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Martina Barone

Omicidio nel West End: recensione del film con Saoirse Ronan

Tags: Omicidio nel West End, sam rockwell, saoirse ronan
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Martina Barone

Omicidio nel West End: recensione del film con Saoirse Ronan

Tags: Omicidio nel West End, sam rockwell, saoirse ronan

Sam Rockwell e Saoirse Ronan sono i protagonisti in cerca dell’assassino nell’insolito whodunit Omicidio nel West End

Knives Out – Cena con delitto ha alzato di molto lo standard degli whodunit contemporanei. Ancora più con un sequel presentato al Toronto International Film Festival che sembra riconfermarne la qualità nella costruzione del giallo investigativo condito dalla più sfrontata linea comica, e che non ferma la sua ascesa vista la già confermata produzione di un terzo capitolo, acquisito come il secondo niente meno che da (i capitali di) Netflix. 

Venire dopo il momento di massimo splendore produttivo del Cluedo di Rian Johnson non è affatto facile. Non ce l’ha fatta Kenneth Branagh, il cui Omicidio sull’Orient Express del 2017 è stato surclassato dall’arrivo del Knives Out del 2019, per non citare il sequel dell’opera del cineasta britannico che con Assassinio sul Nilo del 2022 ha mostrato tutta la convenzionalità che potrebbe mai riversarsi nell’adattamento di un’opera di Agatha Christie. 

Da Agatha Christie a Omicidio nel West End

È perciò ammirevole guardare a Omicidio nel West End di Tom George e provare per l’opera del regista e sceneggiata da Mark Chappell un’innata simpatia. Una sensazione di pacatezza e ironia che vede anche in questo caso tirare in ballo la più famosa scrittrice di gialli e mettere in scena tra riferimenti e licenze poetiche il suo Trappola per topi. Esibito, ripreso, modificato, trasposto per il palcoscenico e poi per il cinema, tutto questo dentro e fuori la camera da presa. 

Un continuo rimando ad un rimando ad un altro rimando ancora, che fa della pellicola una scatola chiusa in cui possono però venir riprodotti a ripetizione sempre i medesimi schemi non rischiando mai di stancare. Un’unica struttura narrativa che l’opera presenta a più riprese divertendo poiché adattata ogni volta ad un nuovo tipo di risvolto o racconto. La metafisica del cinema e del teatro che diventano punti di congiunzione tra la realtà e la messinscena, in cui aprire e chiudere uno spettacolo rappresenta in continuazione lo stesso punto, ossia quello dell’inizio di una nuova (e sempre identica) storia. 

Comicità e indagini per un giallo sospeso

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Credits: The Walt Disney Company Italia

Ammiccando con fare affabile e stuzzicante, Omicidio nel West End asserisce con fermezza il suo essere un’operazione giullaresca del poliziesco, sovvertendone le regole del genere non sovvertendole affatto. Ripercorrendole anzi pedissequamente rompendo la sospensione dell’incredulità semplicemente perché volenteroso di farlo. Il senso di finzione che la pellicola vuole suscitare è massimo in un film che teorizza il proprio stesso contenuto, senza però che questo vada ad inficiare sulla dote dell’opera o sul banale gusto solipsistico che avrebbe potuto generare.

I vari livelli del racconto si ripetono con attenzione facendo in modo di toccare sempre i medesimi punti e fare di quel castello di cristallo un carcere da cui i suoi protagonisti non possono evadere, e non hanno nemmeno intenzione di farlo. La presenza di una comicità sopraffina rende impossibile la noia o la volontà dei personaggi stessi di voler fuoriuscire da quel loro costrutto stringato, di cui mostrano anzi di aver piacere di esserne prigionieri, sapendo intrattenere gli spettatori essendone in primis rallegrati.

È il momento di svelare l’assassino

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Credits: The Walt Disney Company Italia

Seguire i caratteri esagerati rimandanti alle pedine delle tipiche narrazioni investigative fa di Omicidio nel West End un ulteriore punto a favore nel voler rendere l’indagine la più buffa che un giallo voglia e possa aspettarsi. Merito della presa in giro delicata e puntuale della sceneggiatura, ma ancor più della capacità dei suoi attori di un surreale che riescono a inserire grazie alle loro pause e parole, agli sguardi per aria e ai piccoli gesti che li contraddistinguono. Il sapere di far parte di uno spettacolo che viene prodotto e realizzato per un pubblico che di gialli ne ha visti tanti (“Visto uno, visti tutti” afferma il personaggio di Adrien Brody fin dal principio) e che vogliono per questo arricchire di un umorismo il quale rende l’opera sospesa, fluttuante per tutta la durata e appartenente a un suo mondo unico.

Con la Saoirse Ronan più ilare e adorabile che potreste trovare e un Sam Rockwell che del suo dire poco e esprimere tanto è un campione della recitazione, Omicidio nel West End alza il sipario e ci aspetta seduti sulle nostre poltrone cosciente di star rappresentando sempre la stessa storia e, per questo, trovando qualsiasi modo per renderla diversa. Una visione irreale e frizzante che ribalta gli stilemi del poliziesco, quelli percorsi e stravolti per arrivare comunque sempre alla scoperta dell’assassino, meglio se in un epilogo in cui tutti i sospettati sono invitati a riunirsi in un lussuoso salotto in attesa di veder svelato il proprio destino. 

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