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race for glory recensione film con riccardo scamarcio
Alessio Zuccari

Race For Glory: recensione del film di Stefano Mordini con Riccardo Scamarcio

Tags: Daniel Brühl, Race For Glory, riccardo scamarcio, Stefano Mordini
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Alessio Zuccari

Race For Glory: recensione del film di Stefano Mordini con Riccardo Scamarcio

Tags: Daniel Brühl, Race For Glory, riccardo scamarcio, Stefano Mordini

Il mitico 1983 del rally italiano in un’opera che racconta il guanto di sfida della torinese Lancia alla tedesca Audi, ai tempi l’avversario da battere.

Race For Glory lo troviamo incastonato da qualche parte tra Ford Vs Ferrari e Veloce come il vento. Del primo possiede il carattere centrale della rivalità tra due grandi case automobilistiche che si contendono il primato a suon di giri di cronometro e pneumatici che sfrigolano. Qui, nel nuovo film di Stefano Mordini, la torinese Lancia rincorre infatti la tedesca Audi, che nel mondo del rally del 1983 è l’avversario da battere. Del secondo prova invece ad afferrare più che l’aspetto umano, che emerge fino ad un certo punto, il sapore locale, del contesto italiano e di un certo modo di affrontare il gigante restando attaccati al concreto e all’astuzia.

Perché la Lancia, in quegli inizi degli anni Ottanta, non ha un’auto davvero competitiva da mettere in pista. Non sono ancora i tempi della leggendaria Delta S4. Si arranca con una tecnologia inferiore dietro ai progressi fatti in Germania e con la costante minaccia di chiudere il settore corse. Ma un uomo non ci sta. È Cesare Fiorio, direttore sportivo che con coraggio e un pizzico di incoscienza ha cambiato il modo di fare le cose. Gli dà corpo con spigolo e ossessione Riccardo Scamarcio, che di Race For Glory è anche produttore e sceneggiatore assieme allo stesso Mordini e Filippo Bologna.

Un racconto sportivo dal respiro internazionale

race for glory recensione film con riccardo scamarcio
Photo Credits: Medusa Film

La pellicola è più un racconto collettivo che un biopic convenzionale, così come titoli di testa e di coda ci tengono a chiarire che non sia nemmeno una riproposizione fedele dei fatti reali. È il tentativo di mettere in strada, tra sotterfugi e scorciatoie, i rintocchi di un classico confronto alla Davide contro Golia, metafora sulla quale Race For Glory calca forse anche con un po’ di insistenza la mano. E l’intento è di farlo con un inedito profilo internazionale. Scamarcio, d’altronde, è una delle nostre poche star vendibili e cercate all’estero, pensiamo al recente Assassinio a Venezia. Al fianco dell’attore figurano infatti nomi come quello di Volker Bruch, che interpreta Walter Röhrl, il pilota designato da Fiorio, ma anche Daniel Brühl, il capo scuderia Audi, Katie Clarkson-Hill, la dottoressa sportiva McCoy, e in un piccolissimo ruolo pure Haley Bennett.

Tra queste volontà la pellicola di Mordini cerca di trovare un’identità dove far incontrare le reticenze di chi controlla i budget, di chi ha una visione e di chi poi dietro a quella visione, non senza insidie, deve mettersi alla guida. Per alcuni tratti ci riesce, anche se a dire il vero gli resta un po’ strozzato in gola il pathos e la discesa in profondità in certe dinamiche e triangolazioni dei rapporti. A partire dal personaggio di Fiorio, protagonista caratterizzato subito dal farsi spazio a colpi di aforismi e di genio. Tra le prime cose che dirà ci sono infatti che il rally è uno sport democratico, perché si corre tra le strade che frequenta la gente comune, ma anche che è una guerra che spesso si combatte ad armi impari. Il problema di Fiorio, e di rimando di un lato di Race For Glory, è che si sbilancia più su un verso che sull’altro.

Scelta artistica che convince fino a un certo punto è quella, ad esempio, di tagliare fuori l’aspetto umano e familiare del direttore sportivo. Fiorio è mostrato solo e costantemente nel lato professionale, quello dove afferma che l’unica cosa che conta è vincere, perché di certo non si può perdere con onore. Qui lo si contrappone alle figure più edificanti, perché risolte e pacifiche, di Röhrl e McCoy, ma appare comunque non indagato fino in fondo il suo animo, come se non fosse approcciato davvero quell’uomo che viene lasciato intuire esserci al di là delle schermaglie e delle convinzioni.

Le sgasate e il mito della vittoria

Race For Glory: per Riccardo Scamarcio «la formula vincente è semplicità e onesta»
Photo Credits: Medusa Film

Si compensa sul fronte della sfida sportiva, dove Race For Glory è capace di buone sgroppate, anche se dispensate con parsimonia. È un film, questo, che chiama la sgasata, la terra sul parafango e il rombo di motore. Il tempo che passiamo stretti dentro l’abitacolo che vibra e con le mani salde sui braccioli della poltrona è di qualità, e ne avremmo voluto a dirla tutta anche di più. Perché sono momenti adrenalinici di discreto valore, incorniciati da un contesto variegato (dai tracciati di Montecarlo alla Grecia, passando per la Finlandia) dove la natura e i paesaggi sono protagonisti al pari della Lancia che sfreccia tra il pubblico e che potrebbero già da loro conferire l’accento democratico, riconoscibile e tangibile su cui il film costruisce la contrapposizione alla fighetteria, eleganza ed elitarismo dell’Audi.

Nel complesso si predilige insomma soffermarsi di più sul dietro le quinte, sul lavoro sull’automobile, sull’accuratezza con cui si descrive la sfida tecnica e meccanica. Sull’elaborare, poi, in che modo le ossessioni e le ambizioni personali condizionino, talvolta con esiti catastrofici, anche le vite altrui. E qui si trova una formula con cui sanificare il mito della vittoria ad ogni costo, al contempo regalando agli appassionati una pagina celebre di uno sport poco rappresentato al cinema.

Race For Glory è al cinema dal 14 marzo con Medusa Film.

Guarda il trailer italiano di Race For Glory:

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