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One Life: recensione del film con protagonista Anthony Hopkins
Alessio Zuccari

One Life: recensione del film con protagonista Anthony Hopkins

Tags: anthony hopkins, helena bonham carter, james hawes, one life
One Life: recensione del film con protagonista Anthony Hopkins
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Alessio Zuccari

One Life: recensione del film con protagonista Anthony Hopkins

Tags: anthony hopkins, helena bonham carter, james hawes, one life

James Hawes firma la regia di una pellicola biografica che racconta uno dei tanti spaccati incredibili della Seconda guerra mondiale.

Film come One Life hanno un unico scopo: rinverdire la memoria. Se nel farlo rinfrancano la fiducia nell’umanità, ben venga. Li identifica da subito la consueta didascalia “tratto da una storia vera” e su questa dichiarata traccia biografica tessono racconti di rimpianti, di corse contro il tempo, di successi riconosciuti tardivamente. Forse ne state visualizzando uno proprio mentre leggete queste righe, e se lo state facendo sappiate che la pellicola diretta da James Hawes segue esattamente il suddetto tipo di coordinate.

La trama di One Life: una storia fuori dal comune

One Life: recensione del film con protagonista Anthony Hopkins
Photo Credits: Eagle Pictures

Inutile negarlo, la storia che sta al centro è una di quelle che hanno dell’incredibile. Protagonista è infatti Nicholas Winton, filantropo inglese che durante le prime e confuse fasi della Seconda guerra mondiale è riuscito a portare in salvo a Londra quasi settecento bambini originari di Praga, capitale dell’allora occupata Cecoslovacchia. È il 1938 e Hitler ha da poco annesso la regione dei Sudeti nel totale immobilismo dei Paesi europei, speranzosi di evitare così un conflitto su larga scala. Sappiamo bene com’è andata poi a finire a partire dal settembre dell’anno successivo, momento dell’ingresso delle truppe naziste in Polonia.

Winton, però, ha un dolore stretto in bocca. One Life sdoppia l’uomo in due. C’è il Nicholas del presente – anche se siamo nel 1987 – interpretato da Anthony Hopkins, e c’è il Nicholas del passato nei cui panni si cala invece Johnny Flynn. Lo diciamo subito: questa di scindere le linee temporali è una scelta che non paga molto. Perché, a conti fatti, una funziona meglio, e troppo, rispetto all’altra. Ma, rispetto all’altra, ha decisamente meno tempo per depositarsi.

Ci riferiamo al racconto ambientato su quel finire degli anni Ottanta, in cui un Nicholas oramai avanti con gli anni si è fatto accumulatore di cimeli e scartoffie del passato. La moglie (Lena Olin) gli impone di mettere ordine, e questo mettere ordine significa però fare i conti anche con una valigetta rimasta nel cassetto. In questa linea del film funziona l’idea di Hawes di lavorare sulla fissità della macchina da presa, di ancorare il corpo e lo sguardo dolenti di Hopkins sulle sedie, sulle poltrone e sul bordo piscina della casa di Winton. È evidente che in quest’uomo c’è un irrisolto, un qualcosa che non gli ha mai permesso di elaborare del tutto la statura dell’atto compiuto decenni prima.

Un racconto diviso in due

One Life: recensione del film con protagonista Anthony Hopkins
Photo Credits: Eagle Pictures

Qui, a sottolineare l’origine della frattura, interviene allora la corposa e prevalente parte di storia che naviga a ritroso e ci catapulta alla soglia degli anni Quaranta. One Life prima viaggia nell’immaginario disperato di Praga, poi fa la spola con Londra in quello che si configura come un racconto trafelato fatto di tasselli da incastrare mentre le lancette scorrono rapide e non a favore dei protagonisti. C’è la domanda cruciale del film – «Chi è lei, signor Winton?» – e c’è anche una frenesia registica e narrativa che vuole scardinare la burocrazia irrigidita britannica.

Per l’ambiziosa operazione di trasporto che Nicholas e gli altri membri del neonato comitato rifugiati (Romola Garai, Alex Sharp, Samantha Spiro) occorre seguire procedure e compilare moduli, perché come dirà qualcuno alla madre dell’uomo (Helena Bonham Carter) «il processo richiede tempo». E in questa linea temporale One Life avrebbe in effetti anche modo di configurarsi come un film lavorato sulla frustrazione dei procedimenti, delle lentezze governative che fanno eco all’immobilismo politico di un’Europa in quegli anni affacciata alla finestra.

Ma il film scritto da Lucinda Coxon e Nick Drake a partire dal libro biografico If It’s Not Impossible…The Life of Sir Nicholas Winton della figlia di Winton, Barbara, si infarcisce ad ogni costo della carica sentimentale ed emotiva. La cerca e la estrapola a partire dagli incessanti archi e pianoforti di accompagnamento sonoro fino alle annunciatissime scene madri. Non sarebbe di per sé un peccato capitale, se non fosse che nel far questo One Life si ingessa in snodi piuttosto scolastici e dialoghi a cui mancano volume e profondità.

Difficile stare sempre dietro a un passo che poi fa avanti e indietro tra le due dimensioni del film, con i loro troppo discordanti registri linguistici. Allora One Life lascia sospesi a metà con una delle tante storie che fanno il paio silenzioso con la più celebre Schindler’s List, inteneriti e sospiranti per un momento, già lontani con il pensiero quello successivo.

One Life è al cinema dal 21 dicembre.

Guarda il trailer italiano di One Life:

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