Aspettare un “Ti Amo”
Nei film sentimentali, poi, le convenzionalit? sono ci? con cui pi? riusciamo ad andare a nozze. Due persone si incontrano, cadono irrimediabilmente l?una nelle braccia dell?altra e il loro amore, che sembra il pi? potente che sia mai esistito sulla terra, rappresenta quel vincolo inossidabile che niente e nessuno potr? mai allentare. N? i tormenti o le difficolt?, persino le malattie. Un affetto fatto di frasi preconfezionate, di sguardi lunghi e luccicanti e dell?attesa di un ti amo che ? la promessa pi? scontata – eppure voluta – che lo spettatore si aspetta di trovare. Ovviet? nella scrittura che, per?, ? pur necessario accettare, cercando di comprendere il carattere principale di questo tipo di narrazioni, augurandosi che, pur nella prestabilita intesa tra ci? che si vuole e ci? che si ottiene, abbia comunque una dignit? tale da poter superare il tempo limitato della visione.
Rimodellare un racconto
Dignit? che invece completamente manca a un prodotto come Cosa mi lasci di te, indefinita e indefinibile pellicola romantica che porta all?eccesso questa smielata profusione di sentimenti, riuscendo a sbagliare ogni singola componente strutturale e contenutistica che il film avrebbe potuto presentare. Non potendo nemmeno ribattere con la scusa della trattazione filmica basata su di una storia vera, rimandando a fatti realmente accaduti in un lasso di tempo che l?opera fa cominciare dal 1 settembre 1999, il film mostra la completa incapacit? di saper rimodellare stilemi conosciuti per renderli decente forma cinematografica, contraendosi maldestramente su se stessa, invocando il patimento degli spettatori.
Un romance inerte fatto di aforismi?
Come se non bastasse la sofferenza intrinseca in un racconto che prevede la lotta estenuante di una giovane donna contro un lacerante dolore, Cosa mi lasci di te amplia l?intolleranza verso una pellicola portata allo stremo di qualsiasi forma di emozione o compassione, coinvolgimento o dispiacere, esprimendosi con superficialit? nei termini del genere a cui appartiene l?opera. Nella gi? poco tollerabile artificiosit? della storia d?amore ai suoi inizi, dove colpi di fulmine e aforismi saturano ben presto la clemenza del pubblico, pur accettato il patto di trovarsi di fronte a un romance inerte e confezionato, ? nel trattamento della sua seconda parte che l?insofferenza verso il film diventa l?unico moto che lo spettatore sente provare, assistendo alla tragedia senza viverla davvero, subendola senza riuscirne a entrare in contatto. Un feticismo del romanticismo, dello sconforto e dell?irrimediabili volont? del fato fanno da contrappunto a un dialogo che Cosa mi lasci di te cerca di improntare attorno a uno sfibrante senso della fede, che risulta ancora pi? forzato e discutibile in vista della velata funzione che il film vuole farne, con tutti i suoi incentivi nel continuare a credere – il titolo originale ?, appunto, I Still Believe – e nella prosopopea di miracoli inspiegabili e fatalit? designate. L?inafferrabile leziosit? dell?introduzione sentimentale di Cosa mi lasci di te tende alla vacuit? nel suo proseguo melodrammatico scadendo insensibilmente nell?ignobile fattura di un film che non restituisce nulla di quello che Jeremy Camp e sua moglie Melissa hanno attraversato, irritando e confondendo fino allo sfinimento, per un lavoro di per s? incommentabile.
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