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Roberta Panetta

She-Hulk Recensione: il miglior finale che si potesse desiderare?

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She-Hulk Recensione: il miglior finale che si potesse desiderare?

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La serie tv Marvel Studios She-Hulk giunge al termine con un finale rocambolesco e dall’incredibile audacia.

Esperimento. È proprio questo il sostantivo che mi sovviene guardando nel complesso la nuova serie Marvel Studios She-Hulk. Partita come una legal comedy, lo show con protagonista Jen Walters (Tatiana Maslany) giunge a una conclusione inaspettata e illuminante. Un esperimento che, ancora una volta, ci fa comprendere quanto lontano siamo dal primo cinecomic del Marvel Cinematic Universe.

Esiste un mondo di immagini sommerse che compongono un quadro unico e in movimento frenetico, ma che, a volte, si dimena inutilmente, invisibile agli occhi di molti.
Osservando il panorama cinematografico di genere risulta evidente come tante produzioni promettenti abbiano trovato e trovino degli ostacoli sulla strada; forse perché vittima di pregiudizio selettivo, faticano a trovare un supporto strutturale da parte di un’industria piuttosto distratta, per usare un eufemismo.

Al di là dei soliti luoghi comuni da cinecircolo, l’industria cinematografica e seriale mondiale è cambiata radicalmente, diversificandosi profondamente attraverso le sue varie declinazioni di genere. La creazione di varie nicchie tematiche ha permesso per esempio a Kevin Feige di giocare con ogni mezzo narrativo a sua disposizione, rischiando e andando incontro a critiche che gli stessi showrunner di She-Hulk si divertono a sollecitare.

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Foto: Marvel Studios

L’universo femminile in tv

Riconoscere un senso realmente stratificato (e una centralità) al termine “esperimento”, verificarne le possibilità di espansione, considerandolo come tutto ciò che è esperienza materiale ed esplorativa nel/del cinema e nelle/delle serie tv, è un passaggio importante, e non solo in termini di riconversione terminologica. Questo passo può provocare un’apertura, rende facile mettere in relazione forme, stili, modalità produttive all’apparenza lontane, e in fondo può illuminare in maniera trasversale e non canonica l’intera storia dei cinecomic che verranno.

Perché She-Hulk, diciamolo, forse secondo solo a WandaVision, è qualcosa che non si era mai visto sul piccolo schermo. Un prodotto che difficilmente può essere collocato in un unico genere. Un legal comedy, un legal drama, un cinecomic e una serie di fine denuncia. She-Hulk, più di tutto, marca un diverso approccio al tentativo di raccontare l’universo femminile. Abbiamo parlato più volte della potenza rivoluzionaria di una serie come Sex and the City in termini di racconto dell’emancipazione femminile. Ci siamo confrontati su quanto la serie HBO, ideata da Darren Star, abbia modificato profondamente i canoni entro i quali venivano raccontate le donne in televisione. Prima del 1998, anno di uscita della prima stagione di Sex and the City, le donne non si erano mai sentite protagoniste di una serie che le mostrasse assolutamente affrancate da stereotipi e tabù.

Ma se non fosse stata proprio Sex and the City a rivoluzionare questi parametri? Se prima di Carrie Bradshaw noi avessimo già conosciuto in una serie tv una donna forte, indipendente e libera da sovrastrutture?
Ebbene sì. Ally McBeal è la nostra donna. Nel 1997 l’emittente FOX ha mandato in onda la prima stagione di una serie tv che raccontava le vicende di una giovane donna appena diventata avvocato, con una fantasia fuori dal normale e tante ambizioni. Questa era la premessa di Ally McBeal, la serie tv prodotta da David E. Kelley, che ha davvero temperato la matita con cui venivano disegnate le donne in tv.

Ally sognava a occhi aperti per la gran parte del tempo su piccole vendette e desideri nascosti. Ma la vera rivoluzione non era nella sopraffazione del genere maschile bensì nella parificazione. Cosa che, a vederla nel suo complesso, risulta l’obiettivo finale di She-Hulk: in che modo “il sesso forte” dovrebbe sentirsi minacciato dalla versione femminile di Hulk?

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Foto: Marvel Studios

Un finale senza precedenti

Si potrebbe star qui a citare ogni singolo episodio della serie Marvel Studios, comprenderne le dinamiche, ragionare sulle scelte stilistiche e narrative, ma ciò che è degno di nota è sicuramente il season finale, o meglio, il modo in cui si è scelto di raccontarlo e di costruirlo. Un finale meta-seriale che si prende gioco di ogni possibile critica e che supera ogni immaginazione. Per chi legge, qui non ci saranno SPOILER, ma un giudizio super partes che mi fa dire che la conclusione di She-Hulk è sicuramente tra le più originali mai viste, ma si veste di bizzarria forse per mascherare la scarsa genuinità di un racconto lineare.

Passino infatti gli enormi buchi di trama e le numerose domande rimaste senza risposta – qui, però, viene saggiamente anticipata la stagione 2 -, ma non passa inosservato questo disprezzo unilaterale per tutto ciò che sfugge ai dogma che questi show si impongono di rimaneggiare; paradossale poi se pensiamo che è stato proprio questo livore entusiastico a costituire il motore che ha alimentato la fiamma creativa dei Marvel Studios lungo tutta la storia del suo cinema. Illuminati e allo stesso tempo bruciati da loro stessi.

She-Hulk ha un finale “scottante” che ha un’unica, particolare caratteristica: sembra una fanfiction. Sarà un bene o un male? Questo lo lasciamo giudicare a voi.

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