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Skeleton Crew, abbiamo visto i primi tre episodi della serie nel mondo di Star Wars
Alessio Zuccari

Skeleton Crew, abbiamo visto i primi tre episodi della serie nel mondo di Star Wars

Tags: David Lowery, disney, jon watts, jude law, Skeleton Crew
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Skeleton Crew, abbiamo visto i primi tre episodi della serie nel mondo di Star Wars

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Alessio Zuccari
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Ecco le nostre prime impressioni su uno show davvero promettente per come concilia toni e ruolo dell’immaginazione.

Dura la vita di un capitano pirata. Oggi al comando di una ferocissima ciurma, domani in gattabuia. Gettatoci magari da quella stessa ciurma che ha deciso di ammutinarsi a seguito di un magro bottino. Un insegnamento che Jack Sparrow conosceva molto bene, uno dei personaggi e degli immaginari ai quali Skeleton Crew pare strizzare subito l’occhio. Che gradita e rinfrescante sorpresa sembra essere questa nuova serie ambientata nell’universo narrativo di Star Wars, di cui abbiamo avuto modo di visionare i primi tre episodi su un totale di otto.

La creano Jon Watts – uno dei figliol prodighi di casa Marvel (al timone della trilogia dello Spider-Man di Tom Holland), di recente uscito su AppleTV+ con Wolfs – e Christopher Ford e la collocano temporalmente dopo la caduta dell’Impero Galattico, con la Nuova Repubblica che tenta di amministrare al meglio una galassia di nuovo libera. Un periodo temporale che la serialità legata a Star Wars sta esplorando in maniera approfondita, dopo The Mandalorian, The Book of Boba Fett e Ahsoka. E in cui c’è abbastanza spazio per raccontare di tutto, e nei termini più disparati.

Per l’immaginazione dei fanciulli

Skeleton Crew, abbiamo visto i primi tre episodi della serie nel mondo di Star Wars

Star Wars allora può essere anche questo: una storia di pirati, ma dal punto di vista di quattro ragazzini. Come si incontrano questi due mondi? Un po’ per caso, come spesso capita. Wim (Ravi Cobot-Conyers) e Neel (Robert Timothy Smith) vivono nel tranquillo e ordinario pianeta di At Attin. Talmente tranquillo che sembra un grande quartiere di un sobborgo, tutto villette e giardini. Le regole sono rigide, la scuola tremendamente noiosa e si avvicina un importante esame che stabilirà il percorso di carriera e vita dei ragazzi. Wim però un giorno fa tardi e si imbatte in una botola segreta fuori dai confini della città, dove non è permesso andare. Allora non importano i divieti del padre (Tunde Adebimpe) o di Fara (Kerry Condon), una dei supervisori di At Attin e madre di Fern (Ryan Kiera Armstrong), una ragazzina che assieme alla sua amica KB (Kyriana Kratter) finisce in combutta con Wim e Neel: questo è un mistero di cui andare a fondo.

Skeleton Crew parte nella maniera più insolita e distante in tono da qualsiasi cosa il cosmo creato da George Lucas abbia fino ad ora mai offerto. All’inizio è straniante e non potrebbe essere altrimenti, complice anche quella patina estetica sotto la quale molta TV streaming finisce inesorabilmente piallata. Poi però la serie ha un click. Ci fa ricordare l’insegnamento primario che fu proprio di Lucas, che Star Wars è sempre stato pensato e realizzato con in testa il sogno dei bambini. E allora diventa esattamente questo, un atto di immaginazione ad altezza di fanciullo che si alimenta di un mito interno che guarda ai Jedi lontani e alle storie di tesori, templi e feroci tagliagole.

Tra le mani di questi quattro ragazzini, che tentano di fuggire un’impostazione scolastica improntata all’istruzione meramente tecnico-matematica, esplode una narrazione in coming of age che guarda ai grandi classici dei film per ragazzi degli anni Ottanta, tra cui su tutti non può non balzare in mente I Goonies. Prima che riescano a rendersene conto, il gruppetto, con stampata in faccia l’effetto WOW della Spielberg Face, si ritrova a bordo di una vecchia astronave e a solcare l’iperspazio.

Le carte in regola per una buona ciurma

Skeleton Crew, abbiamo visto i primi tre episodi della serie nel mondo di Star Wars
Photo Credits: Disney+

Di fondo a Skeleton Crew c’è un interessante mistero a muovere le carte, e in superficie c’è soprattutto l’incontro con il Jod Na Nawood di Jude Law. Un figuro ambiguo e affascinante, capace di utilizzare la Forza e rinomato farabutto pirata con il nome di Crimson Jack (ve lo abbiamo detto che c’era del Jack Sparrow). Law e i quattro giovani interpreti paiono in ottima sincronia, e in tre episodi lo show spazza quei timori di straniamento iniziale facendosi anche ottimo e curato (la sensazione di povertà visiva passa) intrattenimento, frenetico, duro e vario tra spazioporti, cieli e lontani rifugi. Con pure gli immancabili e memorabili droidi, come l’SM-33 doppiato da Nick Frost, il primo ufficiale della sgangherata Onyx Cinder.

Fortunatamente dietro ci sono sguardi che sanno ciò che stanno facendo. Il primo episodio è diretto da Watts stesso, con gli altri due in mano a David Lowery. E poi arriveranno anche quelli dei premi Oscar Daniel Kwan e Daniel Scheinert (Everything Everywhere All at Once), Bryce Dallas Howard, Lee Isaac Chung, Jack Schreier. Tutti, ad eccezione dei Daniels, già in scuderia Disney/Marvel/Star Wars, e tutti nomi dal peso specifico non indifferente, a differenza del tanto dilettantismo a cui altre serie precedenti del corso Star Wars si erano affidate.

Come sempre, tre episodi non possono essere esaustivi per completare un parere. Ma di certo possono essere indicativi delle carte in regola di una storia con cui Skeleton Crew prova a fare qualcosa di differente, con idee chiare e non a mezzo servizio di cui in troppe occasioni precedenti le espansioni seriali della galassia lontana lontana si era accontentata.

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