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war la guerra desiderata
Martina Barone

RoFF17 | War - La guerra desiderata: recensione del film

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RoFF17 | War - La guerra desiderata: recensione del film

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Edoardo Leo e Miriam Leone sono i protagonisti di War – La guerra desiderata, film in sala dal 10 novembre

In tempi di conflitti che potrebbero tramutarsi da un momento all’altro in catastrofi mondiali, Gianni Zanasi scrive e dirige War – La guerra desiderata. Una pellicola in cui l’autore viene accompagnato nella sceneggiatura da Lucio e Michele Pellegrini, con cui delinea i dissapori e le tattiche di combattimento che potrebbero mettersi in moto se si squarciasse la pace tra due paesi come l’Italia e la Spagna, inasprendo anche i rapporti verso la cugina Francia visto il lasciapassare che concederebbe al paese iberico per spingersi fino ad invadere il Bel paese. Un immaginario difficile da digerire in tempi in cui le ostilità ci sembrano un tasto quanto mai vicino con cui doverci confrontare, che Zanasi utilizza per svelare proprio i disagi di fronte a cui la società ci ha posto e che abbiamo gradualmente incanalato fino a renderci, probabilmente, matti.

Sulla salute del nostro stato emotivo e mentale, su come siamo cresciuti e come ci vede e vuole la comunità, su cosa avverrebbe se dovessimo davvero affrontare una prova di resistenza e di forza è ciò su cui si sofferma War – La guerra desiderata. La singolarità di due protagonisti che si troveranno da soli a dover affrontare le conseguenze di azioni troppo più grandi, cercando entrambi di fare qualcosa. Per non restare più in disparte facendo finalmente la differenza, per aiutare concretamente qualcuno o essere per la prima volta loro stessi a venir salvati. 

War – La guerra desiderata: divisi perdiamo

Un binomio che mostra due speculari fazioni, dentro a cui vorticano una serie di tanti altri personaggi, tutti a voler rappresentare qualche significato. I guerrafondai, i rivoluzionari, gli uomini d’azione, i filosofi. Categorie trainate dai protagonisti di Edoardo Leo e Miriam Leone, i quali conducono lo spettatore dentro a un contorno dallo scenario rovinoso. Non solo, però, per ciò che concerne l’imminente disputa dentro a quell’Europa che era stata creata unita per non veder più i suoi figli dover andare a combattere, bensì anche in una realizzazione confusionaria e pretenziosa da parte della storia.

Non per quella diatriba infuocata tra nazioni, la quale rimane costantemente di sottofondo e serve ai personaggi per esplodere prima ancora che qualsiasi reale bomba venga rilasciata, ma per un ammasso di analisi e pomposità che appesantiscono e confondono i toni della narrazione. L’ironia di War – La guerra desiderata si insinua nei risvolti tragici che il racconto potrebbe prendere, non abbandonandolo mai, ma lasciando anche spazio a una drammaticità che non tocca fino in fondo. La ribellione che non è solamente di un gruppo di dissidenti che cerca a proprio modo di non far partire il conflitto, ma di una tipologia di scrittura che influenza anche la recitazione degli attori rendendo altalenante il registro dell’opera e non sapendone amalgamare bene i vari umori. 

Siamo diventati tutti pazzi?

war la guerra desiderata
Credits: Vision Distribution

Anche la risata diventa perciò momento di poca distensione durante la visione, poiché si è alquanto straniati dalla lettura non lineare del film e dal suo voler restituire più suggestioni di quante la storia riesca in realtà a contenerle. Se la situazione di War – La guerra desiderata può degenerare da un momento all’altro, la pellicola di Zanasi contiene il senso di disorientamento che può creare. Non però in riferimento alla stesura filologica del racconto, ma a causa di una costruzione della pellicola inefficace e smarrita a propria volta.

L’indecisione, le imprudenze e gli interrogativi dei personaggi del film sono gli stessi che l’opera corre, ma non giungendo alla conclusione a cui arrivano i suoi protagonisti. War – La guerra desiderata è lo scombussolamento in cui ci si può ritrovare in tempi nefasti, ma anche in una sala cinematografica in cui un film come quello di Gianni Zenardi vuole dirci troppo, di tutto, facendosi addirittura retorico nel suo domandarsi se, probabilmente, stiamo realmente diventando pazzi. O se invece lo siamo sempre stati. 

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