+.

Resta però la sensazione di una parziale negazione di quella complessità, di quella molteplicità già interna al termine bitch del titolo (cagna, stronza, puttana. Per chi, per quale ragione?), di un ripiegarsi continuo su un terreno pianeggiante dove tutto stia a dovere nei ranghi. Ma di Nightbitch restano l’idea e l’empatia, che non sono poco.

Articoli recenti

La trama fenicia: recensione del film di Wes Anderson
Top News
Alessio Zuccari
La trama fenicia: recensione del film di Wes Anderson
maschi veri
Recensioni
Federica Marcucci
Maschi veri: la recensione della serie Netflix
maschi veri
Top News
Federica Marcucci
Maschi veri: il cast parla della serie tv
Lilo & Stitch: recensione del film Disney live action
Top News
Alessio Zuccari
Lilo & Stitch: recensione del film Disney live action
STAY CONNECTED